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«Strana la vita», la prima uscita di Giuli a Venezia tra Moretti e Almodovar
Interno pomeriggio, lobby dell’hotel Excelsior, mostra del Cinema di Venezia. Alessandro Giuli, appare con lo stesso smoking in versione ministro esattamente dove undici giorni fa si scattava una foto in veste di presidente del Maxxi. «Strana la vita, vero?», si limita a dire ai giornalisti sorridendo accanto alla moglie Valeria Falcioni, giornalista anche lei. «Vi chiedo scusa… attenzione al vestito della signora, buon lavoro». Poco più in là c’è Pedro Almodóvar, anche lui ritornato al Lido per prendersi il Leone d’oro.
Per il ministro della Cultura da meno di 24 ore non ci sono premi, anzi. Solo possibili domande scomode sulla sua gioventù vicina a movimenti di estrema destra oppure grane dal mondo del cinema. Così alla sua prima uscita istituzionale dopo il giuramento nelle mani del presidente Mattarella, Alessandro Giuli giunge nella tana del lupo: il palazzo del Cinema di Venezia. Esterno giorno. Lascia l’hotel e sale sull’auto dello sponsor verso la cerimonia di chiusura. Evita la passeggiata, quella lunga, infinita, fatta da Sangiuliano mano nella mano con la moglie, prima che deflagrasse il caso Boccia.«Ministro faccia il bravo», gli urlava una signora che aveva capito tutto. Giuli c’era, seguiva dietro l’amico Gennaro che procedeva davanti con passo lento tra la gente, mano nella mano con la moglie Federica Corsini. Dietro, il lungo codazzo ministeriale. Ma questo è solo un flashback. E allora meglio evitare il red carpet.Giuli ha avuto coraggio a venire a Venezia, nonostante Sangiuliano avesse avvertito il suo successore. Nella lettera alla presidente Meloni, scriveva d’essere «consapevole di aver toccato un nervo sensibile» e di essersi attirato «molte inimicizie avendo scelto di rivedere il sistema dei contributi al cinema ricercando più efficienza e meno sprechi». Inimicizie che puntualmente rimangono in testa al dicastero.
Sul palco viene assegnato un meritatissimo Leone d’argento a Maura Delpero, regista di «Vermiglio». Lei approfondisce l’appello di Nanni Moretti. «Senza i fondi pubblici non avrebbe potuto essere se stesso il mio film, non sarebbe stato recitato in dialetto perché sappiamo che il dialetto al botteghino non paga, avrei dovuto scegliere delle star che avrebbero garantito una commercializzazione immediata ma non avrebbero avuto le facce giuste e non avrei potuto ascoltare il silenzio e il ritmo lento della montagna».
Giuli non lascia il telefono. L’agenda con le scadenze del ministro è piena. C’è il delicatissimo appuntamento del G7 Cultura, i decreti direttoriali che dovranno dare corpo alla riforma del tax credit, ci sono le associazioni rappresentative dell’industria cinematografica che chiedono di essere ascoltate, l’Agis, l’Associazione dello Spettacolo che con il presidente Francesco Giambrone si mette a disposizione per ricercare «un percorso riformatore condiviso». Poi il passaggio di consegne, l’enigma Pompei, tappa clou del vertice del G7.Giuli è avvolto nei suoi pensieri, un po’ ascolta ma poi continua a scrollare lo smartphone. Intanto Buttafuoco è salito sul palco e subito si rivolge a lui. «Signor ministro, ringrazio tutte le istituzioni, il ministero…». La serata finisce tra gli applausi. I giornalisti cercano un commento. «Risponde a Moretti ministro?» Lui sorride e messaggia. Si offre solo per una foto con la sua consorte. «Ci sarà modo di parlare di tutto ma al momento giusto, grazie e buon lavoro». Va via, mano nella mano con la moglie verso una zona off-limits. Interno notte, titoli di coda.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA