Vincent Lambert, svolta per il caso che divide la Francia: stop ai trattamenti che lo mantengono in vita

Di Redazione / 03 Luglio 2019

PARIGI – A undici anni dal devastante incidente stradale che lo ha inchiodato ad un letto d’ospedale arriva la svolta sul caso di Vincent Lambert, il tetraplegico in stato vegetativo divenuto simbolo del dibattito sul fine vita in Francia. Il protocollo medico che prevede l’interruzione dei trattamenti – vale a dire lo stop all’idratazione e alla nutrizione che mantengono in vita Vincent – è stato avviato, ha annunciato Vincent Sanchez, il capo del reparto per le cure palliative dell’ospedale di Reims, dove l’ex infermiere di 42 anni è ricoverato dal 2009, in un messaggio di posta elettronica inviato all’insieme dei familiari.

Nella mail, il medico si appella alla «responsabilità di ciascuno» affinché «l’accompagnamento di Vincent Lambert avvenga nel modo più sereno, intimo e personale possibile». E’ dal 2013 che la famiglia si dilania sulla sorte di Vincent. La moglie Rachel, suo nipote e sei fratelli e sorelle si sono stretti contro quello che ritengono accanimento terapeutico, accettando la decisione dei medici di lasciarlo andare. Pierre e Viviane Lambert, i genitori vicini ai cattolici integralisti della Fratellanza Sacerdotale San Pio X, sono invece fortemente contrari, così come un fratello e una sorella di Vincent. Da Ginevra, la madre si è appellata nuovamente alle Nazioni Unite, scagliandosi contro coloro che a suo avviso vogliono «assassinare» il figlio. Contattata dall’agenzia Afp, Viviane Lambert ha fatto sapere che si recherà insieme ai suoi cari al capezzale del figlio, ma che non rilascerà dichiarazioni. Venerdì i legali evocarono una eventuale denuncia per «assassinio premeditato» nel caso in cui il trattamento fosse stato interrotto. «Spero che sia l’epilogo», ha invece detto Marie-Geneviève Lambert, una delle sorelle favorevole allo stop, dicendosi «rassicurata perché il medico non ha ceduto e non si è sentito minacciato dalle promesse di processo».

Al momento resta dunque valido quanto prescritto dalla legge sul fine vita del 2016, e cioè nessuna eutanasia o suicidio assistito ma l’autorizzazione a sospendere i macchinari in caso di «ostinazione irragionevole». Una decisione condivisa, tra l’altro, da almeno una ventina di equipe mediche durante questi anni di battaglia legale. Per don Roberto Colombo, docente della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, nonché membro ordinario della Pontificia Accademia per la Vita, quello annunciato è invece «un atto inaccettabile e gravissimo sul piano professionale medico, su quello del diritto internazionale e, ancor più, su quello umano». Oltralpe, il protocollo medico prevede «l’arresto dei trattamenti» e una «sedazione profonda e continua» per il paziente. Il 20 maggio scorso, dopo una guerra decennale che sembrava finita, tra fazioni politiche, familiari e tribunali, Sanchez annunciò – come previsto – che avrebbe interrotto i trattamenti. Polemiche, disperazione dei genitori, poi la sera stessa il colpo di scena: con la Corte d’appello di Parigi che ordinò di riattaccare immediatamente la spina almeno fino a quando un comitato dell’Onu per i diritti dei disabili, al quale i genitori avevano inviato uno dei tanti ricorsi, non si fosse espresso. «E’ una grande vittoria, l’inizio di una remontada», esultò l’avvocato Jean Paillot, in piazza a Parigi in mezzo a un gruppo di manifestanti ostili allo stop.

Venerdì scorso però la svolta. Per i magistrati della Cassazione, chiamati ad esprimersi su richiesta dello Stato e dello stesso ospedale di Reims, i giudici d’appello non erano infatti competenti. L’ordine di proseguire le cure, impartito poco più di un mese fa, era dunque da considerarsi nullo. I trattamenti possono interrompersi «già da ora», dichiarò l’avvocato, aggiungendo: «Nessun ricorso è ormai possibile perché non c’è più alcun giudice a cui rivolgersi».

Il video che vi proponiamo è stato pubblicato su YouTube da TG2000

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