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Sessant’anni fa quel “clamoroso al Cibali” che ha segnato la storia del calcio italiano
La leggenda racconta che il grido di Sandro Ciotti (ma in realtà non si sa se fu veramente lui o uno tra Luigi Prestinenza, Nuccio Puleo o Ezio Luzzi a coniare il termine) durante “Tutto il Calcio minuto per minuto” fu pronunciato il 4 giugno del 1961 e da allora è entrato nella storia. È diventato uno slogan, viene tirato in ballo quando c’è un risultato sportivo (ma anche non sportivo) sorprendente ed inaspettato, fa da contenitore di storie di bidoni, di imprese singolari.
La partita del “clamoroso al Cibali”, urlato o meno da Ciotti al secondo gol rossazzurro è stata ricostruita tante volte con le testimonianze dei giocatori del Catania di allora, in campo quel giorno. E che vinsero 2-0.
L’antefatto è stranoto. Era l’ultima giornata di campionato, quello 1960/61, attraversato, sai la novità, da fortissime polemiche. L’Inter era seconda in classifica a due punti dalla Juve, dopo quella giornata si doveva giocare la ripetizione di Juventus – Inter, per i nerazzurri dunque lo scudetto era ancora possibile. La partita si era già giocata in campionato il 16 aprile ed era stata sospesa dall’arbitro Gambarotta perché oltre cinquemila spettatori, che non avevano trovato posto sulle tribune, si erano piazzati a bordo campo. Decisione della disciplinare: 0 – 2 per l’Inter.
La Juve non accettò, e non è una novità, la decisione e quindi presentò ricorso (si da il caso, però, che Umberto Agnelli, padre di Andrea, era presidente della Juventus e anche della Figc; allora il conflitto di interessi nessuno sapeva cosa fosse… ). La Caf, proprio alla vigilia di Catania-Inter, decise che la partita doveva ripetersi, Per l’Inter fu un colpo basso, anche se nulla era ancora perduto.
Ma a Milano fecero i conti senza l’oste. La vendetta servita su un piatto d’argento. Il Catania, neo promosso in A, era stato la rivelazione del campionato. Alla penultima gara del girone d’andata si era trovato secondo a due punti dall’Inter, che avrebbe affrontato a San Siro. Quel giorno, 29 gennaio 1961, il Catania ne prese cinque, quattro furono clamorose autoreti.
L’ improvvido Helenio Herrera, il Mago, si dimostrò sprovveduto e poco lungimirante e, con spocchia, dichiarò a fine partita: «Abbiamo battuto una squadra di postelegrafonici». Chiunque se la sarebbe legata al dito. E il Catania non dimenticò.
Raccontò Giorgio Michelotti, terzino rossazzurro dell’epoca un particolare: «Qualche giorno prima della partita (di ritorno, ndr) vennero i dirigenti ad offrirci un premio doppio se avessimo lasciato vincere l’Inter. Ci alzammo tutti in piedi: “No, ci dispiace. Ce la giochiamo”. E giocammo alla morte».
«Quella partita – aggiunse il portiere Gaspari – l’abbiamo preparata noi giocatori. Abbiamo mandato tutti fuori, Di Bella, i dirigenti, ci tenevamo troppo». Altri rossazzurri dell’epoca così ricordarono quel giorno: «La palla loro l’hanno vista poco – Ferretti – Mi hanno detto che in tribuna c’era anche Suarez che l’Inter aveva acquistato per la stagione successiva. Mi sono divertito tanto, il Cibali era un inferno per gli avversari, quell’anno riuscì a vincere solo la Juve».
Alvaro Biagini, centrocampista, ricordava: «Mi sono sposato tre giorni dopo. Ricordo un torello fatto da me, Calvanese e Ferretti con Facchetti frastornato tra gli olè del pubblico. Conservo una foto di Gaspari portato in trionfo dai tifosi catanesi». Memo Prenna, storico capitano rossazzurro: «I nostri tifosi intonarono un ironico “Herrera cha cha cha”. E quando Calvanese capitava vicino alla panchina dell’Inter, stoppava la palla col sedere sotto gli occhi del Mago».
Ancora Michelotti: «Facchetti era così confuso da sbagliare spogliatoio a fine partita». Gaspari, il portiere, dopo la partita andò a salutare i giocatori dell’Inter nel loro albergo: «Avevo giocato a Livorno con Picchi e Balleri. Erano amareggiati. Balleri si era fatto pure espellere. Mi dissero: ci avete rovinato».
La Juve, pareggiando in casa col Bari, quel giorno vinse lo scudetto. A quel punto la ripetizione della partita fu ininfluente. Ed infatti il 9 giugno l’Inter, è arcinoto, mandò in campo per protesta una squadra di ragazzini. Finì 9-1 per la Juventus, con sei gol di Sivori, che però non riuscì a vincere la classifica dei marcatori. Il gol per l’Inter venne segnato dal debuttante Sandro Mazzola. Fu anche l’ultima partita di Boniperti.
Il Catania quel giorno schierò questa formazione : Gaspari; Michelotti, Giavara; Ferretti, Grani, Corti; Caceffo, Biagini, Calvanese, Prenna, Castellazzi. Allenatore era Carmelo Di Bella. I goals furono segnati da Castellazzi e Calvanese.
Epilogo. Generazioni di figli, nipoti e pronipoti di chi quel giorno era sugli spalti del vecchio Polisportivo Cibali (così si chiamava allora l’impianto) sono diventati tifosi e sono cresciuti nel mito nato anche dalla narrazione di quell’epopea.
Il Catania, il Club Calcio Catania 1946 matricola 11700, non è solo una squadra di calcio e non è solo calcio perché, parafrasando Bill Shankly (leggendario manager del Liverpool dal 1959 al 1974 ): «Alcuni pensano che il calcio sia una questione di vita o di morte. Non sono d’accordo. Posso assicurarvi che è molto, molto di più».
Ed è bene che nessuno lo dimentichi…
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