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Grillo paga la legge ferrea delle oligarchie

Di Redazione |

La farsa finale dei cinque Stelle certifica a loro insaputa la superiorità della forma partito sulla forma piattaforma. Nato per aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, il movimento è ormai una roba da notai. Regole scritte, riscritte, carte bollate, ricorsi in tribunale; perfino un riconteggio dei voti, manco fosse la Florida e Conte fosse Bush. Diciamoci la verità, la scatoletta di tonno si è richiusa sulle loro teste. E il sogno di una forza politica senza mediazioni, senza leader, senza rappresentanti ma solo con portavoce del popolo è fragorosamente fallito. Perfino il linguaggio sta tornando ad essere quello dei partiti tradizionali. Conte ha appena dichiarato che vuole fare un partito di nuovo conio, prendendo questa formula in prestito da Bersani che forse l’aveva sentita da Bettini senza magari sapere che i suoi suggeritori usarono esattamente quello slogan per descrivere il Pd alla sua nascita, ormai venti anni fa. E anche la lotta politica interna è ormai lotta per il potere come in tutti i partiti. Lotta per il terzo mandato, dunque per la prosecuzione della carriera. Si sta insomma imponendo la legge ferrea dell’oligarchia teorizzata da un grande politologo nel Novecento e che sostiene che tutti i partiti prima o poi evolvono in strutture dominate da una oligarchia. Per questo Conte vincerà: è più bravo a questo gioco e lo spazio del politico dell’Antisistema che lui sta abbandonando non potrà essere colmato da Grillo. Troppe ne ha fatte in questi anni per avere la credibilità e fare una scissione. E poi diciamoci la verità: con le carte bollate l’avvocato Conte è più bravo.

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