Trapani
Mattarella nel Belice a 50 anni dal terremoto porta «fiducia nel futuro»
PARTANNA – Cinquant’anni dopo quella notte che sconvolse la Valle del Belice, seminando morte e distruzione, i sindaci dei 21 Comuni compresi tra Trapani, Agrigento e Palermo travolti dal sisma guardano con fiducia al futuro, senza piangersi addosso ma chiedono che lo Stato finalmente onori i propri impegni e saldi il suo debito. Lo fanno, guidati dal loro coordinatore, Nicolò Catania, davanti al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, accolto tra gli applausi a Partanna, dentro e fuori l’Auditorium “Giacomo Leggio” della cittadina trapanese. “Non possiamo non ricordare che allo Stato e al Governo che il Belice è ancora creditore, come ha anche accertato l’ultima Commissione bicamerale sulle questioni della ricostruzione nel 1996, in cui si dà atto del fallimento dell’intervento dello Stato”, ha detto Catania, parlando di “non più ineludibile nè rinviabile necessità che le istituzioni onorino il loro debito. Noi vogliamo costruire bellezza”.
Durante la cerimonia, momenti toccanti quando sono state consegnate le “targhe alla memoria” a coloro che si distinsero in occasione del tragico sisma per l’aiuto prestato alle popolazioni terremotate. Ricordati i quattro vigili del fuoco Giuliano Carturan, Savio Semprini, Alessio Mauceri e Giovanni Nuccio; l’appuntato dei Carabinieri Nicolò Cannella. Una terza targa alla memoria di Don Antonio Riboldi è stata consegnata al vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero: “Si sentiva uno di noi pur essendo un uomo del Nord, si è fatto nostro fratello e nostra voce in tutto”, ricorda Mogavero. Riconoscimento anche a Ivo Soncini, il vigile del fuoco che per primo soccorse ed estrasse dalle macerie Eleonora Di Girolamo, la piccola “cudduredda” che morì alcune giorni dopo il salvataggio. Dopo la serenata “Cocciu d’Amuri” di Lello Analfino “dedicata alla Sicilia, di cui siamo innamorati”, l’attore napoletano Alessandro Preziosi ha letto alcuni frammenti del monologo “Nel ricordo della Valle del Belice”. Mezzo secolo dopo, un modo per non dimenticare e guardare avanti.
Un monito a completare la ricostruzione è venuto dal presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, una ricostruzione “iniziata tardi e male” che certifica “un parziale fallimento” dello Stato.
Nel suo intervento Mattarella ha dato speranza, perché «le capacità dell’intero Paese di reagire alle calamità naturali hanno rappresentato momento della verità, misura della coesione nazionale, del riconoscersi in un comune destino». Facendo proprio l’impegno di alcuni amministratori del Belice che stanno «costruendo il futuro», il capo dello Stato ha sostenuto che «questa affermazione non è soltanto un messaggio di rassicurazione ma manifesta orgoglio protagonista, determinazione per lo sviluppo della vita di queste comunità, convinzione di poter superare, con il necessario sostegno della comunità nazionale, le difficoltà che rimangono nel presente».
«Quelle parole manifestano ragionevole, fondata fiducia nel futuro – ha insistito – E’ un messaggio che tengo a condividere con tutti voi». E li ha incoraggiati, perché «intendiamo confermare l’aspirazione alla vita e la volontà di famiglie e di popolazioni così pesantemente segnate e che, tuttavia, hanno trovato e trovano, in sé, le forze necessarie a sconfiggere un evento che sembrava pretendere rassegnazione».
Mattarella è stato salutato dalla folla che si trovava all’esterno dell’edificio e che ha urlato “presidente… presidente”. Il capo dello Stato si è soffermato con la gente, ha stretto mani, ricambiato i saluti e ascoltato le persone che sono riuscite ad avvicinarlo. Siparietto fuori programma alla cerimonia a Partanna per i 50 anni del terremoto che colpì il Belice. Protagonista il cantautore siciliano Lello Analfino. Salito sul palco dell’auditorium l’artista si è rivolto al Capo dello Stato, Sergio Mattarella seduto in prima fila: «Presidente io giro la nostra meravigliosa isola in moto quando faccio i concerti e le dico che bisogna rifare le strade. Io la guardo sempre in televisione e vedo che lei è sempre più bello, come la nostra Sicilia». Alla fine della performance, Analfino, che ha intonato la celebre serenata ‘Cocciu d’amurì, violando il cerimoniale, è sceso dal palco, si è diretto verso Mattarella, stringendogli poi la mano tra gli applausi dei presenti.
Ad ascoltare l’intervento del capo dello Stato, tra gli altri, il ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, il sottosegretario alla Salute, Davide Faraone, gli assessori regionali Roberto Lagalla (Formazione) e Vittorio Sgarbi (Beni culturali), il senatore di Forza Italia, Renato Schifani, il capogruppo del Pd all’Ars, Giuseppe Lupo, il presidente di AnciSicilia e sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Le celebrazioni che si aprono oggi vogliono essere uno sguardo al futuro ma inevitabilmente anche uno rivolto al passato: alle vittime di quella notte tra il 14 e il 15 gennaio del 1968, ai tanti soccorritori, alle vittime e ai loro familiari. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA