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L'intervista

Ross Pelligra, la Coppa e il Catania: «Tutto è ancora possibile, torneremo in serie A»

Il presidente: «Questa vittoria è da trasferire in campionato in chiave play off. Il club è un fiore che sta sbocciando, mi fido di Grella, fa il lavoro di dieci persone»

Di Giovanni Finocchiaro |

Una notte di felicità, un brindisi nel locale “Trilogy” con il padrone di casa Alessandro Di Benedetto. Poi ancora al lavoro per sviluppare idee e progetti per la crescita del calcio a Catania. Ross Pelligra guarda la Coppa con orgoglio e, in un’ora di chiacchierata a cuore aperto, ammette: «In questi giorni prima della gara col Padova ho pensato al lavoro che la società ha impostato non solo per arrivare alla finale di Coppa Italia. Quando sono tornato a Catania ho incontrato i giocatori li ho visti concentrati, motivati, carichi».

Dopo il ritorno in C è stato il secondo passo della sua gestione.

«Abbiamo una squadra che con Grella, Bresciano e lo staff abbiamo scelto per portarla al pari con le aspettative della città. Spero che emerga quello che stiamo costruendo».

Non tutti in città pensavano che il Catania avrebbe vinto questo trofeo.

«Sono arrivato in Sicilia lunedì sera. Quando l’aereo stava atterrando, guardando dall’alto la città, ho pensato che avremmo vinto. Ne ero convinto. E’ stato quasi un pensiero premonitore. Avevo fiducia nelle motivazioni che avevano i giocatori. Ci sono atleti d’esperienza e forse oggi, dopo questo trofeo che abbiamo portato a casa, i ragazzi si rendono conto del potenziale che possono esprimere in maniera più evidente e concreta».

In campionato ci sono state difficoltà, in Coppa la squadra ha corso come non mai.

«Tutto questo è frutto di allenamento, di coesione, di progressi. Contro il Padova abbiamo tenuto palla per tutti i 120 minuti. Ci siamo stati solo noi al momento di impostare il gioco, la squadra ha le possibilità, è come un fiore che sta sbocciando».

Grella ha sempre detto che la vittoria in Coppa avrebbe premiato in parte i suoi investimenti.

«Ed è stato un regalo grande per me e per la mia famiglia. La Coppa rimane nella storia del Catania e della città. Ed è il primo trofeo che portiamo a casa. Sono convinto che sia soltanto il primo trionfo che registriamo a livello nazionale. Ne arriveranno altri. Per me è stata una grande vittoria. Ci sono ancora tanti trofei da vincere».

Dopo 21 mesi di lavoro a Catania arriva il momento clou della stagione.

«Ogni giorno, nonostante gli impegni di lavoro che ho in tutto il mondo, il pensiero per Catania e per il Catania c’è sempre. È costante. Quando la mattina mi alzo e comincio la mia giornata, penso a vincere, devo dare il meglio possibile per il mio ruolo. Non accetto il pensiero di arrivare secondo, mi piace vincere. Lavoro ventiquattr’ore no stop per arrivare primo. Se non arrivo oggi a coronare questo desiderio, penso a fare meglio il giorno dopo. Voglio compiere passi in avanti, non indietro. Penso sempre al percorso da effettuare per i prossimi due, tre, dieci anni. Deve intanto restare a Catania una società solida, che si rafforza sempre di più per portare al successo il calcio».

Intanto c’è un altro passo importante: evitare i play out.

«Questo è importante, noi siamo una squadra e lottiamo per evitare i pericoli per poi preparare i play off. Occorre l’appoggio e la spinta dei tifosi. Da solo non posso fare nulla, serve l’aiuto della città. E’ essenziale che tutte le persone di Catania, tifosi e non, diano una spinta alla squadra per estrarre dai giocatori il meglio».

Il suo sogno rimane sempre la conquista della Serie A.

«Nessuno può vincere subito. Io ho pazienza, sono determinato, se non arriviamo entro due o tre anni, tenteremo per la stagione successiva. Ma il nostro scopo è quello. Quando c’è da scalare una montagna, partendo dalla base, non si può arrivare in cima dopo cinque minuti. Occorre definire al meglio il percorso più utile per non cadere, per restare in piedi e completare il tragitto. Non mi fermerò, non innescherò mai la marcia indietro».

Ma lei, Pelligra, cosa avverte quando torna a Catania?

«Sento il grandissimo affetto della città, noto l’onestà della gente, avverto l’ambizione dei tifosi. Negli occhi di chi incontro in città “leggo” la voglia di progredire, di vivere una giornata felice. Il calcio regala serate di felicità come quella che abbiamo vissuto in Coppa Italia. E mi dispiace non avere visto lo stadio pieno per motivi che non dipendono da noi o dai tifosi veri. Continuiamo a sostenere la squadra, la società».

Il nome di Catania oggi è legato alla vittoria in Coppa. Ne parla tutta l’Italia del calcio.

«Ci stiamo facendo conoscere nel mondo per il lavoro, per questo risultato, per i progressi che possiamo compiere. Ci sono milioni di persone che mi seguono e quando qualcuno mi incontra in qualsiasi parte del mondo, perchè mi reco per lavoro anche in altri Continenti, adesso chiedono: “Come va a Catania?” Questo mi rende orgoglioso e una volta di più convinto che la scelta è stata quella giusta. Ho anche una squadra di calcio in Australia ma amici, conoscenti, persone che incontro per affari chiedono prima dell’esperienza in Sicilia: “Come va a Catania?” Io rispondo che in 21 mesi abbiamo compiuto tanti passi in avanti, ma c’è tanto da fare».

Grella e Bresciano sono i capisaldi.

«Hanno un’esperienza di Serie A, hanno disputato i Mondiali, capiscono i valori di un gruppo che può farci progredire giorno dopo giorno. Su Grella voglio puntualizzare alcuni concetti se permette».

Dica pure.

«Da 21 mesi Vincenzo è a Catania, ha sacrificato vita personale e tempo libero. Io lui e Bresciano parliamo ogni giorni, qualsiasi siano gli impegni che ho. Ci consigliamo a vicenda, io sono informato su tutta la vita della società e della squadra. So tutto, io voglio che lo staff e i giocatori rispettino la maglia al di là dei risultati. Siamo stati molto sfortunati quest’anno, ma la vittoria della Coppa ci rilancia sotto ogni punto di vista. Lotteremo gara dopo gara. Io mi fido di Grella, se non ci fosse stato lui sarebbero servite dieci persone. Grella fa il lavoro di dieci persone, spero che la gente di Catania capisca e apprezzi il suo impegno. Vincenzo sta compiendo sacrifici importanti e mi sento fortunato di averlo qui a Catania».

Gli impianti restano l’anello debole per la vostra attività.

«Torre del Grifo la potremmo anche acquisire, ma non sarebbe la soluzione definitiva. E’ un impianto piccolo per le idee che ho, non ci sono tanti campi da realizzare, per prima squadra e per i giovani, per le donne. Serve una struttura adeguata».

I tempi per un centro sportivo ex novo sono lunghissimi.

«Stiamo valutando Nesima. Tornando a Torre del Grifo, dico che se l’investimento conviene verrà fatto. Ma non voglio togliere spese volte al miglioramento dell’assetto della squadra nei prossimi anni. Tuttavia è certo che la famiglia Pelligra vuole investire per dotarsi di una struttura che sia all’avanguardia e funzionale per il lavoro di prima squadra e vivaio. Torre del Grifo è lontana da Catania, non è grande abbastanza, per i tempi che servono per acquisire e riqualificare gli spazi con le nostre idee e le esigenze, allora sarebbe meglio costruire un impianto da zero. Serve il terreno giusto e stiamo guardando in giro alcune soluzioni. Io preferisco costruire una città dello sport vicino alla città e con i criteri moderni».

Nei giorni scorsi il suo gruppo ha rilevato Blutec a Termini Imerese. Divagazione extracalcio: cosa rappresenta per lei questo investimento?

«Lanceremo idee, lavoro e sviluppo per i prossimi dieci anni. Poi, forse, andrò in pensione. Nel frattempo, con l’esperienza accumulata in tutto il mondo, valorizzeremo il lavoro manifatturiero realizzando un prodotto da esportare anche all’estero. Voglio conservare la produttività del popolo siciliano. Sto pensando a investire pure nel mondo della “green energy”. In Sicilia abbiamo sole e acqua, elementi essenziali. Pensi, per esempio, che in Cina ho delle aziende molto importanti, ma non con le caratteristiche e le connotazioni naturali del territorio siciliano. Il mio scopo è mantenere le eccellenze e la manodopera di chi vive nell’isola. Vorrei evitare che molti lavoratori debbano andare via per cercare occupazione lontano dalla famiglia. Servono eccellenze, cervelli che ci permettano di andare avanti».

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