TORINO – Il matrimonio tra Fca e Psa potrebbe chiudere questi dieci lunghi anni alla ricerca di un partner per il gruppo italo-americano. E’ John Elkann a realizzare il sogno di Sergio Marchionne, dopo tanti anni a caccia di un ‘grande accordò, e nell’ultimo periodo – grazie all’azzeramento del debito – senza complessi d’inferiorità, alla pari con gli altri grandi gruppi. Con una parola d’ordine per la famiglia Agnelli: diluire la partecipazione, ma senza disimpegno dall’auto e mantenendo una posizione di forza nel nuovo gruppo.
Marchionne è il primo a porre nel 2014 la necessità del consolidamento per consentire la sopravvivenza del settore: “l’industria dell’auto è troppo frammentata e il capitale necessario per farla andare avanti è eccessivo, antieconomico», spiega. Il suo sogno è la fusione con General Motors, l’alleanza che, secondo il manager italo-americano, è in grado di dare i maggiori benefici in termini di sinergie di costi e possibilità di espansione. Dieci ancora più indietro l’allora Fiat aveva già realizzato un’aggregazione con la big Usa poi risolto con un divorzio poco tempo dopo. Le avances alla casa di Detroit degli ultimi anni vengono però più volte respinte dall’amministratore delegato Mary Barra e non ci sarà mai neppure un incontro. Marchionne ci crede così tanto però da considerare anche l’ipotesi di lanciare un’Opa su Gm, ma la cifra necessaria per l’offerta, almeno 60 miliardi di dollari, è davvero eccessiva per Fiat Chrysler, ancora indebitata e con un valore di Borsa di circa 28 miliardi di dollari. Un’Opa che secondo Marchionne avrebbe potuto essere «non ostile», ma proprio questa ipotesi è la pietra tombale a ogni possibile accordo.
Dopo il no di Gm, è il periodo del “tormentone” Volkswagen. La casa di Wolfsburg ha nel mirino l’Alfa Romeo e il Lingotto non ha davvero intenzione di cederla, visto che il piano di Fca ha tra i suoi punti di forza proprio il rilancio del Biscione destinato anche al mercato americano. Marchionne non cede alle lusinghe dei tedeschi e, in sintonia con John Elkann, valuta altre possibilità di aggregazione. Nell’estate 2017 l’attenzione si sposta in Asia: Fca discute con la cinese Geely, ma soprattutto con il gruppo coreano Hunday Motor che ha tra i suoi punti di forza le soluzioni green dall’ibrido all’elettrico, dal gas fino all’idrogeno.
I colloqui con la famiglia Peugeot, partner storico di Fiat nella joint venture Sevel che produce veicoli commerciali, sono stati una costante durante l’era Marchionne. Un matrimonio considerato strategico tra brand complementari, senza sovrapposizioni sui modelli e nemmeno sui mercati. Dopo l’acquisto di Opel però Peugeot diventa troppo dipendente dall’Europa e Marchionne abbandona anche questo progetto. A quel punto per il manager c’è solo l’obiettivo di completare il piano 2018 con l’azzeramento del debito di Fca. «Il consolidamento sarà un problema del mio successore», spiega. E nel frattempo cerca delle partnership per rafforzarsi sul fronte delle nuove tecnologie e dell’auto del futuro. Fca si allea con Google con un accordo che permetterà di testare sulla Chrysler Pacifica le applicazioni di guida autonoma ed entra nel consorzio con Bmw e Intel per il software legato alle self driving cars.
Il tema alleanze, a un anno dalla scomparsa di Marchionne, torna alla ribalta il 27 maggio con la proposta di fusione al gruppo Renault, ma il finale a sorpresa spazza via anche questo progetto. «Continueremo a perseguire i nostri obiettivi implementando la propria strategia indipendente», dice Fca, ma riparte il totoscommesse sul futuro partner fino all’annuncio della trattativa con Psa.