Roma, 27 apr. “Sono rimasta legata alle ragioni fondative del nostro Pd: un partito che discute dei ritardi del paese e raccoglie il consenso sulle proposte per cambiarlo, non un partito che si divide sulle identità che lo compongono. Bisogna uscire presto da un dibattito che rischia di essere sterile, senza radici e di parlare, ancora una volta, solo al nostro interno”. Così Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento Ue, su Fb.
“Sono molti i terreni sui quali misurare la nostra capacità riformatrice: politica fiscale e del lavoro, autonomia differenziata, l’annunciata riforma presidenzialista, legge elettorale. E poi le nostre proposte su inflazione, salari, politica industriale. Per esempio: io continuo a pensare che la questione delle povertà riguardi soprattutto l’impoverimento del ceto medio, perché più si restringe il ceto medio fino a quasi non esistere, più la forbice della ricchezza si allarga, più per chi sta indietro è impossibile arrivarci. È su questo che va misurata la formazione di una nuova classe dirigente, necessaria nei territori quanto a Roma”.
“Ai riformisti e ai cattolici democratici dico: misuriamo il nostro contributo su questo, con la consapevolezza di quanto il confronto con le sfide della contemporaneità ci impegni, severamente e da sempre, a nuove elaborazioni sul terreno politico. Alla segreteria nazionale chiedo invece che si moltiplichino le occasioni di confronto su queste questioni. Non sottovaluto che il pluralismo è anche rappresentanza negli assetti organizzativi, ma lasciamoci alle spalle in fretta queste questioni e passiamo alla politica”.
“Poi non mi appassiono a come vengono rappresentate le cose, alle tonalità cromatiche -sottolinea Picierno- con le quali vengono dipinte, e meno che mai a quelle che vengono usate in generale. Ragioniamo di politica: quello che conta è che quel cambiamento evocato e necessario passi attraverso il cambiamento che vogliamo per il paese e non attraverso il tentativo di cambiamento del partito solo per farlo meglio assomigliare alla propria identità. Perché questo no, non servirebbe al Paese”.