SALO’ – «I derby col Palermo erano storia a sé. La settimana di preparazione, la vigilia, la stessa partita. Catania viveva un avvenimento che non si può raccontare a parole». Adelchi Malaman, individuato sulle tribune dello stadio di Salò grazie agli amici di Globus, rievoca la scena madre di sei stagioni vissute in rossazzurro. Da protagonista. Perché i nomi passano, i calciatori veri restano nella mente dei tifosi. «Ancora oggi – racconta – ho molti amici in città. E non lo dico tanto per. Ne ho parecchi, tanto che in estate almeno una settimana me la concedo, dalle vostre parti».
Che cosa fa oggi, Malaman? «Ho cinque nipotini, le lascio immaginare».
Il calcio è solo un ricordo? «Ogni tanto guardo qualche partita, certo. Non ci si può distaccare del tutto. Ai tempi era una professione, e sono stato fortunato, oggi è una passione».
Da Brescia a Salò, in auto, per assistere al play off del Catania. «Abito a una trentina di minuti da qui, l’occasione era troppo ghiotta per mancare».
Che idea s’è fatto dei rossazzurri? «Grande valore di gruppo, ottime individualità. I nomi li conosco tutti, ma era la prima volta che li vedevo giocare dal vivo».
Ha visto, Adelchi, quanti tifosi sono arrivati dal Nord per sostenere i ragazzi di Lucarelli? «Un effetto piacevolissimo, sembrava un piccolo Cibali (lo chiama così lo stadio, Malaman, poi si corregge e vira sul “Massimino”) che mi ha fatto tornare indietro nel tempo».
Dal 1972 al 1979, Malaman gigante rossazzurro per 147 partite e a segno 19 volte. «Un periodo bellissimo. La Serie C, il salto tra i Cadetti. Il gol al Palermo nel derby. Vincemmo fuori casa e uscimmo scortati dallo stadio avversario. Scortati di tutto punto: la polizia da una parte, i carabinieri dall’altra. I residenti nella zona ci tiravano i vasi dalle finestre. Quanti ricordi».
Era un altro calcio. «Nettamente, ma la passione per la squadra di calcio, a Catania, non ha mai conosciuto pause. Me ne sono accorto anche qui, dopo anni. Me ne accorgo ogni volta che trascorro le vacanze al mare, tra Catania e Taormina. Al mattino si parla di calcio. E dei rossazzurri, ovviamente. Con trasporto. Si litiga sotto l’ombrellone. Ed è stato sempre così».
Il derby vero è contro il Palermo, ma nell’anno della promozione in B (annata 1974-75) lei ha segnato anche due gol al Messina in un derby esaltante. «Era la quinta giornata, fu una grande festa, l’inizio della cavalcata. In squadra c’erano giocatori di valore: da Petrovic a Biondi, i due formidabili bomber Ciceri e Spagnolo, Angelozzi, Prestanti, Fraccapani. Negli anni successivi altri protagonisti come i catanesi Chiavaro, Leonardi, Cantone, Ventura. Dimentico sicuramente qualcuno e non me ne vogliate. Ma che squadra che eravamo».
La Sicilia le è rimasta nel cuore. «Si stava bene, si sta bene. Si mangia benissimo. Adesso posso farlo, in estate non mi risparmio (ride) perché sa cosa penso? Nel calcio si è sempre privilegiati, poi smetti ed emergono davvero le amicizie genuine. Ho la fortuna, a Catania, di aver conservato rapporti famigliari speciali con moltissimi suoi concittadini».