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Oncologia oltre gli steccati: la partnership pubblico-privata può aiutare a incrementare le attività di prevenzione e screening

Di Redazione |

“L’oncologia sta attraversando una grande rivoluzione, si è passati da un paradigma di terapie che hanno un impatto sulla popolazione a terapie personalizzate che contribuiscono alla sostenibilità del sistema sanitario – ha spiegato Michele Milella, Professore ordinario di Oncologia medica dell’Università di Verona e Direttore del Dipartimento di Oncologia medica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona -. C’è necessità di raggiungere tutti i pazienti su tutto il territorio e poter offrire a tutti le possibilità di cura e in partnership con l’ospedale. È un tema di politica e tema organizzativo più che ancora scientifico”. E ancora: “La formazione ha un ruolo centrale per portare le competenze sul territorio e il PNRR da questo punto di vista è un’occasione importante, anche per sanare una carenza importante che è quella dei medici e degli infermieri. Da un lato abbiamo la necessità di formare il medico oncologo che sappia affrontare le nuove necessità del paziente, dall’altra portare il farmaco di ultima generazione a casa del paziente. Oltre ai medici dobbiamo avere una rete territoriale forte e in Veneto funziona estremamente bene”.

Tra l’altro studi clinici hanno dimostrato che l’early treatment, cioè il trattamento neoadiuvante o adiuvante dei farmaci oncologici innovativi, in primis l’immunoterapia, potrebbe ulteriormente migliorare i risultasti di guarigione e di sopravvivenza dei pazienti ammalati di tumore.

Secondo Pierfranco Conte, Coordinatore della Rete Oncologica veneta “Negli ultimi anni abbiamo assistito a progressi straordinari dal punto di vista delle conoscenze biologiche in campo oncologico ma purtroppo non sempre tali progressi si sono tradotti in reali e immediati benefici per i pazienti. È necessario abbandonare certe abitudini organizzative sanitarie, obsolete, per affrontare l’innovazione in modo diverso”. Per quanto riguarda i programmi discreening per alcune neoplasie, il professor Conte ha spiegato “Abbiamo risultati molto buoni, ma sono stati disegnati e sono condotti in maniera tradizionale cioè non tenendo conto degli avanzamenti delle conoscenze biologiche. Inoltre non si studiano a fondo i rischi familiari, legati spesso agli stili di vita, e non si studiano a fondo i rischi familiari legati al patrimonio genetico, con poche eccezioni per esempio dei tumori BRCA correlati della mammella e dell’ovaio, e non vengono applicate tecnologie che orami hanno raggiunto costi assolutamente abbordabili che permettono di individuare qual è il rischio su base genetica che ognuno di noi ha di sviluppare la malattia”.

Questo è ancora poi più rilevante nell’ambito del trattamento dei pazienti oncologici. “Ormai la maggior parte delle nuove terapie oncologiche si basano sulla diagnostica molecolare che molto spesso richiede tecnologie sofisticate, talora anche relativamente costose, mentre invece la procedura di approvazione dei farmaci innovativi si basa ancora sulla discussione del farmaco senza tenere conto di: chi sono i pazienti che devono essere testati per trovare quelle eventuali alterazioni genetiche che predicono l’efficacia del farmaco a bersaglio molecolare, quanti pazienti dobbiamo testare per trovare qualcuno da trattare. Per esempio abbiamo farmaci estremamente efficaci con i tumori che hanno una disregolazione genetica chiamata fusione NTRK (interessa uno ogni 300-400 pazienti); le autorità regolatorie si fissano, discutono e magari ritardano per mesi l’approvazione del farmaco antiNTRK, non si preoccupano di sapere chi deve essere testato, quanto costa il test, non esiste una tariffa ufficiale per il test per identificare la fusione NTRK”.

Altro esempio l’immunoterapia: “L’immunoterapia – ha proseguito Conte – ha prodotto risultati straordinari in molte neoplasie ma una caratteristica di questi risultati è che spesso non si vedono nell’immediato, molto spesso l’efficacia dell’immunoterapia non è misurabile in guadagno mediano in sopravvivenza, come generalmente succede ad esempio con la chemioterapia o con la terapia endocrina, ma si misura piuttosto in percentuali di pazienti che continuano ad essere vivi senza avere una ripresa di malattia o una progressione di malattia, anni dopo l’inizio della terapia. Quindi non sono le mediane che contano ma contano i sopravviventi a distanza. È evidente che, avendo questo meccanismo di misurazione dell’efficacia, non può anche l’autorità regolatoria aspettare anni per decidere se un farmaco immunoterapico funziona o meno, ma deve in maniera più precoce approvare questi farmaci e poi, caso mai, coinvolgere l’industria farmaceutica in programmi di outcome research dove si delineano dalla pratica clinica dei dati che confortino i dati preliminari osservati negli studi clinici”.

Gianni Amunni, Coordinatore della Rete Oncologica di Regione Toscana ha portato al centro dell’intervento la prevenzione primaria e lo screening. “Chi partecipa agli screening ha livelli di performance oncologica assolutamente migliori. Le donne che hanno una diagnosi di tumore del seno allo screening hanno tra l’8% e il 10% in più di sopravvivenza rispetto alle donne che hanno una diagnosi fuori dallo screening. Nessun farmaco consente queste differenze in termini di sopravvivenza. Oltre alla prevenzione serve creare il link tra prevenzione e presa in carico della cura, sottolineando ancora una volta il ruolo della rete oncologica che crea omogeneità dei percorsi di diagnosi, cura e di assistenza”.

Francesca Russo, Direttore Prevenzione, Sicurezza Alimentare, Veterinaria di Regione del Veneto, in merito alla prevenzione ha detto: “Abbiamo un piano nazionale della prevenzione che in continuità con quello precedente ha l’obiettivo di contrastare le malattie croniche come le neoplasie. La prima azione è quella di contrastare tutte le cattive abitudini”. Secondo la Russo “la pandemia ci ha portato indietro: 4% in più di sedentari e anche l’obesità è cresciuta. Non ci possiamo aspettare che diminuisca il cancro!”. Poi sul piano oncologico nazionale ha rimarcato: “E’ un documento che sta ancora sul tavolo. Ci vogliono un percorso e tanta forza per sostenere la prevenzione anche dal punto di vista finanziario. Abbiamo tanto da fare e ognuno deve fare la sua parte”.

Secondo Marina Panfilo, Policy & Communication Director MSD Italia, “investire in sanità pubblica è la soluzione e la pandemia ci ha dimostrato l’importanza di lavorare in partnership per il bene comune. Già nel 2013 l’OMS aveva pubblicato un report sulla necessità di investire in sanità pubblica e in prevenzione dato che vaccinazioni e screening hanno dimostrato di essere gli strumenti più costo-efficaci per evitare i costi sanitari e sociali delle malattie prevenibili. È fondamentale operare in sinergia sia con il sistema sanitario nazionale sia con il sistema sanitario regionale su un obiettivo importantissimo: la prevenzione oncologica. La prevenzione oncologica è sia prevenzione primaria sia prevenzione secondaria. Per prevenzione primaria si intende anche la vaccinazione oltre agli stili di vita e all’ambiente. Oggi infatti due vaccinazioni, l’epatite B e quella contro il papilloma virus (HPV), sono in grado di prevenire diversi tipi di cancro. L’OMS prima e Europe’s Beating Cancer Plan hanno sancito l’obiettivo di eliminazione del cancro da HPV a cominciare da quello della cervice uterina entro il 2030 attraverso una strategia che consenta di raggiungere il 90% di copertura della vaccinazione, il 90% di adesione allo screening e il 90% nell’accesso alle terapie precocemente. Questo è un sogno perché tutte le generazioni future, giovani donne e giovani uomini di oggi potranno evitare almeno questi tumori. I tumori sono molti, ma se si possono evitare almeno alcuni di questi con strumenti di prevenzione primaria disponibili alla popolazione è un dovere lavorare tutti insieme perché questo avvenga”.

Quali sono le logiche di una vera partnership pubblico-privata per la salute della popolazione? “Innanzitutto mettendo a fattor comune competenze e risorse per raggiungere risultati che rappresentino un valore per la società – ha risposto Marina Panfilo -. Noi ci impegniamo nella ricerca e nella produzione di farmaci e vaccini per le persone di tutte le aree geografiche sulla base delle necessità della sanità pubblica e lavorando con le autorità sanitarie e le istituzioni nazionali e sovranazionali. Ma anche per informare la popolazione attraverso campagne di comunicazione corrette e autorizzate dal Ministero della Salute sui benefici che derivano dall’adozione di sani stili di vita e dall’adesione alle vaccinazioni e agli screening perché la vita in buona salute non è mai abbastanza” ha concluso Marina Panfilo.

Ugo Trama, Responsabile Farmaceutica e Protesica della Regione Campania, ha infine sottolineato quanto sia strategica la partnership pubblico-privata. “È cambiato il sistema, ci vuole una maggiore collaborazione con il privato. Le aziende non vanno demonizzate, ma sono partner che possono supportare le iniziative del servizio sanitario pubblico. Lavorare con la collaborazione del privato in prevenzione e nelle attività di screening è un vantaggio in più. Gli sforzi da fare però sono tanti”.

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