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Perrone (AIOM): “Rete oncologica campana una delle migliori in Italia”

Il presidente degli oncologi all’evento sul cancro ovarico, ‘oltre alle linee guida impegno in programmi screening e prevenzione primaria’

Di Redazione |

Roma, 22 mag. (Adnkronos Salute) – L’Associazione italiana di oncologia medica, “Aiom, cerca di migliorare l’equità delle cure sul territorio nazionale con linee guida che dettano standard” di presa in carico “per tutte le neoplasie, quindi anche in quelle ovariche. Visto che siamo in un sistema federalista, quindi regionale”, la gestione si articola “in reti oncologiche. Sono felice che quella campana sia una delle migliori in Italia, anche in termini di indicatori di performance. Oltre alle linee guida diagnostico-terapeutiche, Aiom si impegna perché siano più efficienti i programmi di screening, per i tumori in cui queste prestazioni fanno parte dei Lea, e in prevenzione primaria, eliminando i fattori di rischio per il cancro”. È il commento di Francesco Perrone, presidente Aiom e direttore Struttura complessa Sperimentazioni cliniche dell’Istituto nazionale tumori Irccs Fondazione Pascale, Napoli che ha partecipato, nel capoluogo partenopeo, all’evento ‘Tumore ovarico in Campania: cambiamo rotta’ realizzato con il patrocinio di Acto (Alleanza contro il tumore ovarico) Campania e la sponsorizzazione di Gsk. “Le reti oncologiche – aggiunge Perrone – oggi non vengono considerate da tutte le regioni uno strumento necessario”, nel trattamento del cancro, “ma lo diventano nel momento in cui il Servizio Sanitario Nazionale non riesce a garantire una equità di cura, su tutto il territorio nazionale, in virtù di differenze storiche che attenevano al secolo scorso. Dare maggiore responsabilità ai territori e consentire a ognuno di fare una organizzazione, aveva una logica – osserva Perrone – prima di essere ‘autonomi’ nella gestione dei servizi regionali bisogna garantire che il punto di partenza sia di pari opportunità, con uguali livelli di assistenza (Lea) raggiunti prima di entrare nel sistema dei servizi sanitari regionali. A quel punto avrebbero garantito che tutti partivano dallo stesso punto e si poteva articolare la politica sanitaria nelle singole regioni sulla base delle possibilità e delle prospettive locali. In realtà non si è mai arrivati al punto di partenza delle pari condizioni. I livelli minimi di assistenza non erano della stessa qualità e quantità in tutte le regioni d’Italia, nonostante questo si è andati incontro alla riforma federale del Servizio Sanitario Nazionale”. A distanza di 20 anni, “e lo dicono moltissimi osservatori – conclude Perrone – le disparità, le disequità che vi erano all’inizio e che si volevano contrastare grazie al federalismo sono in qualche caso forse migliorate ma nella maggior parte sono peggiorate, si sono allargate e hanno incominciato a riguardare aspetti anche più ampi della necessità di un’assistenza”.

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