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A Milano il museo Musa, scienza restituisce diritti a morti
Aperto dal 2 novembre, già 1.500 prenotazioni dalle scuole
MILANO, 19 OTT – Restituire dignità, giustizia e diritti alle persone morte e ai loro familiari, attraverso lo studio dei corpi e dei resti umani, con le scienze mediche, antropologiche e forensi. È questo che vuole raccontare il Musa, il Museo universitario delle scienze antropologiche, mediche e forensi per i Diritti umani dell’Università Statale che è stato inaugurato oggi e che aprirà le sue porte al pubblico gratuitamente a partire dal 2 novembre. Sono già 1500 le prenotazioni arrivate dalle scuole per visitare il museo che è coordinato da Cristina Cattaneo, docente di Medicina Legale e Antropologia della Statale e responsabile del Labanof, laboratorio di Antropologia e Odontologia forense. “Restituire dignità ai morti è anche il nostro compito, dare una dignità a chi non c’è più – ha spiegato il rettore della Statale, Elio Franzini – , non sono solo numeri, ma persone con una storia che va ricordata, l’università ha lo scopo di essere custode della dignità e della memoria”. Il museo, realizzato grazie al supporto di Fondazione Cariplo, Fondazione Isacchi Samaja Onlus e Terres des Hommes, è diviso in sei sezioni. La prima spiega come il corpo e in particolare lo scheletro rivela identità, vita e morte. La sezione storica e archeologica mostra una piccola parte della grande collezione scheletrica della Statale, qui le ossa raccontano la storia di Milano di 2 mila anni. La sezione identità racconta quanto è importante dare un’identità ai morti. “A Milano tanti morti ancora non hanno un nome e tanti sono ancora dimenticati – ha spiegato Cattaneo – e non riusciamo ancora a restituire dignità a tanti migranti morti in mare”. Qui un video racconta le testimonianze di chi ad esempio ha perso un genitore nella strage di Linate. C’è poi una sezione crime che tratta i temi di medicina legale e una sezione vivi che racconta l’importanza delle scienze forensi per tutelare chi è vittima di violenze, abusi e torture. Infine i migranti morti nel Mediterraneo con le immagini proiettate in un video in una stanza buia del naufragio dell’aprile del 2015 lungo le coste siciliane dove morirono in quasi mille.