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Covid, a Marettimo la festa di S. Giuseppe salta per la seconda volta

Di Redazione |

PALERMO – L’ultima festa pubblica di San Giuseppe fu celebrata nel 2019, ossia due anni addietro, e per l’occasione da Monterey arrivarono alcuni emigrati per assistere alla celebrazione. A Marettimo, la più lontana e selvaggia delle isole Egadi, il Covid-19, lo scorso anno, ha interrotto la tradizione che durava da più di un secolo. Sull’isola qualcuno si ricorda che era successo solo durante i Conflitti mondiali. Quest’anno la festa è saltata ancora, stavolta per le disposizioni governative che vietano manifestazioni pubbliche: niente pranzo coi Santi e santa messa in piazza, niente banda musicale e luminarie nell’isola e niente ‘duminiarè (fuochi) all’ingresso del paese. «Quello che vivremo sarà un San Giuseppe diverso – spiega Giovanna Febbraio, isolana e studiosa di Marettimo – perché per tutti noi che siamo cresciuti legati alle tradizioni, la festa di San Giuseppe era un momento di devozione e di condivisione». Qualche giorno fa nell’unica chiesa dell’isola alcuni fedeli hanno assistito alla «scinnuta» del simulacro del Santo, che da due anni rimane in parrocchia. L’ultima volta che fu portato in processione ed esposto in piazza fu due anni addietro: non c’era ancora la pandemia e per quella festa arrivò in aliscafo finanche il Vescovo di Trapani, monsignor Pietro Maria Fragnelli. Poi dallo scorso anno la festa è stata sospesa. “Vivemmo il 19 marzo dello scorso anno in zona rossa – ricorda ancora Giovanna Febbraio – in pieno lockdown nessuno dei marettimari potè uscire di casa. E anche quest’anno il Covid-19 non ci ha dato tregua».

Se per tanti San Giuseppe è una festa come le altre, a Marettimo (dove il Santo è anche il patrono dell’isola) la tradizione affonda le radici a circa metà dell’800 e si presume che in origine rappresentò la liberazione dai pirati turchi e algerini e fu festa propiziatoria per l’abbondanza e la serenità nelle famiglie. La tradizione è rimasta solida, sia nel suo aspetto devozionale quanto in quello socio-antropologico, anche quando l’emigrazione di metà Novecento ha portato a Monterey, in California, quasi mille abitanti dell’isola. Alle Egadi erano pescatori e in America misero a disposizione la loro esperienza, stavolta, nella pesca del pesce azzurro, nel rammendare le reti e nella nuova pesca del salmone in Alaska. Le due comunità non si sono mai distaccate. E la festa di San Giuseppe come a Marettimo si celebra anche a Monterey. È Mary Arancio Manuguerra che in California tiene il simulacro del Santo e chiama a raccolta tutti i marettimari emigrati. «Anche qui il virus ci ha fatto rinunciare ai festeggiamenti pubblici – spiega la Manuguerra – ognuno a casa ha solo preparato il dolce tipico, la “pignulata”».

Sull’isola di Marettimo, nonostante il Covid-19, la tradizione si è mantenuta: «Quest’anno in pochissime abitazioni gli altari sono stati preparati ‘per grazia ricevutà – spiega Giovanna Febbraio – questa tradizione si tramanda di generazione in generazione. Gli altari, a differenza, ad esempio, di quelli conosciuti di Salemi, nascono con stole di frisellina e carta collage metalizzata e non si utilizza il pane votivo. Noi abbiamo appreso le tecniche di preparazione guardando prima i nonni e poi i genitori». Nelle poche case basse e bianche in stile mediterraneo, che formano il piccolo centro di Marettimo, d’inverno vivono quasi 200 persone. Quest’anno non arriverà nessuno dalla terraferma. Ognuno a casa pregherà in silenzio per San Giuseppe, «anche affinché il nostro patrono ci possa liberare dal Covid-19», conclude la Febbraio. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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