L'intervista
Zingaretti debutta alla regia: «Vi racconto la storia che mi ha spinto dietro la macchina da presa. E perché amo la Sicilia»
Il regista presenterà «La casa degli sguardi» giovedì a Palermo e venerdì a Messina e Catania: «Montalbano? Quando me lo chiederanno, ci rifletterò»
«Che vuoi? Che vorresti? Solo amare e ringraziare. Questo mi basta». Questo desidera Marco che non riesce a vivere, attraversato dal dolore del mondo. Questo scrive in una delle sue poesie, vibranti e acuminate. Ha 23 anni e si distrugge con l’alcol. Il suo sguardo rimanda il malessere di quei ragazzi fragili e in precario equilibrio dei nostri tempi, in lotta col mondo o con se stessi. Marco è il protagonista de “La casa degli sguardi” il film che segna il bell’esordio alla regia di Luca Zingaretti, attore amatissimo e protagonista di tanti film di successo, tratto dall’omonimo romanzo di Daniele Mencarelli (Mondadori), nelle sale da giovedì con Lucky Red che lo stesso Zingaretti presenterà al pubblico giovedì all’Ariston di Palermo (ore 20.30), venerdì all’Apollo di Messina (ore 18.30), e a Catania, al cinema Ariston alle 20.30.
Un film commovente e vero che affronta dipendenza, dolore, lutto, ma che racconta soprattutto una rinascita. Protagonista lo straordinario Gianmarco Franchini, «è stato il primo che ho visto ai provini e l’ho scelto subito – racconta Zingaretti al telefono, disponibile e sorridente – Il produttore mi ha detto: “Pensaci, guarda che non funziona così”. Ma ero talmente sicuro che ho detto lui è. Un attore bravissimo, ha un’anima e non ha paura di farla vedere».
Zingaretti si cuce addosso, con una recitazione asciutta che colpisce al cuore, il ruolo del padre: «Manco lo volevo fa! – si schermisce ridendo – Sono stato spinto da Stefano Rulli e Gloria Malatesta, che firmano con me la sceneggiatura. Mi hanno detto: “noi l’abbiamo scritto pensando a te, lo devi fare te, lo faresti benissimo….” Stimolato nel mio narcisismo d’attore, perché io sempre attore sono, ho detto vabbè lo faccio. E adesso ne sono felicissimo».

Un padre che cura l’anima tormentata del figlio con l’amore, con la delicatezza con cui toglie le foglie ingiallite dalle sue piante.
«Adoro questo padre perché è un uomo semplice che fa il genitore più con l’esempio che con la parola. Dice al figlio: “Non so aiutarti in questo tuo disagio, anche perché di te si occupava soprattutto tua madre che non c’è più, però sappi che in qualunque momento, sempre e comunque, io per te ci sono”. Ci siamo divertiti con gli sceneggiatori a fargli fare il tramviere perché “la locomotiva ha la strada segnata, il bufalo può scartare di lato e cadere”, come canta De Gregori».
Marco trova un lavoro come addetto alle pulizie all’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, a fianco di una squadra affidata a un gruppo di attori bravissimi.
«Ne sono orgoglioso, abbiamo fatto insieme un lavoro in sottrazione. In questo tipo di film devi cercare la verità, l’autenticità. Sono straordinari».

Un debutto importante.
«Raramente nel mio mestiere ho provato una sensazione di pienezza come questa», confessa Zingaretti.
Ha aspettato dieci anni prima di passare alla regia, cosa l’ha fermata?
«Sono un ragazzo di una certa età, quando ho imparato a fa’ sto mestiere dovevi guadagnarti la possibilità di una battuta, poi ne facevi due, poi tre… Nel 2019 ho diretto tre episodi di Montalbano, ma ero lì perché un amico non stava bene. Anche se non ero felice, mi sono reso conto che almeno da un punto di vista tecnico me la potevo cavare. Quando ho letto il libro di Mencarelli ho capito che con questa storia me la sentivo di passare dietro la macchina da presa».
Perché proprio questa?
«Parla di qualcosa che mi ha sempre toccato: la straordinaria capacità che hanno gli esseri umani di rimettersi in piedi, di risorgere, di essere resilienti e resistenti fino a quando, anche lontano, anche nel buio, vedono una luce. Chi fa questo percorso mi commuove sempre. E questa è la storia di un’uscita dal tunnel».

Nell’ospedale dei bambini il protagonista trova amicizia, amore, nuove terribili ferite.
«E’ una storia che racconta dell’importanza del lavoro che non è solo quello che ci dà di che campare, che già sarebbe tanto, ma il lavoro ti identifica, ti radica, ti permette di guardarti allo specchio e dire io sono questo. Ecco perché è così drammatico quando qualcuno lo perde, perché non sai più chi sei. Ma è anche una storia di amicizia, di amore. Una storia che ti permette di fare una riflessione sul dolore che la nostra società ha demonizzato e da cui siamo sempre in fuga. A nessuno piace soffrire, però è anche vero che il dolore non si può fuggire, fa parte della stessa materia della felicità, come diceva Nietzsche, senza dolore non c’è gioia. E allora a volte conviene accoglierlo il dolore, farci pace: è catartico, ti permette di rinascere, lo elabori e continui a vivere».

Zingaretti è l’attore che ha dato vita a Montalbano nella serie amata quanto la Nazionale: eroe vecchio stampo, modi spicci e ironia sorniona, leale e onesto. Quel siciliano poche parole tutti fatti, “masculu”, generoso e perbene che vorremmo essere. Ha interpretato anche don Puglisi e Borsellino. Si è sposato con Luisa Ranieri nel Castello di Donnafugata…
Zingaretti, noi ormai la consideriamo siciliano.
«Sono siciliano d’adozione – sorride – e mi aspetto che i siciliani vengano tutti al cinema. Ho passato nell’Isola tantissimo tempo. E’ dal 2019 che non torno, a parte la mezza giornata con Alberto Angela per “La Sicilia di Montalbano”. Ma non è un caso. Tornare senza gli amici che non ci sono più e con cui per vent’anni ho condiviso tantissimo mi strazia. Soffro di una grande nostalgia, di saudade».
Lo speciale di Angela ha fatto sperare in un ritorno del Commissario.
«Quando chi me lo deve chiedere lo farà seriamente magari faremo una riflessione».

Il primo spettacolo teatrale che ha diretto, “La sirena”, è tratto da “Lighea” di Tomasi di Lampedusa. Una Sicilia diversa da quella di Camilleri?
«Quella di Tomasi la vedo legata a un passato con una sua epica, una sua eleganza, che riassume un po’ il carattere del gentiluomo siciliano, del siciliano in generale. Quella di Camilleri è più legata al presente, forse al mio presente, però anche lì si racconta un modo nobile di essere siciliano».
Cosa le piace di più della Sicilia?
«Tutti dicono che è bella, ma non è solo una questione di bellezza. La Sicilia ha un non so che di magico. Ricordo gli inverni passati a Marina di Ragusa, quei colori, quei sapori, quegli odori, quella malinconia del tramonto… Lo pensava tutta la squadra. Il macchinista che veniva per la prima volta diceva: “Oh, io l’anno prossimo ci sto, eh?”. Stavi in quella atmosfera e quando tornavi nel mondo reale ti portavi dietro quella polverina magica di cui è cosparsa questa terra. In Sicilia c’è qualcosa di più profondo, di più importante. Ci sono tanti posti belli nel mondo, ma non c’è quel tipo di magia. Quella che mi manca».
Cosa non le piace?
«Mi piace tutto, ma se devo dire una cosa che non mi piace del modo di essere dei siciliani è che, essendo un popolo fiero, sono po’ permalosi».
Cosa cambierebbe se potesse?
«Niente, non cambierei niente. Capisco che per voi che ci vivete avere una strada in più, una ferrovia in più, non sarebbe male, ma per chi vi viene a trovare da fuori è tutto meraviglioso così com’è».

C’è un luogo del cuore?
«Marina di Ragusa, tutta la provincia di Ragusa. Ma conosco benissimo Palermo e la amo, come amo Trapani, Catania, dove ho lavorato tantissimo da ragazzo. Conosco meno Messina. Ma il luogo del cuore è dove abbiamo girato Montalbano».
C’è già un nuovo film?
«Certo che c’è! Come produttore stiamo girando per la Rai la storia ispirata alla preside di Caivano, Eugenia Carfora, interpretata da mia moglie. Poi c’è un altro film, tratto da un libro, che sto cercando di realizzare».
Il FILM “LA CASA DEGLI SGUARDI”
regia LUCA ZINGARETTI
soggetto e sceneggiatura GLORIA MALATESTA STEFANO RULLI LUCA ZINGARETTI, liberamente ispirato al libro “LA CASA DEGLI SGUARDI” di Daniele Mencarelli (Mondadori)
scenografie GIADA ESPOSITO
costumi CHIARA FERRANTINI
musiche MICHELE BRAGA
conLUCA ZINGARETTI
GIANMARCO FRANCHINI, FEDERICO TOCCI, CHIARA CELOTTO, ALESSIO MONETA, RICCARDO LAI,
MARCO FELLI, CRISTIAN DI SANTE, FILIPPO TIRABASSI
Il film è prodotto da Angelo Barbagallo, Gabriella Buontempo e Massimo Martino per BIBI Film e Clemart, con Rai Cinema, Stand By Me e Zocotoco. Distribuito da Lucky RedCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA