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Lusso e sostenibilità, in Sicilia si può fare ma “c’è da lavorare sulla formazione”

Per due giorni a Taormina operatori del turismo a confronto

Di Carmen Greco |

Un turismo di lusso che non è solo “da portafoglio”, ma di possibilità: naturalistiche, architettoniche, relazionali, in una parola di quell’autentica “way of life”, sconosciuta agli stranieri, che in Sicilia esiste e (nonostante tutto) resiste. Il problema – da sempre – è mettere a sistema tutto questo, trasformando un interesse globale ormai acclarato, in una voce strutturata del Pil regionale. Qualche idea – e anche più d’una – verrà fuori nella due giorni dedicata all’ospitalità di lusso e al turismo sostenibile in programma oggi e domani a Taormina, non a caso la principale destinazione luxury del Sud Italia. Un convegno pubblico-privato in cui imprenditori e istituzioni saranno “costretti” a dialogare di un settore in grande espansione. Per questo a Palazzo Corvaja sono stati convocati attorno a una serie di tavoli tecnici mirati, gli “Stati generali dell’ospitalità di lusso di Sicilia”.

«Il lusso sfrenato come unico driver di natura economica esiste in quei luoghi dove non ci sono altre caratteristiche sulle quali puntare – osserva Andrea Gumina, presidente del Distretto dell’Ospitalità di lusso di Sicilia – ma la Sicilia è percepita “attrattiva” per la sua autenticità. Io faccio un altro lavoro, mi occupo di investimenti transatlantici e quando parlo ai miei interlocutori della Sicilia, strabuzzano gli occhi. Ecco perché quello che ci interessa lanciare da questa iniziativa a Taormina è il claim di una Sicilia in cui le esperienze turistiche siano di assoluta qualità».

Tre anni fa è nato il Distretto dell’Ospitalità di lusso in Sicilia, 180 imprese di alta gamma che si sono messe in rete per fare cosa?

«Il primo passo per questa rete di imprese è stato quello di crearla un po’ dal basso, oggi i soggetti che dovrebbero aderire o mantenersi in questo sistema, daranno vita a una “collection” di hotel ed esperienze siciliane uniche caratterizzata da un marchio».

Un po’ come una Doc del vino…«Esatto. Ne faranno parte quelle realtà che risponderanno a precisi requisiti di altissima qualità non solo nel campo dell’ospitalità ma anche in quello dell’offerta esperenziale».

I temi nei diversi tavoli tecnici parlano di attratività, sostenibilità, e soprattutto formazione, quella che manca…

«In Sicilia la formazione non esiste, per questo pensiamo anche di creare un’academy e un hub professionale e manageriale legato all’ospitalità di lusso. Io sono convinto che potremmo essere funzionali alle strutture siciliane e anche esportare talenti. Il personale qualificato nell’ospitalità di lusso in Sicilia manca, non sono le stelle che ti qualificano, ma la capacità di generare empatia e di seguire i clienti in ogni loro esigenza. Ci sono problemi di lingua, di soft skill, di competenze, che tu sia un cuoco, un cameriere, un concierge, un giardiniere…».

Per l’assessora regionale al Turismo, Elvira Amata, fra i partecipanti (domani) della sessione dedicata al “Partenariato con la Politica e le Istituzioni”, «quello altospendente è un turismo che serve a creare sviluppo economico con un indotto incredibile sul territorio: attrae investimenti e genera di conseguenza posti di lavoro».Il modello “The White Lotus” ha funzionato su Taormina, ma può bastare?

«È stato un modo per attrarre il mercato americano grazie all’appeal di ritrovarsi su un set cinematografico, l’elemento attrattivo è stato quello, ma quando il turista arriva in Sicilia ha la possibilità di conoscere molto altro. Il “lusso” non bisogna vederlo solo in una destinazione come Taormina. Un visitatore big spender cerca anche un turismo sostenibile, vuole soggiornare in posti immersi nella natura, testare la bontà dei nostri prodotti enogastronomici, conoscere la cultura del territorio… Voglio dire che la ricettività turistica di lusso non dev’essere per forza l’albergo 5 stelle superior, ma anche un hotel boutique immerso in un territorio accattivante dal punto di vista paesaggistico. Oggi il viaggiatore vuole socializzare con gli abitanti di un borgo, mangiare assieme a loro i prodotti del territorio, sentire le loro storie. Certo, ci vuole una volontà comune se si vuole arrivare ad avere il top che la Sicilia, di suo, ha già potenzialmente. Quale regione al mondo è in grado si presentare un’offerta turistica completa, dal paesaggio naturale, al patrimonio architettonico, all’enogastronomia, allo sport all’aperto, al trekking sull’Etna, al mare… Dove ci sono tutte queste cose assieme?».

Ok, ma come siamo messi dal punto di vista delle strutture di lusso?

«Non bene, sicuramemte ne abbiamo poche, poco meno di 50, anche per questo stiamo mettendo a terra un bando da 135 milioni di aiuti alle imprese per ristrutturare anche dal punto di vista tecnologico strutture esistenti con la possibilità di creare nuovi posti letto riconvertendo degli immobili abbandonati, anche di alto pregio storico, cosa che ci permetterà di eliminare il degrado senza consumare altro suolo».

Ci sono tour operator di lusso che avvertono i turisti di un “problema spazzatura” in Sicilia… Lusso e munnizza… Come se ne esce?

«Sin dal primo momento ho chiesto a tutti i sindaci di fare squadra, di lavorare in sinergia con l’amministrazione centrale. Se non c’è questo impegno che porta ognuno di noi a fare il proprio, si possono anche fare delle cose eccezionali ma quando il viaggiatore trova la spazzatura per strada parlerà male della Sicilia. La cura del territorio, la pulizia, devono andare di pari passo con l’accoglienza. Ognuno di noi dovrebbe avere in mano una gomma per cancellare quel “ma” che ancora oggi si sente dire dal turista “Bella la Sicilia ma…” questo lo dobbiamo assolutamente debellare. Tutti insieme».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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