Trapani
Trapani, confiscato patrimonio a imprenditori vicini a M. Messina Denaro
Trapani – La Direzione Investigativa Antimafia ha eseguito un decreto di confisca emesso dalla Sezione penale e Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani che ha riguardato l’intero patrimonio riconducibile a Marco Giovanni Adamo e al figlio Enrico Maria, imprenditori originari di Castelvetrano (Tp) attivi nel settore del movimento terra e dell’edilizia. Entrambi molto noti nella cittadina belicina per il loro impegno in politica, in particolare il figlio è stato anche assessore e componente del Consiglio comunale di Castelvetrano. I due impresari, già colpiti nel 2017 dal sequestro anticipato del patrimonio societario, immobiliare e mobiliare, erano emersi nell’ambito dell’operazione “Eva” condotta dalla DIA che aveva evidenziato, tra l’altro, l’esistenza di legami con ambienti mafiosi trapanesi e agrigentini per l’aggiudicazione di importanti appalti di opere pubbliche e private.
I rapporti degli Adamo con “cosa nostra” sono stati confermati anche da alcuni collaboratori di giustizia. La confisca interesserà l’intero capitale sociale e il patrimonio aziendale di tre imprese, nonchè numerosi appartamenti, terreni, automezzi, un’imbarcazione da diporto, conti correnti bancari e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo stimato in circa 4,5 milioni. Nei confronti di padre e figlio è stata applicata anche la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di 3 anni e 6 mesi con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per Marco Giovanni Adamo e 2 anni e 6 mesi con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per il figlio. Tra queste, le condotte idriche per la distribuzione irrigua delle acque invasate nella diga Delia, il metanodotto tra Menfi e Mazara del Vallo e l’acquedotto Montescuro Ovest. Marco Giovanni Adamo, in particolare, avrebbe beneficiato dell’appoggio del sodalizio capeggiato da Matteo Messina Denaro. Il figlio avrebbe seguito le orme del padre, divenendo amministratore delle aziende di famiglia quando quest’ultimo temeva di poter essere raggiunto da provvedimenti giudiziari. Lo stesso avrebbe consentito l’infiltrazione mafiosa delle imprese di Lorenzo Cimarosa, all’epoca uno dei referenti imprenditoriali di “cosa nostra”, nei lavori per la realizzazione del centro comunale polifunzionale di Castelvetrano, formalmente aggiudicati a un’impresa ragusana poi colpita da provvedimento interdittivo della Prefettura di Trapani.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA