Roma, 30 nov. (Adnkronos Salute) – Le malattie immuno-mediate in Italia coinvolgono oltre 3 milioni di persone che avevano accolto l’arrivo dei farmaci biosimilari come un’opportunità per una maggiore equità di accesso alle cure. Si tratta infatti di prodotti che, consentendo un importante contenimento dei costi, avrebbero dovuto garantire un accesso equo e agevole alle terapie per una platea sempre più ampia di pazienti. Ma per gli esperti il biosimilare sta diventando motivo di incertezza per migliaia di malati. Per questo motivo associazioni di pazienti, società scientifiche ed economisti sanitari, uniti nella Coalizione per l’equità di accesso alle cure per le malattie immuno-immediate, hanno presentato questa mattina in Senato un ‘Manifesto sociale’. Obiettivo: chiamare all’azione per tutelare e valorizzare le opportunità offerte dai farmaci biosimilari.
Le malattie immuno-mediate – è emerso dall’incontro – sono tra le più penalizzate dai fenomeni che stanno emergendo nel settore, a causa della continua ricerca di prezzi al ribasso. In primo piano i rischi per i pazienti della sostituibilità automatica tra farmaci in corso di terapia e l’importanza di tutelare il diritto all’equità di accesso alle cure.
“All’orizzonte si profila una realtà che rischia di essere molto diversa – afferma Salvo Leone, direttore generale di Amici onlus, l’Associazione nazionale per le malattie croniche dell’intestino – perché ciò che avrebbe potuto avere un fondamentale ruolo di calmieratore dei costi sanitari e di garanzia di accesso alle cure, il biosimilare appunto, sta invece divenendo motivo di incertezza per migliaia di pazienti, ma anche per i medici che devono curarli”.
Un allarme che non viene solo dai pazienti, ma che è condiviso anche dalla comunità scientifica. “Si tratta di patologie – spiega Daniela Marotto, presidente del Collegio dei reumatologi italiani (Crei) – che, per la loro severità e complessità gestionale sul piano terapeutico, impongono delle attenzioni del tutto particolari in materia di continuità terapeutica e di compliance del paziente, oltre che di equità di accesso alle cure. I farmaci biosimilari hanno rappresentato sin da subito una grande risorsa per i pazienti e per il Servizio sanitario nazionale al contempo, in quanto hanno permesso di trattare un numero sempre maggiore di pazienti assicurando il controllo delle spese. Ci auguriamo che l’aspetto economico-finanziario non diventi mai il solo e unico parametro di riferimento per il loro impiego”.
Le malattie immuno-mediate o autoimmuni – ricorda una nota – possono interessare organi molto diversi tra loro. Per quanto riguarda le patologie reumatologiche, le più importanti sono l’artrite reumatoide, il lupus, la sclerodermia, le connettiviti e le vasculiti. L’apparato digerente è invece sede di malattie infiammatorie croniche intestinali quali la malattia di Crohn e la colite ulcerosa. Infine, per quanto riguarda la cute, vanno ricordate la psoriasi nelle sue diverse forme e manifestazioni.
Su quali siano le conseguenze pratiche di quella che molti definiscono una parossistica ricerca di prezzi al ribasso nelle gare di acquisto da parte dei servizi sanitari regionali, Silvia Ostuzzi dell’Associazione lombarda malati reumatici non ha dubbi: “Anzitutto il perseguimento assoluto del massimo risparmio possibile genera frequentemente e in corso di terapia il passaggio, improvviso, ripetuto e spesso automatico, da un prodotto ad un altro – rileva – e questo accade prescindendo dal legittimo diritto del paziente ad avere informazioni sulle sue cure e la continuità terapeutica anche in termini di modalità di somministrazione del farmaco, oltre a non tenere in alcun conto il diritto alla libertà prescrittiva del medico che dovrebbe essere l’unico vero dominus nella gestione di queste complesse patologie”.
A dar vita alla Coalizione per l’equità di accesso alle cure per le malattie immuno-mediate, un tavolo di lavoro che intende portare questi temi all’attenzione delle istituzioni nazionali e regionali, sollecitando risposte e scelte adeguate di politica sanitaria – continua la nota – sono Amici, Apiafco – Associazione psoriasici italiani amici della Fondazione Corazza, Anmar – Associazione malati reumatici, Apmarr – Associazione persone con malattie reumatiche e rare, Adoi – Associazione dermatologi ospedalieri italiani, e Crei. Insieme hanno riassunto le istanze più urgenti in un Manifesto sociale che evidenzia i condizionamenti per un equo e adeguato accesso alle cure, sottolineando la richiesta che sia restituito ai farmaci biosimilari il fondamentale duplice ruolo originario di strumento di sostenibilità e di facilitatore per l’accesso alle cure.
Durante il convegno organizzato a Roma, la Coalizione ha anche sottoscritto un documento programmatico contenente una call to action con l’impegno di sviluppare un lavoro comune in più direzioni: favorire l’accesso alle terapie per i pazienti, evitando la sostituibilità automatica tra biosimilari e tutelando il principio della libertà prescrittiva del medico; istituire tavoli di confronto con i diversi stakeholder per elaborare indicazioni e raccomandazioni condivise per il soddisfacimento dei bisogni dei pazienti; dare evidenza, mediante la raccolta di dati e informazioni a livello sia nazionale che regionale, della condizione reale dei pazienti.
Dall’incontro – prosegue la nota – è emerso inoltre che i fenomeni distorsivi nel settore dei biosimilari interessano anche aspetti di politica industriale sul fronte della sanità. “Accade che l’abbassamento delle basi d’asta nelle gare d’acquisto stia erodendo sempre più lo spazio della concorrenza tra imprese – sottolinea Patrizio Armeni, docente di Practice di government, health and not for profit, Sda Bocconi School of Management, Milano – e ciò potrebbe produrre l’effetto di far uscire diverse aziende produttrici dal mercato, limitando così l’offerta di farmaci e creando i presupposti per posizioni contrattuali potenzialmente più condizionanti le scelte dei gestori dei servizi sanitari. Ad esempio, queste aziende potrebbero decidere di non partecipare a gare nelle quali il prezzo base non venisse considerato soddisfacente”.
“Ormai è prassi consolidata cambiare i farmaci biosimilari ai pazienti colpiti da malattie immuno-mediate – conclude Valeria Corazza, presidente di Apiafco – Più raro, invece, il passaggio da un biologico all’altro. Mentre il secondo è motivato da una risposta a una molecola, il primo non lo riteniamo accettabile per molteplici ragioni e questo anche per le negative ripercussioni che tale pratica, molto diffusa, potrebbe avere sulle attività di farmacovigilanza e quindi sull’identificazione di potenziali eventi avversi il cui nesso di causalità potrebbe essere identificato con grandi difficoltà”.