Milano, 10 ago. (Adnkronos Salute) – Una ‘luce’ a raggi X per disegnare le terapie neurologiche del futuro. E’ la prospettiva delineata da uno studio internazionale al quale ha partecipato l’Irccs Neuromed di Pozzilli (Isernia), pubblicato sull”European Journal of Nuclear Medicine and Molecular Imaging’. Il lavoro parte dalla considerazione che “uno dei più grandi sforzi” in atto “a livello mondiale è la ricerca di nuovi farmaci neuroprotettivi, capaci di prevenire o rallentare la progressione di patologie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer”. La nuova tecnica di indagine descritta nello studio “permette di osservare tridimensionalmente i neuroni e le loro strutture intracellulari con un altissimo dettaglio, studiando le alterazioni causate dalla malattia e, di conseguenza, osservando su modelli sperimentali l’effetto protettivo di nuove molecole”.
E’ sull’uso di questa metodica, e sulle sue capacità di individuare danni neuronali e potenziali effetti di farmaci che si sono concentrati gli scienziati del Neuromed, dell’European Synchrotron Radiation Facility (Esrf) di Grenoble in Francia, dell’Università di Monaco in Germania e dell’Università di Milano Bicocca. La ricerca – spiegano dall’istituto molisano – ha utilizzato particolari raggi X prodotti da elettroni che viaggiano a velocità relativistiche all’interno di grandi acceleratori circolari di particelle chiamati sincrotroni. L’anello di 844 metri di diametro dell’Esrf di Grenoble, con il quale gli studiosi Neuromed collaborano da oltre un decennio, è al centro di questi progetti.
“Le radiazioni X prodotte dal sincrotrone – sottolinea Giuseppe Battaglia del Neuromed – ci offrono l’opportunità di studiare i tessuti, quelli nervosi nel nostro caso prelevati da modelli sperimentali, con una risoluzione che si avvicina a quella del microscopio elettronico. Ma, a differenza di quest’ultimo, per usare la radiazione del sincrotrone non è necessaria la complessa e laboriosa preparazione dei campioni: i tessuti vengono semplicemente posti sotto il fascio di raggi X. E’ così che, grazie alla risoluzione di 0,1 micrometri (un decimillesimo di millimetro), riusciamo a vedere anche tridimensionalmente le varie strutture intracellulari e, cosa fondamentale, possiamo studiare le caratteristiche dei neuroni colpiti da patologie neurodegenerative, come la malattia di Alzheimer”.
“Con questa tecnica – racconta Giada Mascio, ricercatrice Neuromed – abbiamo potuto studiare, su modelli animali, una molecola sperimentale con un potenziale effetto neuroprotettivo. L’altissima risoluzione delle immagini, insieme alla tridimensionalità, ci ha permesso di evidenziare effetti della molecola che non si sarebbero potuti evidenziare con le classiche metodologie analitiche”.
“Questi dati ottenuti con l’utilizzo di radiazioni X da sincrotrone sono molto incoraggianti – commenta Battaglia – perché ci dicono che possiamo studiare con maggiore efficienza gli effetti di nuove molecole neuroprotettive candidate a diventare farmaci, accelerandone il processo di identificazione”.