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la sentenza

Tredici anni di carcere alla “vivandiera – amante” di Matteo Messina Denaro

Lorenza Lanceri assisteva il boss durante la latitanza. Condannato anche il marito della donna

Di Redazione |

Condannata dal gup di Palermo la coppia di vivandieri del boss mafioso Matteo Messina denaro. Il giudice per le udienze preliminari, con il rito abbreviato, ha condannato a 13 anni e quattro mesi Lorena Lanceri, accusata di concorso esterno in associazione mafiosa e a 6 anni e 8 mesi il marito della donna, Emanuele Bonafede, imputato di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena.

In un primo momento la Procura aveva contestato alla donna il favoreggiamento, poi nel corso del procedimento il reato è diventato concorso esterno in associazione mafiosa. La donna era anche sentimentalmente legata al boss, morto di recente per un tumore. Il 12 aprile 2019, si firmava Diletta e scriveva al boss: «Il bello nella mia vita è stato quello di incontrarti, come se il destino decidesse di farsi perdonare, facendomi un regalo in gran stile. Quel regalo sei tu».

E ancora: ‘«Penso che qualsiasi donna nell’averti accanto si senta speciale ma soprattutto tu riesci a far diventare il nulla gli altri uomini».

La donna lo accudiva a casa sua, con la complicità anche del marito. «Con te mi sento protetta, mi fai stare bene – proseguiva Diletta, ovvero Lorena Lanceri – mi fai sorridere con le tue battute e adoro la tua ironia e la tua immensa conoscenza e intelligenza». E ancora: ‘«Certo hai anche tanti difetti, la tua ostinata precisione e sei un gran rosica ma chi ti ama, ama anche il tuo essere così. Penso che qualcuno lassù ha voluto che noi due c’incontrassimo per tutto quello di brutto che avevo passato io a causa di esseri ignobili. Averti conosciuto è un privilegio e mi dispiace per chi non ha potuto. Lo sai, ti voglio bene e come dico sempre un bene che viene da dentro. Spero che la vita ti regali un po’ di serenità e io farò di tutto per aiutarti. Sei un grande! Anche se non fossi stato M.D.», scriveva ancora Lanceri.

L’inchiesta che ha portato a scoprire il ruolo della Lanceri e del marito, cugino del geometra che ha prestato l’identità al boss, è stata coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido. L’accusa in aula è stata sostenuta dai pm Gianluca de Leo e Piero Padova. Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri per mesi hanno ospitato Matteo Messina Denaro, durante la latitanza, a pranzo e cena nella loro casa di Campobello di Mazara.

«Così consentendogli – dicono gli inquirenti – non solo di trascorrere molte ore in piena tranquillità e in loro compagnia in un contesto domestico – familiare ma, anche e soprattutto, di incontrarsi con numerose persone e infine, ma non per importanza, di entrare ed uscire dalla loro abitazione effettuando accurati controlli per ridurre il rischio di essere avvistato dalle forze dell’ordine».

Oltre a preparare il cibo al capomafia ricercato la coppia effettuava una stretta vigilanza sulla zona: i video della telecamere di sorveglianza di alcuni negozi hanno ripreso i due mentre, dopo essersi accertati che per strada non ci fossero polizia o carabinieri, davano il via libera al loro ospite per farlo uscire indisturbato dalla abitazione. Un rapporto di fedeltà assoluta legava la coppia al boss che ricambiava con regali di valore: al figlio dei Bonafede, nel 2017, il capomafia fece da padrino della cresima e donò un Rolex da 6300 euro. La spesa fu poi puntualmente annotata da Messina Denaro in un pizzino.

I due coniugi condannati dovranno anche risarcire i Comuni di Campobello di Mazara e Castelvetrano e l’associazione ‘Antonino Caponnettò. Il giudice ha sospeso entrambi anche dall’esercizio della potestà genitoriale per l’intera durata della pena e ha disposto l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Per quanto riguarda il risarcimento, Lorena Lanceri è stata condannata dal giudice a risarcire il Comune di Campobello di Mazara con 45 mila euro e con altri 45 mila euro il Comune di Castelvetrano. Per l’associazione “Antonino Caponnetto” la Lanceri è stata condannata al pagamento di 5 mila euro. Per i pm avrebbero ospitato e accudito Messina Denaro durante la latitanza.Il marito Emanuele Bonafede dovrà risarcire i Comuni di Campobello e Castelvetrano con 5 mila euro ciascuno e con 1000 euro l’associazione ‘Antonino Caponnettò. I due coniugi sono stati, inoltre, condannati al pagamento delle spese processuali sostenute dalle parti civili, liquidate in 3.025 euro per ciascuna parte civile. Le parti civili sono state rappresentate dagli avvocati Kathya Ziletti (Comune di Campobello), Francesco Vasile (Comune di Castelvetrano) e Alessandra Inguaiato (ass. ‘Antonino Caponnettò). Il gup ha anche dispostola confisca del denaro, dei diamanti e degli orologi sequestrati ai due.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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