Roma, 14 set. Non più primi in economia circolare com’eravamo fino all’anno scorso, maglia nera nella transizione verso un’energia pulita libera dai combustibili fossili e amica del clima. É la sintesi del cammino ‘green’ dell’Italia fornita dal quarto Rapporto Circonomia, il Festival dell’economia circolare e della transizione ecologica promosso in collaborazione con Legambiente, Kyoto Club, Fondazione Symbola. Il Rapporto è stato presentato oggi a Roma, presso la Sala ‘Gianfranco Imperatori’ dell’Associazione Civita. “Questo quarto Rapporto Circonomia – scrive nell’introduzione al Rapporto il direttore scientifico del Festival Roberto Della Seta – certifica che l’Italia, fino all’anno scorso primatista in Europa in economia circolare, cioè nella capacità di utilizzare nel modo più efficiente le risorse naturali, non è più in testa alla classifica, sorpassata dall’Olanda. Ma più del ‘sorpasso’ olandese, a colpire è il brusco rallentamento del cammino ‘green’ italiano negli ultimi anni. In tutti gli indicatori tranne uno (tasso di riciclo dei rifiuti), dal 2018 in poi corriamo di meno della media dei Paesi Ue”. Malgrado questa vistosa perdita di velocità nella transizione ecologica, l’Italia rimane tra i Paesi europei più avanti nel passaggio a un’economia circolare: prima per il tasso di riciclo sul totale dei rifiuti prodotti, con prestazioni brillanti in tutti gli altri principali indicatori di ‘circolarità’ dal consumo di materia per unità di Pil al tasso di utilizzo di materie prime seconde, cioè provenienti da riciclo. In questo quadro di generale eccellenza brillano particolarmente le performance di molti consorzi di filiera che gestiscono la raccolta e il riciclo di specifiche tipologie di rifiuto: su tutti il Conou, il Consorzio nazionale degli oli minerali usati, che raccoglie pressoché la totalità dell’olio usato raccoglibile e ne rigenera il 98% in nuove basi lubrificanti (in Europa il tasso medio di rigenerazione è inferiore ai due terzi). “Come Conou siamo davvero orgogliosi di tenere alta la bandiera dell’Italia in Europa nel settore dell’economia circolare – commenta Riccardo Piunti, presidente del Conou-Consorzio degli Oli Minerali Usati – ancor di più alla luce di quanto emerge dall’ultimo Rapporto di Circonomia. Il nostro Consorzio, con la sua filiera di 60 aziende raccoglitrici di olio minerale usato e due di rigenerazione dislocate su tutto il territorio nazionale, contribuisce alla realizzazione dell’economia circolare come modello di sviluppo economico, trasformando un rifiuto in una risorsa. Raccogliere, differenziare, riciclare richiede un modello organizzativo di cui i Consorzi Italiani, e il Conou per primo da 40 anni, sono esempio di successo, anche perché la nostra è un’attività economica indirizzata all’ambiente, senza fini di lucro”. “La raccolta degli oli minerali usati e il tasso di rigenerazione di oltre il 98% fanno del ‘sistema Conou’ l’eccellenza dell’economia circolare in Europa, dove mediamente si rigenera appena il 61% dell’olio usato raccolto e una grande parte di esso viene bruciata. Questo modello porta con sé indubbi benefici sia ambientali che economici. Nel solo 2022, per esempio, le nostre attività hanno evitato l’immissione in atmosfera di 64mila tonnellate di CO2 e sono stati circa 7,5 milioni i gigajoule di combustibili fossili consumati in meno rispetto al modello di economia lineare, con un risparmio di circa 130 milioni di euro sulla bolletta petrolifera per importazioni di greggio evitate”. Venendo al dettaglio dei numeri del quarto Rapporto Circonomia, l’Italia rispetto al Rapporto 2022 perde a vantaggio dell’Olanda il primo posto nel ranking europeo quanto a circolarità ed efficienza d’uso delle risorse, costruito su 17 diversi indicatori che misurano l’impatto ambientale diretto, considerato come impatto pro capite, delle attività economiche e civili su ambiente e clima (5 indicatori), l’efficienza d’uso delle risorse (6 indicatori), la capacità di risposta ai problemi ambientali (6 indicatori). Nel confronto con il ranking del 2022, scendono di molte posizioni la Francia, il Belgio e l’Ungheria, mentre Portogallo e Svezia fanno segnare significativi miglioramenti. I risultati nei 17 indicatori vedono l’Italia al primo posto solo in un caso: tasso di riciclo sul totale dei rifiuti urbani e speciali prodotti, indicatore nel quale doppiamo la media dell’Unione europea, oltre l’80% contro meno del 40%, e sopravanziamo di più lunghezze i più grandi Paesi europei. Ad eccezione che per il tasso di riciclo dei rifiuti, in tutti gli altri indicatori dal 2018 l’Italia segna progressi inferiori a quelli medi dell’Unione europea o addirittura passi indietro in valori assoluti. Rimane davanti ai principali Paesi europei, Germania, Francia, Spagna, ma con un vantaggio che si va rapidamente assottigliando ed evidenzia un sostanziale stallo nella sua transizione ecologica. L’ambito nel quale l’arretramento italiano appare più rilevante è il trend di crescita delle nuove energie rinnovabili, solare ed eolico: nel 2022 la produzione italiana da eolico si è contratta di circa l’1% rispetto all’anno prima, mentre su scala Ue è aumentata del 9%, in Germania del 10%, in Olanda e Danimarca di oltre il 18%; sempre nel ’22 la produzione da solare fotovoltaico è cresciuta in Italia del 10%, a fronte di un incremento del 26% nell’Ue, del 20% in Germania, di oltre il 25% in Spagna e Francia, del 54% in Olanda. Le prospettive non sono brillanti anche considerando solo la nuova capacità fotovoltaica installata: in Italia è aumentata dell’11%, la metà di quanto è cresciuta in media nella Ue (+22%) e addirittura un quinto di quanto è cresciuta in Olanda. La transizione energetica dell’Italia è ‘al palo’ anche in fatto di efficienza d’uso dell’energia (come quantità di energia fossile consumata per unità di Pil tra il 2018 e il 2021 siamo stati sorpassati da Spagna e dalla Francia e quasi raggiunti dalla Germania, che ci erano largamente dietro) e di penetrazione della mobilità elettrica (nel 2022 la quota di auto elettriche sul totale delle immatricolate era del 4%, contro il 12% della media Ue, il 18% della Germania, il 13% della Francia, il 24% dell’Olanda). La macroregione del Centro Italia (Lazio, Toscana, Marche, Umbria) se fosse uno Stato a sé occuperebbe il primo posto nel ranking, come già l’anno scorso. Sempre ‘simulate’ come Stati a sé, la macroregione del Nord (Lombardia, Veneto, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta) perde due posizioni, dal terzo al quinto posto, quella del Sud/Isole (Campania, Abruzzo, Molise, Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia, Sardegna) scende dal sesto al settimo posto.