CAMPIONI D'EUROPA
Da Mattarella a Draghi fino al bus scoperto: la sfilata dell’orgoglio azzurro
Il bagno di folla per il gruppo di Roberto Mancini: «Rappresenta l’Italia»
Dal Quirinale a Palazzo Chigi, fino al bagno di folla per le strade di Roma: la festa per la nazionale campione d’Europa del calcio diventa celebrazione dell’orgoglio azzurro. E di riflesso dell’orgoglio italiano, perché poche selezioni hanno costruito un feeling con la gente come quella guidata da Roberto Mancini, senza stelle ma unita in un gruppo granitico, metafora calzante a un Paese che dopo mesi di sofferenze e restrizioni per il Covid ha bisogno di esempi e spinte, e da sempre si unisce per il pallone.
L’inno nazionale lo avranno cantato decine di volte i calciatori, composti al Quirinale e a Palazzo Chigi, poi a squarciagola assieme alla gente che ha invaso le strade per applaudirli, fra bandiere, cori e non molte mascherine. Un bagno di folla che gli azzurri, Leonardo Bonucci in testa, hanno preteso di godersi a bordo di un pullman scoperto, a costo di qualche discussione con i responsabili della sicurezza. Il via libera delle autorità è arrivato solo nel tardo pomeriggio, così è partita l’ultima festa prima del rompete le righe e delle vacanze per gli azzurri. Intanto subito dopo la finale con l'Inghilterra a Londra hanno salutato Gianluca Vialli (rimasto nella capitale inglese, dove vive), fra i protagonisti di questa cavalcata a cui ha reso omaggio anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Ha espresso i sentimenti e l'emotività che tutti noi avvertivamo».
Questo Euro 2020 si è incastrato in una congiuntura particolare, che ha portato molte cancellerie a sperare in una vittoria dell’Italia contro l’Inghilterra, a poco più di sette mesi dalla Brexit. E lo ha riconosciuto implicitamente anche Mattarella, che ha dedicato a Gianluigi Donnarumma uno dei tanti sorrisi sfoggiati durante la cerimonia al Quirinale: «Quella seconda parata dell’ultimo rigore ha reso felici milioni di persone. Non soltanto in Italia. Non voglio aggiungere altro…». Non serve, è stato decisamente chiaro il presidente. A Wembley prima dei rigori si era voltato verso le altre autorità in tribuna: «Siamo nella mani, anzi no nelle manone di Donnarumma». Poi il suo felice e pacato festeggiamento ha ricordato quello di uno dei suoi predecessori, Sandro Pertini, e l'indomani ha celebrato una Nazionale che era «circondata dall’affetto degli italiani, li ha ricambiati e ha rappresentato bene l’Italia, rendendo onore allo sport». Come anche Matteo Berrettini, primo tennista italiano finalista a Wimbledon, che è si levato giacca e cravatta solo una volta salito a bordo del pullman scoperto con gli azzurri del calcio, molti dei quali sono rimasti solo con la t-shirt della divisa griffata anche al Quirinale.
Cinque mesi fa al Colle saliva Mario Draghi, poco prima di approdare a Palazzo Chigi, oggi seconda tappa di un festeggiamento che si è mosso a passo d’uomo nella folla nel cuore della Capitale. Ministri e funzionari, nessuno voleva perdersi un appuntamento che ha in parte stravolto il cerimoniale (ma a ritirare il riconoscimento sul palco giocatori e staff sono stati chiamati uno a uno). Il premier ha accolto la nazionale al portone, poi ha ringraziato gli azzurri del calcio, Berrettini e quelli dell’atletica leggera, per la prima volta in cima al medagliere agli Europei Under 23. «Ci avete messo al centro dell’Europa, come dimostrano i messaggi di ringraziamento arrivati anche a me in queste ore. Oggi lo sport segna in maniera indelebile la storia delle nazioni. Oggi siete voi a essere entrati nella storia, con i vostri sprint, i vostri servizi, i vostri gol e le vostre parate. E che parate…» ha sorriso Draghi, cercando con lo sguardo Donnarumma: «Ndo stai?».
Il portiere tante volte finito nell’occhio del ciclone, dalla maturità rinviata alle trattative per faraonici contratti (l'ultimo da 12 milioni di euro è con il Psg che lo aspetta a inizio agosto), ha stampato in volto un sorriso destinato a durare giorni. Battute e goliardia da settimane abbondano fra lui e Lorenzo Insigne, che non ha resistito alla battuta in napoletano stretto neanche quando è stata donata a Mattarella una maglia personalizzata con il numero 10: «Ma quella è la mia! Gli hanno dato la mia maglietta». Il portiere e l’attaccante sono i simboli di una squadra giovane, «che ha un eccezionale feeling con tutti gli italiani e ha interpretato al meglio il sentimento di unità dell’Italia, con un grande potenziale di coesione, da paese ferito ma con una grande voglia di ripresa», per dirla con il presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, che ricerche alla mano stima in un +0,7% l’impatto sul Pil di questo Europeo vinto.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA