L'arresto
Il covo di Messina Denaro era in pieno centro a Campobello di Mazara: trovato e perquisito
Non è ancora chiaro cosa ci sia all'interno. Il boss potrebbe essere detenuto all'Aquila
I carabinieri del Ros e la procura di Palermo hanno individuato il covo del boss Matteo Messina Denaro, arrestato, ieri, alla clinica Maddalena di Palermo. E' a Campobello di Mazara, nel trapanese, paese del favoreggiatore Giovanni Luppino, finito in manette insieme al capomafia. Il nascondiglio è nel centro abitato. Le ricerche sono state coordinate dal procuratore aggiunto Paolo Guido che ha partecipato personalmente alla perquisizione del covo durata tutta la notte.
Non è ancora noto cosa sia stato trovato all’interno del covo usato dal boss durante l’ultimo periodo della sua latitanza, scoperto a Campobello di Mazara. Centro di 11 mila abitanti in provincia di Trapani, Campobello è il paese di Giovanni Luppino, l’uomo che, ieri, ha accompagnato il capomafia alla clinica Maddalena dove è scattato il blitz. Campobello è a soli 8 chilometri da Castelvetrano, paese di origine di Messina Denaro e della sua famiglia. L’individuazione del covo e la sua perquisizione sono tappe fondamentali nella ricostruzione della latitanza del capomafia. E non solo.
Diversi pentiti hanno raccontato che il padrino trapanese era custode del tesoro di Totò Riina, documenti top secret che il boss corleonese teneva nel suo nascondiglio prima dell’arresto, fatti sparire perchè la casa, a differenza di ora, non venne perquisita.
Il super boss è sbarcato ieri sera con un volo militare all’aeroporto di Pescara. L’ipotesi più accreditata, come anticipato da La Repubblica e il Centro, è che il boss venga detenuto nel carcere dell’Aquila poichè è una struttura di massima sicurezza, ha già ospitato personaggi di spicco ed anche perchè nell’ospedale del capoluogo c'è un buon centro oncologico. Non è escluso che Messina Denaro sia stato trattenuto altrove per la notte, o in una caserma o nei vari penitenziari della zona. Secondo quanto si è appreso, autorità ed istituzioni sarebbero state allertate. Il supercarcere aquilano accoglie reclusi in regime di 41 bis, il «carcere duro». All’Aquila sono stati ospitati detenuti «eccellenti» condannati per reati di mafia, come Leoluca Bagarella – sta scontando l’ergastolo per strage -, Raffaele Cutolo della nuova camorra organizzata, Francesco Schiavone detto Sandokan (esponente dei Casalesi), esponenti del clan siciliano dei Madonia e, in ultimo, Felice Maniero della cosiddetta Mala del Brenta, detto «faccia d’angelo», all’Aquila in regime di semilibertà. All’Aquila ha fatto tappa in alcune occasioni anche Totò Riina. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA