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Vannacci a Pontida, l’assalto delle fan leghiste e il “gelo” dei colonnelli: il debutto è uno show

Di Redazione |

Il pratone e il retropalco. I sentimenti leghisti per Vannacci variano a seconda di dove lo si osserva all’interno del teatro a cielo aperto di Pontida. Sul «sacro prato» Roberto Vannacci ha fatto letteralmente un bagno di folla. Per oltre un’ora sull’erba bagnata con le scarpe che affondano nel fango, ha girato tra gli stand delle regioni tra selfie e strette di mano. “Generale assaggi la mozzarella, generale assaggi la ’nduja.” Poi parte il coro: «Un generale, c’è solo un generale, un generaleee». «Non è un assedio ma un piacevole momento», ha sorriso mostrando orgoglioso l’impronta del rossetto che gli lasciato sulla guancia il bacio di una signora. Dal cappello ai pantaloni tutto in verde, spunta un militante che lo affronta col sorriso: “Vannacci, tu con la Lega non c’entri un c… però non fare un partito per i cavoli tuoi, tanto non prenderesti più dell’1 e mezzo per cento”. Ma i due trovano subito un accordo nel definire “filibustieri” i giornalisti. Quelli, il generale li rintuzza, con una tecnica ormai comprovata, riproponendo loro la domanda ricevuta. “Se mi sento un papa straniero? Ma lei ha sbagliato accento e voleva dire papà?”. “I colonnelli della Lega sono freddi con me? Lei ha fatto una brutta colazione e non percepisce i sentimenti”. Resiste anche al ritorno, con un paio di taglie in più, della nuova vecchia Iena, Alessandro Sortino: “Parla lei o parlo io?”. Arriva allo stand dove si vendono i suoi libri e comincia a firmare copie. La sua assistente alla fine certificherà: “Abbiamo venduto 150 copie del “Mondo al Contrario” e 50 de “Il coraggio vince”. Diavolo di un Vannacci, non avrà usato la Lega come un taxi, come affermerà più tardi sul palco, ma come una libreria sì. Arriva il momento di un suo personalissimo predellino, si tratta di un poggia-cavi leggermente rialzato. Ci sale sopra per poter essere sentito meglio. «Che non abbia la tessera della Lega non rappresenta un problema né per Salvini o per Fedriga o Zaia, non è un problema per il popolo della Lega». A chi chiede se al Congresso presenterà una propria mozione risponde: «Ne parleremo quando ci sarà, io non escludo nulla. Oggi faccio parte della Lega in Europa e in Italia e continuo su questa strada». Infine, sale sul palco, parla dopo i ministri e prima dei leader stranieri, si muove facendo a meno del piedistallo, non legge, parla a braccio. Davanti a lui sventola un tricolore (bianco, blu e rosso) della Russia. Sicuramente non gli spiace. Ma è dietro al palco che l’atmosfera per il generale cambia. Snobbato dai colonnelli, come il primo giugno scorso a Milano. I governatori Fontana, Fugatti, Zaia e Fedriga lo ignoravano. Gli organizzatori coprivano la visuale delle telecamere con dei pannelli. A Pontida non c’è bisogno, tutto è blindato. Ci vorrebbe un drone ma i due cecchini ben appostati lo tirerebbero giù in un attimo. Zaia non parla, in passato aveva detto che Vannacci era un candidato indipendente e che non lo avrebbe votato. Fedriga invece spiega: «Lo abbiamo accolto più che bene. Si è presentato come indipendente ma noi per le elezioni europee abbiamo lavorato per i nostri candidati sui territori. Non condividiamo tutte le sue sue idee, come Salvini». E allora com’è andata? «Buongiorno e buonasera, nessun comitato d’onore», svela un alto dirigente leghista. Poi continua: «La Lega passa dal federalismo al sovranismo, una scelta di cui un giorno il segretario dovrà rendere conto». Poco male, Vannacci si rifà con una foto: lui e il fido Fabio Filomeni stringono in mezzo Victor Orban. «Ma voi volete comandare un generale?».

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