L’Ong era in contatto con i trafficanti: ecco perché è stata sequestrata la nave Iuventa

Di Lara Sirignano / 02 Agosto 2017

PALERMO – Due giorni fa avevano deciso di non sottoscrivere il codice di condotta per le Ong preparato dal Viminale. Una scelta, quella della Jugend Rettet, condivisa da altre organizzazioni non governative, come Msf. Oggi un nuovo capitolo, stavolta sul fronte giudiziario: la Procura di Trapani, che da mesi indaga sui salvataggi effettuati nelle acque del Canale di Sicilia da navi delle ong, ha chiesto e ottenuto dal gip il sequestro della Iuventa, una delle imbarcazioni della organizzazione tedesca. Il reato ipotizzato, ancora a carico di ignoti, è il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

La nave, un peschereccio battente bandiera olandese di 33 metri, è stato fermato in mare e condotta a Lampedusa. Per scortarla in porto sono intervenute diverse motovedette della Guardia costiera, con un grande spiegamento di forze dell’ordine anche sulla banchina. I

Il comandante della Capitaneria di porto di Lampedusa, il tenente di vascello Paolo Monaco, è salito a bordo della nave dove è rimasto per oltre due ore. «Si tratta di un normale controllo, che abbiamo fatto e che non comporterà alcun problema – aveva spiegato l’ufficiale dopo essere sceso dalla Iuventa – Ora controlleremo i documenti di tutto l’equipaggio e già questa mattina potranno ripartire da Lampedusa se dagli accertamenti emergerà che tutto è in regola».

Ma le cose non sono andate così. E dopo qualche ora si è saputo che il peschereccio era sotto sequestro su ordine della magistratura, ricorsa al provvedimento per scongiurare la reiterazione del reato.

A spiegare il contenuto dell’indagine – avviata a marzo di quest’anno dalle dichiarazioni di due operatori della Vos Hestia, imbarcazione di un’altra organizzazione non governativa, Save The Children – è stato il procuratore facente funzioni Ambrogio Cartosio.

 

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Gli inquirenti avrebbero accertato almeno tre casi in cui alcuni componenti dell’equipaggio della nave, non ancora identificati, avrebbero avuto contatti con trafficanti di migranti libici e sarebbero intervenuti in operazioni di soccorso senza che i profughi fossero in reale situazione di pericolo. I migranti sarebbero stati trasbordati sulla nave della ong scortati dai libici.

Per i pm il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, escluso solo quando il soccorso avviene in situazioni di imminente rischio, sarebbe smaccato. «Ci sono gravi indizi di colpevolezza – ha detto Cartosio – e poi ricorre il caso in cui la legislazione speciale prevede la confisca del mezzo che interviene in caso di condanna dei proprietari e questo ci impone di ricorrere al sequestro preventivo accettato dal gip».

Gli episodi contestati risalgono al 18 e 26 giugno e al 10 settembre. «Ma ve ne sono anche altri – ha spiegato il magistrato – che contribuiscono a sostenere che questa condotta sia abituale». La responsabilità degli illeciti sarebbe individuale. Non ci sarebbero cioè legami tra i trafficanti e la Ong: infatti non è stata contestata l’associazione a delinquere. «E comunque – ha precisato Cartosio – le persone coinvolte non hanno agito per denaro».

Che la vicenda avrebbe suscitato clamore, la Procura lo prevedeva. «La delicatezza dell’indagine, gli intricati risvolti giuridici e rilevanza sociale – ha precisato il procuratore – ci induce a dare all’opinione pubblica informazioni il più possibile formali e corrette».

«Sulla nave si sono alternati diversi equipaggi – ha aggiunto – e al momento non pare abbiano percepito compensi. La mia personale convinzione è che il motivo della condotta dell’equipaggio sia umanitario».

La Iuventa ha iniziato le sue attività di soccorso il 30 giugno dell’anno scorso. Il progetto è nato per volontà di un gruppo di giovani berlinesi, tra i 20 ai 30 anni, che hanno fondato la Ong. Sul lavoro dell’equipaggio e dei volontari a bordo della imbarcazione è stato realizzato anche un film dal documentarista romano Michele Cinque. Sul sito della Ong sono riportati i salvataggi operati dalla nave: 1388 a luglio 2016, 140 ad agosto, 1585 a settembre, 3156 a ottobre e 393 a novembre.

Sul codice di condotta per le Ong sono diverse le reazioni delle stesse organizzazioni. Emergency sottolina che «la decisione del Governo italiano di inviare navi militari in Libia è un atto di guerra contro i migranti». «Il codice di condotta per le Ong che operano nel Mediterraneo – aggiunge – mette a rischio la vita di migliaia di persone e costituisce un attacco senza precedenti ai principi che ispirano il lavoro delle organizzazioni umanitarie».

Save the Children – dice il direttore generale Valerio Neri – ha firmato il codice perchè è stata accolta una sua clausola che riguarda la presenza a bordo della polizia giudiziaria. «Ove la polizia giudiziaria ci chieda di venire a bordo – aggiunge – lo faremmo ma siamo autorizzati a parlare con loro su come gestire questa operatività».

Tre Ong – Aoi, Link 2007 e Concord Italia – dicono in un documento congiunto che «più che di Codice di condotta – che implicherebbe il pieno coinvolgimento delle parti interessate, fin dalla sua formulazione – si dovrebbe parlare di disposizioni amministrative unilaterali». 

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Redazione
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