Ballerini, Audiomedical: “L’ipoacusia non si risolve esclusivamente con l’apparecchio acustico, centrale la figura dell’audioprotesista”

Di Redazione / 22 Dicembre 2022

Correggere l’udito è un fattore di salute e non può essere demandato solo alla scelta del miglior ritrovato tecnologico, per cui è cruciale il ruolo dell’esperto.

Pistoia, 22 dicembre 2022. Protesi acustiche sempre più oggetto delle proposte pubblicitarie dei media: performanti, piccole, tecnologiche, vengono presentate come la panacea definitiva per chi è debole d’udito e desidera risolvere in tempi rapidi il disagio con un dispositivo facilmente gestibile.

«Bombardati da un marketing spesso ridondante stiamo perdendo di vista il cuore della questione: la perdita o la diminuzione dell’udito è, e rimane, un problema di salute», esordisce il dottor Gilberto Ballerini, tecnico audioprotesista di Pistoia e titolare di Audiomedical, 40 anni di esperienza nel settore e un recente libro dal titolo emblematico “Perché ci vuole orecchio”.

È proprio l’esperto toscano a lanciare un grido d’allarme su quella che sta diventando un’emergenza – in Italia più di sette milioni di persone soffrono di disturbi uditivi – e a soffermarsi sull’esigenza di fare un percorso idoneo e regolato da precisi protocolli per affrontare il problema.

«Purtroppo la moderna tendenza a procurarsi l’ultimo ritrovato tecnologico spesso viene applicata anche nel processo di acquisto dell’apparecchio acustico, come se fosse un semplice amplificatore, uno strumento al pari dei device che usiamo abitualmente, quali tablet o smartphone. Al contrario, correggere l’udito attiene strettamente al campo medico, è un fattore di salute e come tale deve essere trattato: soltanto il medico e il tecnico audioprotesista possono valutare la perdita o l’abbassamento di udito e stimarne la severità. Solo dopo aver individuato il problema, compiuto indagini, compreso le esigenze del paziente è possibile scegliere l’apparecchio che fa per lui e non il contrario: scegliere in anticipo una protesi per poi adattarla alla persona, oltre ad essere riduttivo e spesso non risolutivo, è proprio il processo inverso rispetto a quello abituale. Non dimentichiamo che stiamo correggendo un problema di salute e quindi dobbiamo partire da lì e non saltare a piè pari alla soluzione. Questa, semmai, arriva subito dopo e deve sì essere adeguata al tipo di disturbo».

Insomma, c’è tutto un universo dietro l’applicazione della protesi, un mondo da esplorare per offrire al paziente la possibilità di poter far parte integrante della società da cui spesso, proprio a causa del disagio, si isola o, peggio, viene emarginato.

«Due sono le figure principali di questo percorso: l’audioprotesista e il paziente. Il primo deve seguire un protocollo, composto da linee guida previste dall’Ordine professionale, che ha inizio con la presa in carico del paziente. Da questo primo approccio si snodano l’anamnesi audioprotesica, la raccolta dei dati sulla persona, sulle necessità, sullo stile di vita. Infine, con la valutazione del problema e la sua correzione si definiscono gli obiettivi possibili da raggiungere o in funzione della volontà del paziente stesso. Dal canto suo l’utente è il co-fautore della propria salute e quindi parte attiva nell’iter di riabilitazione uditiva. La qualità della vita della persona debole di udito è l’obiettivo finale di tutte le strategie che il professionista mette in campo sulla base delle conoscenze e delle esperienze acquisite».

Dello stesso parere è il dottor Giuseppe Marazia, da quindici anni a fianco di Ballerini in Audiomedical, il quale chiosa: «La figura cruciale è quella dell’audioprotesista che si fa tramite e interprete della salute dell’utente e dei suoi bisogni. Recuperare le funzioni uditive, infatti, è parte integrante della salute psicofisica: sentire di meno porta le persone a isolarsi, a evitare le relazioni umane, a rinunciare a intrattenere rapporti interpersonali e spesso può generare anche ansia, stress, paura di capire male o timore di apparire stupidi. Molti provano sensi di colpa verso gli altri, taluni addirittura assumono atteggiamenti di difesa o, peggio, di aggressività. La sfera psico-emotiva ne risente e questo, alla lunga, può dare origine a processi di decadimento cognitivo o demenza, se non essere il prodromo della malattia di Alzheimer. In tal senso possiamo ben capire quanto sia importante affidarsi a uno specialista che possa risolvere il problema. Mi piace pensare che l’apparecchio acustico sia una sorta di “ferro del mestiere” dell’audioprotesista senza il quale non potrebbe operare: ecco, lo strumento tecnologico è importante, ma lo specialista che lo manovra è fondamentale per consentire al paziente di raggiungere un miglioramento dell’udito e della qualità della vita».

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