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Energia, Lampugnale (Piccola industria): “Impatto terribile su imprese, serve whatever it takes’

Di Redazione |

Napoli, 6 set. (Labitalia) – Sul caro energia l’impatto in Campania e nel Paese “l’impatto è terribile. Stiamo denunciando questo problema da più di un anno. Già a gennaio avevamo stimato con il Centro Studi di Confindustria che il costo delle bollette si sarebbe almeno triplicato nel giro di pochi mesi. Nell’ultimo anno il gas è aumentato da 28 euro a megawattora fino a 340 euro, la politica dei bonus è stata inutile. Nel Sud le tensioni sono maggiori perché abbiamo un tessuto di imprese ancora più piccole, con conseguenze negative sul costo dei prodotti e sulla capacità di spesa delle famiglie. La Campania, secondo i dati Svimez, sta crescendo ma è anche la regione che probabilmente più di altre rischia di subire i contraccolpi di questa situazione”. E’ l’allarme che lancia, con Adnkronos/Labitalia, Pasquale Lampugnale, vicepresidente nazionale e presidente regionale della Campania di Piccola Industria di Confindustria. Per Lampugnale ormai nessuna impresa è al riparo da questo boom dei costi. “E’ una situazione -sottolinea- che oramai riguarda tutte le imprese, siamo a rischio desertificazione industriale. Più in particolare, sono in grande difficoltà, ad esempio, il settore conserviero, che ha visto aumentare di quasi 10 volte il costo della bolletta del gas, quello dei pastifici, il siderurgico e il farmaceutico. La situazione è grave ovunque, al Sud di più, è di questi giorni l’allarme per esempio dell’Asi di Benevento dove sono presenti anche sedi di grandi gruppi, non si può andare avanti a lungo così, occorre un ‘whatever it takes’ su materie prime e energia”. E per l’imprenditore serve un a presa di posizione forte non solo da parte dell’Italia ma dall’Europa intera. “Confindustria -spiega Lampugnale- ha una posizione molto netta sul tema: siamo stati fra i primi a chiedere un tetto europeo al prezzo del gas. Credo che alla base di tutto ci sia una forte componente speculativa. Fra gli interventi possibili, oltre appunto al price cap, penso alla riforma del mercato elettrico separando il meccanismo della formazione del prezzo dell’energia dal costo del gas; a misure di contenimento dei costi delle bollette con l’impiego di risorse nazionali e comunitarie; a una quota nazionale di produzione di energia da fonti rinnovabili a costo amministrato per l’industria e ancora al raddoppio del credito di imposta per le imprese”. “La situazione di ciascun Paese -spiega ancora- dipende dalle scelte compiute negli ultimi venti anni: l’Italia sta messa probabilmente peggio degli altri perché sconta la mancanza di una vera politica energetica e industriale in tale periodo. Per fronteggiare questa emergenza nel breve termine c’è bisogno di uno strumento di sostegno europeo, in termini di garanzie e liquidità per le aziende. Ed è un compito che spetta agli Stati, non alle banche”, continua l’imprenditore. E sui prezzi delle materie prime più di una cosa non quadra secondo Lampugnale. “C’è a mio parere -spiega- una bolla speculativa sulle materie prime in generale. A settembre 2020 un coils in acciaio costava 450 euro a tonnellata. E’ arrivato a costare 1200 euro e a inizio 2022 è poi sceso a 900. Appena scoppiata la guerra è nuovamente aumentato del 50%, dopo due mesi si è fermata la domanda e il prezzo è nuovamente calato del 50%. I fattori che secondo gli operatori hanno determinato l’aumento del prezzo dell’acciaio ci sono ancora, è strano dunque che il prezzo sia calato così tanto. E’ evidente che ci sia una forte componente di speculazione, come nel periodo post-Covid caratterizzato da un forte disallineamento tra domanda e offerta di prodotti”, continua. E sul Pnrr la posizione è chiara. “Il Pnrr, ricordiamolo, vale ben 191,6 miliardi di euro e pone scadenze perentorie. La prossima sfida è salvare i 21,8 miliardi di euro per i quali bisognerà completare l’iter previsto entro il 31 dicembre. Spero che le elezioni non determinino ulteriori ritardi ma che siano, anzi, l’occasione per intervenire su almeno tre punti chiave: occorre ridurre al minimo le stazioni appaltanti, stimate attualmente in oltre 30mila; semplificare il percorso burocratico amministrativo del Pnrr e organizzare un piano straordinario di reclutamento di sufficienti professionalità capaci di presentare progetti in grado di migliorare la qualità della vita e l’economia dei singoli e del sistema Paese e di farli camminare in linea con le tecnicalità richieste da Bruxelles”, sottolinea ancora. “Il Pnrr è un’occasione unica e irripetibile, per quantità e qualità degli interventi possibili: deve tradursi in progetti concreti, utili ed efficienti, con il pieno impiego di tutte le risorse destinate: è un obiettivo, questo, che non può in alcun modo dividere, neanche in campagna elettorale”, conclude.

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