L'INTERVISTA
Il Catania e gli obiettivi di Ross Pelligra: dal sogno della serie A allo stadio da 40.000 posti
Parla il presidente. Il futuro è già disegnato. «Spazi per i giovani, investimenti e partecipazione popolare»
Il pomeriggio di lavoro in casa rossazzurra comincia subito dopo pranzo. Il presidente Ross Pelligra nella sede al primo piano degli ufficio che ha fatto ristrutturare allo stadio “Massimino” lavora a maniche rimboccate. L’imprenditore italo australiano è persona molto pratica. L’entusiasmo che cova dentro di sè ogni giorno trascorso in città tenta di tenerlo nascosto. Ma, poi, non può privarsi di esternarlo: «Mi sento catanese, mi avete accolto con grande affetto, quando la domenica osservo curve e tribune sono contento. Questa – penso sempre – è il frutto del lavoro di uno staff dirigenziale scelto in modo minuzioso per vincere, per costruire qualcosa nel tempo».
La promozione è vicina.
«Pensiamo alla gare da giocare, poi organizzeremo una grande festa».
Come pensa di strutturarla?
«Io credo che sarà coinvolta tutta la città, quartiere per quartiere. E anche i centri vicini. Sono invitati tutti coloro che hanno a cuore il Catania».
Alle gare interne assistono non meno di 15mila spettatori. E non è un dato isolato.
«Mi inorgoglisce, e l’ho sperato dal primo momento, la presenza di famiglie intere. Funziona così se le cose vanno fatte per bene. Il ragazzo invita i genitori, porta allo stadio i nonni, la fidanzata. Si crea una fidelizzazione che fa bene all’ambiente. Riuscire a coinvolgere tanti giovani è stato sempre un nostro punto fermo».
E, a proposito di giovani, l’idea di costruire a Nesima una serie di campi per i ragazzi a che punto è?
«Stiamo elaborando le nostre idee, ma dobbiamo confrontarci con la città, con il sindaco che verrà. Non vogliamo “disturbare” o “turbare” l’attività degli amministratori, ma creare spazi di aggregazione».
Nesima è il posto giusto?
«Stiamo valutando uno spazio di 150mila metri quadrati. Ma prima, ripeto, aspettiamo che ci sia un nuovo sindaco. Capisco che servono tempi non brevi. Ma noi siamo qui per programmare e non intralciare. Avevo anche immaginato otto-dieci campi per fare allenare i giovani di tante fasce d’età».
Torre del Grifo resta un sogno oppure si allontana?
«Io vorrei creare aggregazione in città. Per arrivare al Village occorre tempo. Una mamma che deve accompagna il proprio figlio per l’allenamento poi magari è costretta a stare in auto per tanto tempo, dopo una settimana si stanca. In città è diverso. Poi, il Village è in mano ai curatori. Dobbiamo discutere. Vedremo».
I lavori al Massimino proseguono. Che idea ha per il nuovo stadio?
«Il “Massimino” è e resterà la casa del Catania. Lo dico per la storia che bisogna rispettare, per onorare sempre il lavoro che il presidente Angelo Massimino ha fatto ripartendo a un certo punto anche dalla Serie D. Ma se vogliamo essere una squadra internazionale, quando andremo in Serie A, è necessario che l’impianto contenga tutti ma proprio tutti i tifosi. Nessuno deve restare fuori dai cancelli».
Si potrà ampliare la capienza della struttura attuale?
«Si deve, proprio per accogliere tutti. La capienza si può ampliare, se la squadra va in Serie A dobbiamo avere uno stadio da Serie A».
Si possono alzare i livelli delle tribune per avvicinare anche il pubblico al campo.
«Noi siamo disposti a investire. In generale intorno ai nostri progetti serve una partecipazione collettiva (in inglese, Pelligra, riassume il concetto in stakeholder, ovvero ciascuno dei soggetti direttamente o indirettamente coinvolti in un progetto o nell’attività di un’azienda. ndr). Il Catania deve vedere la partecipazione di tutta la città, dei quartieri. Dobbiamo essere una cosa sola. Tutti uniti e allineati».
Quanti spettatori pensa possa contenere lo stadio del futuro?
«Io avevo detto 50mila, ma la cifra esatta non è importante, ma è chiaro che in Serie A, visto il bacino d’utenza di Catania e dei dintorni, si potrebbe anche pensare di contenere 40mila persone. Una cosa deve essere chiara: io voglio fare di questo club una realtà di respiro europeo».
La squadra ha vinto undici gare di fila. Se l’aspettava?
«Non partecipo per pareggiare. Si va in campo per vincere sempre. Sono contento per il percorso di tutto il gruppo: dai dirigenti ai giocatori».
Gli under fanno gola a tutti, adesso.
«I giovani stanno crescendo, fanno il meglio possibile per essere i più bravi. Il Catania vince grazie allo staff e al cuore che ha ogni singolo tesserato. E, ancora una volta, non mi riferisco solo ai giocatori».
Non solo giovani, ma anche over. Tanti grandi nomi che in Serie D hanno sposato la causa calandosi nella parte.
«Sono giocatori di valore, ma ripeto che nel Catania si vince anche e in modo particolare se si ha a cuore le sorti del club, se si ha attaccamento alla maglia. Quello stesso legame che si è formato con i tifosi».
Lei ha subito parlato di festa, di desiderio di coinvolgere la città. Missione compiuta, in attesa dell’atto finale.
«L’immagine dello stadio che aspetta i giocatori a fine partita, anche fuori casa, per festeggiare, per esultare insieme, per darsi appuntamento alla prossima, è un’immagine che porto sempre dentro di me. Anche quando seguo le partite in Australia con amici e tifosi rossazzurri d’Oltreoceano».
C’è una gara che l’ha emozionata in modo particolare?
«Cito la prima in casa, quella contro il San Luca: era l’esordio al “Massimino”, c’era tanto pubblico. Abbiamo vinto. Avevamo cominciato il 3 agosto con un piano importante. Abbiamo colmato pezzo per pezzo studiando la soluzione migliore. In un paio di mesi abbiamo subito cominciato a fare bene. Devo dire grazie a tutti».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA