Dopo avere scattato la prima storica foto di un buco nero, gli astrofisici hanno osservato il getto di materia divorata da uno di questi mostri cosmici, con una massa milioni di volte quella del Sole.
Il protagonista è Centaurus A, al centro di una galassia a circa 11 milioni di anni luce dalla Via Lattea. La foto, pubblicata sulla rivista Nature Astronomy, è stata ottenuta dalla stessa collaborazione internazionale che nel 2019 aveva realizzato la prima immagine di un buco nero, l’Event Horizon Telescope (Eht), di cui fanno parte anche ricercatori italiani dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).
Come per la prima foto di un buco nero, anche in questo studio i ricercatori della collaborazione Eht hanno lavorato collegando fra loro diversi telescopi in tutto il mondo, in modo da ottenere un telescopio virtuale delle dimensioni della Terra, l'Event Horizon Telescope. Il getto è prodotto dalla materia mentre precipita nel buco nero, risucchiata dalla sua spaventosa attrazione gravitazionale, capace di ingoiare qualunque cosa gli capiti a tiro, luce compresa. Il buco nero Centaurus A, rispetto a quello della galassia M87, distante 55 milioni di anni luce dalla Terra e protagonista della foto del 2019, ha una massa inferiore. Ma i loro getti, spiegano i ricercatori di Eht, si somigliano molto. I risultati, precisano gli astrofisici, suggeriscono, quindi, che i buchi neri possano comportarsi in modo simile in una gamma diversa di masse e dimensioni. L'ipotesi dei ricercatori di Eht è che i buchi neri più enormi siano versioni ingrandite delle loro controparti più leggere. "I meccanismi di formazione di questi getti non sono ancora del tutto compresi. È un pò come aprire l’ultima matrioska e trovare una forma completamente diversa da tutte le altre», spiega all’ANSA Mariafelicia De Laurentis, dell’Università Federico II di Napoli e dell’Infn, e membro del Consiglio scientifico di Eht.
«Rimangono, ad esempio, ancora aperte le domande su come i getti stessi vengano lanciati dalla regione prossima al buco nero e come possano propagarsi a grandissime distanze», spiega la studiosa. «Sapevamo che ogni volta che si apre una finestra sull'universo si può trovare qualcosa di nuovo. Il risultato mostrato oggi ci fa vedere che il getto lanciato da Centaurus A è più luminoso ai bordi rispetto al centro e questo ci permette di escludere modelli teorici che non sono in grado di riprodurre questo comportamento. È una caratteristica sorprendente e nuova – conclude De Laurentis – che ci aiuterà a comprendere meglio i getti prodotti dai buchi neri».