Marta Cartabia a Palazzo Chigi? Ecco chi è la donna che per prima potrebbe diventare premier in Italia

Di Redazione / 22 Agosto 2019

E’ spoil system la password di tutti gli scenari all’orizzonte. Archiviato il 65° governo della storia della Repubblica e probabilmente anche il 29° presidente del Consiglio, partiti, correnti, parlamentari e palazzi delle istituzioni sono già alle prese con la selezione dei candidati per l’attribuzione dei ministeri dei due nuovi governi possibili: quello politico e di legislatura 5 Stelle- Pd che ha buone chances, oppure in mancanza d’accordo un esecutivo tecnico elettorale per ed accompagnare il Paese al voto. A meno che la crisi non renda indispensabile e urgente, per scongiurare la deriva della situazione economica, la materializzazione dell’ipotesi di una figura di super garante internazionale come Mario Draghi a Palazzo Chigi, che pur onorato si è detto però indisponibile, gli schemi della possibile maggioranza giallorossa prevedono un premier 5 Stelle ed un vice premier Pd.

Più articolate e tutte indipendenti le candidature di un eventuale governo elettorale. Per la Presidenza del Consiglio oltre a Giovanni Tria, che manterrebbe l’interim dell’Economia, abbondano i giudici costituzionali emeriti, ma anche quelli in carica, come Marta Cartabia che sarebbe la prima premier donna della storia della Repubblica. Seguono: Giovanni Flick, Sabino Cassese, l’economista Carlo Cottarelli.

In particolare Marta Cartabia, nata a a San Giorgio su Legnano (Milano) il 14 maggio del 1963, è – si legge su Wikipedia – una docente e costituzionalista:giudice costituzionale dal 2011, è vicepresidente della Corte costituzionale dal 12 novembre 2014. Laureatasi con lode in giurisprudenza nell’Università degli Studi di Milano nel 1987, discutendo la tesi «Esiste un diritto costituzionale europeo?» (relatore Valerio Onida, futuro presidente della Corte costituzionale), nel 1993 ha conseguito il dottorato di ricerca in legge presso l’Istituto universitario europeo di Fiesole (supervisore, Bruno de Witte). Specializzatasi all’Università di Aix-Marseille sui temi della giustizia costituzionale comparata, ha svolto periodicamente attività di ricerca all’estero, in particolare negli Stati Uniti d’America. Subito dopo la laurea è stata research fellow all’University of Michigan Law School di Ann Arbor sotto la direzione dei professori J. H. H. Weiler e T. Sandalow. Dal 1993 al 1999 è stata ricercatrice di Diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Milano e fra il 1993 e il 1995 ha svolto funzioni di assistente di studio presso la Corte costituzionale; successivamente è stata professore associato (1999-2000) e ordinario (2000-2004) di Istituzioni di diritto pubblico presso l’Università degli Studi di Verona; dal 2004 è professore ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, dove è anche stata titolare del corso Jean Monnet in Diritto costituzionale europeo (2005 – 2008). Ha insegnato in numerosi atenei, in Italia e all’estero, tra cui Tours, Tolone, San Sebastián, Eichstätt.

Ed eccoci al totoministri. Per il ministero dell’Interno si fanno i nomi dell’ex ambasciatore e direttore dell’intelligence Giampiero Massolo, dell’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, del presidente emerito del Consiglio di Stato Alessandro Pajno e dell’ex vice presidente del Csm Michele Vietti. Alla Giustizia potrebbe andare Flick o Vietti, alla Difesa Massolo o Pajno, agli Esteri verrebbe confermato Moavero Milanesi mentre alle Infrastrutture potrebbe essere nominato un esperto del settore, l’ex presidente dell’Ente per l’aviazione civile Vito Riggio, che saprebbe dipanare l’ingarbugliata situazione dell’Alitalia e della Tav.

Per la Pubblica istruzione sarebbe in pole position il deputato grillino vicino al vresidente della Camera Luigi Gallo. Allo Sviluppo economico Riccardo Fraccaro fedelissimo di Di Maio rappresenterebbe la continuità, mentre un altro Di Maio boy, Alfonso Bonafede, potrebbe essere spostato dalla Giustizia alle Politiche agricole. Due i nomi per il ministero del Sud: Alessandro Di Battista o Paola Taverna. Per il Pd al ministero della Difesa sarebbero in lizza Marina Sereni o la vice segretaria Paola De Micheli, alle Infrastrutture Roberto Morassut, alle Regioni Francesco Boccia, alla Giustizia Andrea Orlando o l’ex presidente del Senato Pietro Grasso (Leu). Sempre per il Pd per il ministero dei Beni Culturali si fa il nome di Francesca Puglisi mentre ai Rapporti col Parlamento potrebbe essere destinata Loredana De Petris di Liberi e Uguali. Per il Lavoro i nomi più gettonati sono quelli del franceschiniano Alberto Lo Sacco o del renziano Tommaso Nannicini. Un altro renziano doc, Andrea Marcucci, potrebbe essere destinato alla Pubblica amministrazione e liberare così la strategica presidenza del Gruppo parlamentare del Pd al Senato. Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio potrebbe essere nominato Vincenzo Spadafora 5 Stelle, mentre Dario Franceschini viene considerato il principale candidato a subentrare eventualmente a Roberto Fico alla Presidenza della Camera. 

Per la premiership il naturale candidato politico dei 5 Stelle è il presidente della Camera Roberto Fico, l’unico esponente grillino per così dire “incontaminato” rispetto ai 14 mesi di governo con la Lega. Nonostante i comprensibili mal di pancia di Di Maio, che oltre ad essere sconfessato si vedrebbe soprattutto esautorato, Fico consentirebbe al movimento di cambiare pagina e di ripartire da dove era iniziata la legislatura, dalla trattativa col Pd. Per i Democratici la scelta del vice premier ruota su tre, quattro nomi: una donna di esperienza e di polso, come l’ex vice presidente della Camera Marina Sereni, oppure i collaudati Luigi Zanda e Andrea Orlando, tutti e tre vicini al segretario Nicola Zingaretti. Per il ministero dell’Economia viene data per scontata la conferma di Giovanni Tria, mentre per gli Esteri si prospetterebbe la scelta del premier uscente Giuseppe Conte, a meno che l’”avvocato del popolo” non preferisca il ministero dell’Interno così da continuare eventualmente a seguire la delega per l’intelligence mantenuta da premier. In caso di opzione di Conte per la Farnesina, per il Viminale si fa il nome di Di Maio. Una scelta che avrebbe il sapore di una nemesi politica nei confronti di Salvini. Al ministero della Salute potrebbe approdare il parlamentare 5 Stelle Giorgio Trizzino primario ospedalierio unanimemente apprezzato

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