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Cospito: sit-in all’Aquila, ‘la nostra città simbolo 41 bis’
Manifestanti in centro con striscioni e manifesti
L’AQUILA, 04 FEB – “Solidarietà ad Alfredo Cospito – 41 bis = tortura”. Con uno striscione bianco, issato tra due alberi di piazza Regina Margherita, all’Aquila, un gruppo di manifestanti ha portato avanti un sit-in in solidarietà con la lotta dell’anarchico pescarese Alfredo Cospito, da settimane in sciopero della fame. “La battaglia che Cospito sta meritoriamente portando avanti – viene spiegato nel volantino-manifesto distribuito e letto pubblicamente al megafono – riapre il dibattito sulla necessità del superamento di due istituti inumani e incostituzionali, come l’ergastolo ostativo e il 41-bis, ma anche dell’intero sistema dei circuiti speciali di detenzione”. “Fin dalla sua istituzione – spiegano ancora – il 41 bis è stato presentato come provvisorio e volto ad arginare lo stragismo mafioso, ma ben presto si è mostrato come uno strumento di vendetta, fondato su pratiche di vera e propria tortura per spingere i detenuti alla collaborazione, attraverso l’isolamento totale e la privazione dei più elementari diritti umani”. A tal proposito, il presidio appare significativo nella città il cui carcere ospita da qualche settimana anche il boss Matteo Messina Denaro. “L’Aquila – ribadiscono gli organizzatori del presidio – è parte integrante di questo sistema di tortura e negazione dei diritti della persona. Non solo per la presenza di un super-carcere ma perché in esso è rinchiusa al 41 bis la più alta percentuale di detenuti a livello nazionale”. Di qui la denuncia, in contemporanea con altre mobilitazioni nel resto d’Italia: “L’applicazione di questo istituto repressivo-punitivo – sottolineano i manifestanti – è stato definito da Amnesty International nel 2003 come ‘crudele, inumano e degradante’. I detenuti sono internati in celle di qualche metro quadro, con fortissime limitazioni nell’ora d’aria, nei colloqui con i familiari, nella posta, nei semplici oggetti da tenere in cella. Ad Alfredo è stato vietato di tenere in cella persino la foto dei suoi genitori, e questo non ha nulla a che vedere con la sicurezza dello Stato”.