La morte di Edson Arantes do Nascimento, detto Pelè, impressiona il mondo. E’ stato uno dei personaggi indimenticabili del secolo scorso. E’ stato l’unico calciatore a vincere tre Mondiali e a segnare mille gol, come ricorda un francobollo emesso dalle Poste brasiliane. Celebre l’antagonismo con Maradona, asso di un’epoca diversa.
"O rey" ebbe un ruolo preciso, quello di simbolo del calcio mondiale e recitò la parte in maniera perfetta. Gli rese fior di milioni: bastava che si presentasse. I giornalisti gli chiedevano sempre le stesse cose, del resto: cosa avrebbe dovuto dovrebbe rispondere? Ogni volta che arrivava in un posto, anche il più sperduto, c'era sempre un cronista locale che gli domandava delle sue origini e se in giro esistesse un suo erede, magari un carneade di Trinidad o del Mozambico.
Lui con pazienza dava un contentino a tutti: "Il calcio è cambiato dai miei tempi, è difficile fare paragoni. Ci sono giocatori molto bravi nel mondo, ma si gioca in maniera diversa, rispetto a quando in campo andavo io".
Come dire: io mi tengo stretto il titolo di re del calcio, voi pensate quel che vi pare. Poi, su input del suo ufficio stampa, magari faceva il nome di qualche carneade, campioncino locale, mandando in brodo di giuggiole gli astanti. Pelè era il re e tutti sono stati suoi sudditi, nel calcio.
Ma ai Mondiali no, ai Mondiali entravano tutti duro e ci ricordiamo che in Inghilterra, nel 1966, il Brasile fu eliminato perché Pelè fu fatto fuori dai portoghesi, a Liverpool il 19 luglio. Era una partita decisiva e il direttore del nostro giornale decise di mandarci a seguirla, mentre a Middlesbrough l'Italia lo stesso giorno, venne battuta dalla Corea del Nord con il gol dell’odontotecnico Pak Doo Ik. Insomma, non ci accorgemmo nemmeno della storica sconfitta, che i nostri erano già a casa.
Il successivo 15 aprile 1975 a Milano avemmo la possibilità di stare un po con Pelè, per un’intervista esclusiva: ci confidò di amare molto l’Italia, il cinema italiano e in particolare le attrici Sophia Loren, Claudia Cardinale e Virna Lisi. Aveva appena inciso un disco, stava girando un film in Messico, avrebbe dovuto parlare di affari con Gianni Agnelli.
Ci capitò una volta, negli USA, di parlare con un personaggio eminente dei Mondiali 1994, Steve Ross, che era chairman della Warner Communications -celebre in campo cinematografico -: ci disse che quando venne deciso di disputare i mondiali negli USA, con la conseguente copertura della futura Coppa del Mondo da parte delle tv americane, furono assunti registi che capivano il "soccer", il calcio, sport semi sconosciuto negli USA. Sbellicandosi dalle risate, ci disse che non sarebbe mai più capitato di oscurare un gol di Pelè con i Cosmos per mandare in onda la pubblicità, come era successo in occasione del gol n.1000 di Pelè. E ricordò che le poste brasiliane avevano fatto una emissione speciale nel 1969: un francobollo per celebrare il gol n.1000 di Pelè, oscurato dalla tv americana.
La vita è stata generosa con lui. A Tres Coracoes (Brasile), nello stato di Minas Gerais, il piccolo (e povero) Edson Arantes do Nascimiento seguì le orme del papà (Joao Ramos, giocatore del Baurù), fece il ciabattino e abbandonò la scuola dedicandosi al calcio. Lo vide De Brito, ex del San Paolo, e gli insegnò l’abc del pallone. A 14 anni era già un asso. Fece fiasco al primo provino importante, poi il Santos lo prese per una cifra equivalente a 12 degli attuali euro al mese. Esordì in prima squadra, compì mirabilie e a 18 anni divenne campione del mondo col Brasile in Svezia.
Nel suo palmarès personale tre titoli mondiali (1958, 1962, 1970) e due Coppe Intercontinentali col Santos, 1012 gol (96 col Brasile), 1500 partite giocate (110 in Nazionale), e un contratto con l’Inter di Angelo Moratti che restò a lungo nella cassaforte del presidente nerazzurro nella vana attesa dell’apertura delle frontiere, per tesserarlo. Lo vedemmo giocare in amichevole diverse volte, nelle sue tournée col Santos. La gente andava allo stadio solo per lui, l’asso che "non si poteva infortunare". Per contratto quindi gli avversari dovevano trattarlo con i guanti bianchi. E così era perché Pelè doveva solo far vedere qualche bella giocata. La gente tornava a casa contenta e buona notte.