(30/9/22) – Le elezioni del 25 settembre hanno colto l’Italia in una condizione di particolare disagio causato dalla pandemia, dalla gravissima crisi energetica e dalla prospettiva di una crisi economica destinata a manifestarsi compiutamente nell’ormai prossimo 2023. L’esito elettorale è comunque chiaro e, secondo Fabio Storchi, “rappresenta un segnale di speranza perché – a prescindere dalla parte politica che ha vinto – siamo finalmente in presenza di una solida maggioranza. Un dato, quest’ultimo, che garantisce stabilità politica, premessa indispensabile per progettare e attuare un programma di legislatura”.
Storchi, presidente del Gruppo Emiliano Romagnolo dei Cavalieri del Lavoro, già presidente di Federmeccanica, ritiene che per il nuovo governo: “Sarà indispensabile sviluppare una duplice linea d’azione che permetta sia di affrontare le emergenze, sia di avviare, nello stesso tempo, iniziative di lungo periodo”.
Nel dettaglio, tipico della pragmaticità dell’industriale esperto anche di dinamiche associative, “per fronteggiare l’emergenza è indispensabile ridurre gli insostenibili costi causati dalla crisi energetica. Tutto ciò è possibile – sottolinea Storchi – solo ponderando le scelte di breve termine con quelle di lungo termine. Nel breve occorre impegnarsi per sostituire la produzione elettrica con fonti alternative al gas, inclusa la riattivazione delle centrali a carbone, e l’acquisto di gas da fonti diverse da quelle russe. Si tratta di un obiettivo imprescindibile perché solo fermando la corsa al rialzo del prezzo dell’energia, l’Italia potrà assicurare un futuro alla sua industria e salvaguardare così milioni di posti di lavoro”.
Nel realizzare tutto ciò il nostro Paese dovrà confermare e rafforzare ulteriormente sia la propria adesione al Patto atlantico, sia la sua fiducia nel progetto istituzionale, politico ed economico rappresentato dall’Unione Europea? Per Storchi: “E’ ormai indispensabile distinguere e precisare la posizione dell’Unione stessa rispetto quella della Stati Uniti. Infine, per rimanere ancora al quadro internazionale, sono convinto che l’Europa debba concentrarsi di più sulla ricerca di condizioni reali che consentano di riprendere i negoziati di pace premessa necessaria per porre fine alla terribile e pericolosa guerra in Ucraina”.
Fronte imprese: sembra indispensabile che il nuovo esecutivo comprenda che l’economia e l’industria sono entrate in una nuova fase.
“La manifattura Italiana, come sappiamo, ha retto a due crisi economiche, quella del 2008 e quella del 2011, ha perso il 25% della propria capacità produttiva, ha affrontato la pandemia e, nonostante tutto ciò, è in crescita costante dal 2016 e presenta oggi uno stock annuale di esportazioni che supera i seicento miliardi di euro”. I risultati degli imprenditori italiani sono, infatti, dati alla mano, straordinari.
“Sì – aggiunge Storchi – hanno investito, hanno innovato e sono riusciti ad ancorarsi alle catene internazionali del valore. Un risultato straordinario che, tuttavia, è oggi messo in discussione da enormi trasformazioni strutturali, come i nuovi equilibri geopolitici che ridisegnano i mercati e impongono forme di reshoring, la riorganizzazione delle catene internazionali del valore, la transizione verso la mobilità elettrica che interessa (e minaccia) numerose filiere nazionali fortemente internazionalizzate e, ovviamente, la rivoluzione digitale indissolubilmente legata alla praticabilità di nuove soluzioni sostenibili”.
Proviamo a immaginare una prospettiva di cinque anni, ovvero un periodo che coincide con la durata della legislatura che sta per avviarsi. Storchi ipotizza che “rappresenteranno uno dei periodi più difficili tra quelli che il nostro Paese ha dovuto affrontare dal Dopoguerra a oggi. Pur in presenza di una preziosa stabilità politica, ma privi della leadership e dell’autorevolezza internazionale di Mario Draghi, il nuovo Governo e l’industria dovranno fare da sé per pensare e attuare un riposizionamento competitivo nazionale che non ha precedenti”.
Per il nuovo esecutivo si palesa una sfida: “Comprendere la grande trasformazione in corso per sviluppare, in sintonia con la sua industria, con la società civile e con i cittadini, politiche strutturali capaci di ridefinire l’identità non solo del Paese, ma anche della stessa manifattura, del terziario e più in generale del lavoro.Per la politica sarebbe già molto riuscire a comprendere i contenuti di questa sfida e, tuttavia, occorre essere consapevoli che questa consapevolezza non sarebbe ancora sufficiente, così come non basterebbe l’impegno individuale di centinaia di migliaia di imprenditori costretti ad operare in assenza di una ormai indispensabile regia nazionale”.
Se alternative a questo scenario non ci sono, occorre appellarsi ai migliori valori. Per Storchi “fare insieme, con visione, coraggio, capacità di costruire consenso sociale. Occorre creare le condizioni per lo sviluppo del Mezzogiorno. Occorrono impegno e competenze per sfruttare al meglio l’opportunità e le risorse del PNRR. Serve, infine, l’impegno dell’industria ascritto all’interno di politiche capaci di accompagnarla in una rigenerazione complessiva che va ben al di là della pur fondamentale rivoluzione digitale”. Un compito, questo, che non può non coinvolgere anche le forze di opposizione coinvolte nella nuova legislatura: “Non è in gioco la vittoria o la sconfitta alle prossime elezioni, bensì il ruolo e il peso internazionale del nostro Paese e della sua industria da cui dipende il futuro di 59 milioni di Italiani. Niente di più e niente di meno”.
Ufficio Stampa
Francesca Schenetti
Ti Lancio, agenzia di stampa quotidiana