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Running, la corsa come antidoto a tutti i mali

Di Lorenzo Magrì |

Quando la tristezza e le paure di questo periodo legati al coronavirus colpiscono, la prima reazione sarebbe quella di chiudersi in casa, buttarsi sul divano e farsi coccolare dal comfort delle coperte gustando un dolce. C’è invece chi ormai da tempo come antidoto a tutti i mali si rifugia nella corsa e nel movimento in generale. Crescono così i numeri legati al running, un fenomeno trasversale in crescita esponenziale. Un fenomeno guardato con grande attenzione da Fabio Pagliara, catanese, pensatore sportivo, esperto del movimento (ricopre la carica di segretario generale della Federazione Italiana di Atletica Leggera e promotore del progetto Runcard ndr.), e capace di immaginare come cambierà lo sport nei prossimi anni.

«Guardare al passato senza immaginare il futuro è miope e dannoso – spiega il dott. Pagliara – la nostra società non è certo immobile, al contrario avanza a grande velocità e il nostro compito, come classe dirigente, non è solo capire e studiare cosa è accaduto negli ultimi dieci anni, ma cercare comprendere cosa accadrà nei prossimi dieci. Farlo è un esercizio complesso, che richiede un grande sforzo di immaginazione, ma possiamo trovare degli alleati preziosi nei più giovani. Insieme a Istituto Piepoli stiamo studiando le logiche dello sport del futuro e lo facciamo attraverso le indicazioni dei Millenials e della generazione Z. Loro ci indicano la strada e noi esploriamo, studiamo, progettiamo. D’altra parte, anche il mondo del running è in continua evoluzione e ci stimola a cambiare punto di vista, pensare nuovi scenari, trasformare i problemi in opportunità. In controtendenza, dico che i due più grandi alleati del running sono le città e le nuove tecnologie».

Quindi tecnologia e sport giocano nella stessa squadra?

«Assolutamente. Pensare che la tecnologia sia un avversario dell’attività sportiva è una semplificazione e un errore. Abbiamo visto come i mezzi tecnologici possano creare e rafforzare le comunità, eppure il mondo dello sport resta titubante. Io li considero strumenti per superare i confini fisici e trasformare il modo di vivere le città e lo sport. Per questo abbiamo voluto investire negli hackathon e sono fiero di dire che a marzo si terrà il secondo RunHack, l’hackathon sul running che porta le migliori menti delle nuove generazioni – programmatori, designer, ingegneri – a studiare soluzioni nuove per il mondo del running».

Il running è locale o globale?

«Il running è glocal: globale e locale allo stesso tempo. È locale perché andiamo a correre tutti i giorni nel nostro quartiere, sullo stesso lungomare, siamo affezionati ai nostri percorsi nel parco, dove conosciamo e riconosciamo gli altri runner. È globale perché è una passione che porta a viaggiare, a prendere un aereo per vivere l’emozione di una linea d’arrivo dall’altra parte del mondo, a prenotare le vacanze in base al calendario delle mezze maratone. Sono sempre di più le persone che quando partono per una gara lo fanno con un gruppo di amici o si portano dietro la famiglia. Le grandi città diventano così crocevia di esperienze e conoscenze unite dal filo rosso della corsa».

In Italia quali saranno i prossimi passi?

«Il running italiano deve aprirsi al mondo. Istituzioni e politica devono dare risposta a un fenomeno che cresce giorno dopo giorno. Per prima cosa dobbiamo eliminare gli ostacoli che lo straniero si trova davanti quando vuole gareggiare in Italia, a cominciare dal certificato medico. Correre in Italia, immersi in un patrimonio storico-artistico senza eguali, è il sogno di tutti ma è anche più complicato che altrove. Con la mozione Lupi, che è stata approvata alla Camera all’unanimità, abbiamo segnato un ottimo punto e non vogliamo fermarci qui. Le nuove regole vanno studiate pensando all’intero sistema del running. La parola chiave deve essere: semplificare. Per tesserarsi e gareggiare dovranno bastare due click. Aggiungo anche che le maratone italiane devono iniziare a ragionare in termini globali, per essere concorrenziali non fra loro, ma con il resto del mondo».

Si parla molto di green economy, wellness, smart city.

«Temi su cui riflettiamo tutti i giorni e che ci trovano protagonisti. Credo che il running si sposterà sempre più dalle strade ai parchi, e che nelle grandi città si correrà sempre meno sull’asfalto e sempre più nel verde. Ciò permetterà di riappropriarsi degli spazi urbani, trasformandoli in spazi di condivisione, salute, e non ultimo, di felicità. Ma significherà anche meno stress per le città, che vedranno le proprie strade meno impegnate dagli eventi sportivi. In questo modo potremo ridurre l’impatto sociale e creare eventi più nella vita della città e dei cittadini. Eventi semplici, sostenibili, green: è il futuro».

E nel rapporto con gli amministratori pubblici?

«Per quanto riguarda i grandissimi eventi auspico un supporto vero dei comuni e delle regioni. Una grande maratona crea PIL, ricchezza e sviluppo turistico nella città che la ospita. I costi di svolgimento oggi purtroppo sono a carico degli organizzatori, con una logica che dimentica come l’evento porti sul territorio un indotto economico importante. E poi le grandi maratone portano prestigio, qualcuno potrebbe dire “reputation”: New York, Boston, Parigi, Berlino… tutte le grandi città organizzano una maratona. Nella mia visione, il mondo del running e gli amministratori pubblici possono essere solo grandi alleati».

Il running è sempre più presente su giornali, radio, TV. Arriverà una rivoluzione anche nel mondo della comunicazione?

«In generale la comunicazione e la promozione sono sempre più verticali. Scompaiono gli intermediari, e gli utenti diventano anche creatori di contenuti. Sto lavorando a un progetto a cui tengo molto: presto nascerà la runTV, un progetto digitale e verticale, visibile in ogni momento su tutti i device».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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