Sono i “grandi nomi” del ciclismo a spendersi, e non da oggi, in nome della sicurezza stradale. E la terza tappa del Giro d’Italia nell’inedito arrivo a Piano Provenzana, proprio sul versante denominato “#salvaciclisti” dedicato a Michele Scarponi, Tommaso Cavorso e Rosario Costa, ha offerto l’ennesima occasione per ribadirlo: è stato Paolo Alberati, inventore del Parco ciclistico dell’Etna insieme a Claudio Fusto, a presiedere un incontro al Comune di Linguaglossa subito dopo l’arrivo del “Circus rosa” sull’Etna, insieme a lui Marco Scarponi, fratello di Michele, vincitore del Giro d’Italia nel 2011 e investito, nel 2017, mentre era in sella alla sua bici, Maurizio Fondriest (campione del mondo nel 1988) e Gilberto Simoni (vincitore del Giro nel 2001 e 2003), che ben conoscevano Michele, ma anche Stello Costa, padre di Rosario, 14enne promessa del ciclismo morto tragicamente nel 2016 mentre si stava recando a Villafranca per partecipare a una gara.
L’ultima “battaglia su due ruote” ingaggiata in ordine di tempo è quella sulla distanza di “un metro e mezzo” da garantire in carreggiata tra auto, moto e biciclette, regola che si chiede a gran voce di inserire nel codice della strada come norma “salvaciclisti”. “Non ci siamo tirati indietro quando si è trattato di sostenere la legge sull’omicidio stradale – ha ricordato Alberati – e non lo faremo certo adesso per la “salvaciclisti”, abbiamo la consapevolezza che solo uniti e con costanza vinceremo anche questa sfida”.
“La strada è di tutti, a partire dai più fragili – ha sottolineato Marco Scarponi, che con la Fondazione dedicata a suo fratello è in prima linea in tutte le battaglie di civiltà che riguardano la civiltà sulle strade (oltre a partecipare come team, il Team Scarponi, al Giro-E, la “corsa rosa” con biciclette a pedalata assistita) – il vero problema è rallentare la velocità delle auto. Oslo, per esempio, ha zero vittime, è ora di arrivarci anche in Italia. Vedete, Michele fin da piccolo sapeva di voler correre, e vincere, al Giro d’Italia. Ha realizzato il suo sogno, a costo di grandi sacrifici, anche grazie alla sua grande famiglia. Vorrei poter prendere una piccola parte della sua energia per far sì che nessuno più muoia sulle strade”. “Lo spirito di Michele era unico – ha ribadito Gilberto Simoni – noi faremo in modo che il suo sacrificio non sia stato vano. Poi, certo, anche noi ciclisti la strada la vorremmo tutta per noi, ma dovrebbero essere i genitori e i bambini a chiedere di poter avere la possibilità di andare in sicurezza in bicicletta a scuola, a fare la spesa, a passeggio. Poi, il ciclismo è una lingua universale e riesce a far incontrare persone diversissime fra di loro”. “Io, come altri, ci mettiamo a disposizione con il nostro nome per sensibilizzare e presentare anche leggi sulla sicurezza stradale – ha sottolineato Fondriest – è vero, la macchina è sicura, ma per gli altri? Non è vero che in altri posti la mentalità è diversa, io vorrei vedere la Sicilia con più turismo, anche ciclistico, e sicurezza sulle strade, perché ne ha tutte le potenzialità. E non la vorrei vedere tirata “a lucido” solo perché passa il Giro d’Italia o ci sono altri eventi. Dobbiamo pur iniziare”. “Anche mio figlio sognava di gareggiare al Giro – ha detto un emozionato Stello Costa – un sogno spezzato da un incidente stradale”. E per Rosario Costa, Michele Scarponi, ma anche Tommaso Cavorso, e tanti, troppi altri, bisogna andare avanti. Il “primo passo” in questo senso verrà fatto sulla “Mareneve”, tristemente nota per il traffico indiscriminato di moto e per gli incidenti registrati, dove “per fine ottobre, primi di novembre installeremo dieci casotti per gli autovelox mobili – ha annunciato il sindaco di Linguaglossa Salvatore Puglisi – con annessa cartellonistica di segnalazione. Ne parlavamo da fine 2017, abbiamo “superato” lo scoglio delle diverse competenze su quella strada assumendoci noi l’onere, sarà un deterrente per tutti i fruitori della strada”.