Travolgente e "scorretto" Checco Zalone invade l'Ariston superospite della seconda serata e si lancia in una "fiaba", una rilettura di Cenerentola contro l'omofobia, poi diventa un rapper, quindi Oronzo il cugino virologo di Al Bano. Una lunga serata conclusa con la classifica generale dei 25 big cantanti in gara in base al voto della sala stampa:
Elisa
Mahmood & Blanco
La Rappresentante di Lista
Dargen D’Amico
Gianni Morandi
Emma
Ditonellapiaga e Rettore
Massimo Ranieri
Irama
Fabrizio Moro
Giovanni Truppi
Noemi
Sangiovanni
Michele Bravi
Rkomi,
Achille Lauro feat. Harlem Gospel Choir
Matteo Romano
Highsnob & Hu
Giusy Ferreri
Iva Zanicchi
Aka 7even
Le Vibrazioni
Yuman
Tananai
Ana Mena
Zalone, per la prima volta al Festival, parte con il mitico "c'era una volta" ambientata "in un calabro villaggio" per arrivare a un trans brasiliano che frequenta il principe, disapprovato dal padre. Un condanna dell'omofobia che diventa canzone, sulle note del brano di Mia Martini "Almeno tu nell'universo" tramutato in «Che ipocrisia nell’universo» con un vecchio professore di greco antico e un trans brasiliano, che alla fine sentenzia: "Di me si sa che io sono metà e metà, ma tu sei un coglione intero!".
Checco Zalone porta la sua irriverenza sul palco dell’Ariston. E parte dalla galleria. «Parto da qui perché questa è la mia gente, la gente vera, e voglio partire da qui, umiltà, Amadeus, voglio partire con loro, perché amo il popolino». Prima finge commozione, «mi sento un Maneskin», riferendosi alle lacrime di Damiano ieri sera, poi spiega: «Vengo da un piccolo paese, da Capurzo. Mi merito tutto questo? Poi vedo te e dico 'sì, me lo merito'. Grazie, perché ci fai sentire tutti geni. Pensavo che Amadeus fosse incapace, invece c'ha ritmo, anche nelle scelte delle canzoni, e poi ha avuto la bellissima idea di invitare Ornella Muti doppiata dalla De Filippi. Tra le conduttrici manca però una scema, l’italiano medio ci è rimasto male».
"Ma perché non hai chiamato almeno una scema?". «Un giorno – insiste il comico – Amadeus capirà che la donna può stare un passo in avanti, ma è un uomo di un’altra epoca, non possiamo condannare il suo maschilismo endemico, i tempi stanno cambiando, ma i pregiudizi non possono essere scrostati dal detersivo, "non siamo mica tutti donne, possiamo però insegnare ai giovani che esiste l’amore universale».
E così, accompagnato da Amadeus, voce narrante al leggio, racconta la sua storia lgbtq ambientata in Calabria: protagonista è Oreste, trans brasiliano che viene invitato al ballo a corte. E’ colpo di fulmine con il principe, ma il re omofobo non vuole: peccato però che il sovrano sia un «cliente affezionato» di Oreste. «Stiamo facendo servizio pubblico», graffia Zalone. Rilegge Mia Martini con «Che ipocrisia nell’universo» e conclude con l’ennesimo doppio senso: «Se ci sono denunce, querele interrogazioni parlamentari, il foro di competenza è di Amadeus».
Tornerà dopo con un'altra gag: si presenta come un trapper un poco più in là negli anni e a rivelarlo è già il nome scelto: Ràgadi, è accompagnato dai produttori Cisti e Fellea, con evidenti sofferenze, sin dalla seduta al pianoforte su un cuscino a ciambella. Lancia la sua canzone tra il rap e il trash dal titolo 'Poco ricco', perché in effetti il protagonista del brano non era povero e neanche disagiato, semmai 'poco agiato'… «Non sono nato povero, sono poco ricco», rappa. E’ il disagio di chi «ha la Playstation 2 quando già c'era la tre», o «vede le insegne di Prada, ma sente una voce amara che dice Zara», "compra i croccantini per il cane Bracco da Cracco», ha «la madre devastata perché in casa ha una sola filippina», e «un padre eccezionale che va a puttane dentro il Bosco verticale» e pensa «il duomo lo compro io, si può sfrattare Dio». "Con questo brano, vincerò io il Festival", assicura ad Amadeus, pronto a 'soccorrerlo' durante i suoi ripetuti e sofferti piegamenti.
Terza gag: canta come Al Bano ed è suo cugino, Oronzo Carrisi da Cellino San Marco: è il personaggio con cui Checco Zalone sbertuccia i virologi. «Prima a Cellino il virologo stava sotto il podologo e l'estetista, poi c'è stato il riscatto: vorrei dirlo a tutti i giovani vulcanologi, tornadologi, marematologi: non vi preoccupate, prima o poi Fabio Fazio vi chiama pure a voi. Stavo per abbandonare la virologia, poi è arrivato il primo tampone positivo di Cellino San Marco e mi ha cambiato la vita».
«Questa variante segnerà la fine della pandemia, è d’accordo?», gli chiede Amadeus. «Chiedi se un virologo è d’accordo con un altro virologo? Vuol dire non capire un cazzo di virologia. Purtroppo – sottolinea – la pandemia sta per finire, è brutto pure per te, perché secondo te alle 8 quando finisce la pandemia la gente guarda quella cazzata dei Soliti ignoti? Non ti prende più neanche Tele Cellino». Poi canta 'Pandemia ora che vai via», firmata da tutti i virologi, da Brusaferro a Burioni, da Pregliasco a Rezza e a dirigere l’orchestra c'è "Beppe Virussicchio».
Poco prima c'era stato il monologo della co-conduttrice Lorena Cesarini, attrice di origini italo-senegalesi, protagonista nella serie televisiva italiana Suburra, in onda su Netflix.Non trattiene le lacrime parlando di razzismo sul palco del Teatro Ariston.
Abito lungo argento che lascia le spalle scoperte, l’attrice ha confessato: "Subito dopo l’annuncio, a 34 anni scopro che non è vero che sono una ragazza italiana come tante: sono nera. Fino ad ora nessuno aveva sentito l’urgenza di dirmelo e invece appena Ama ha dato questa notizia, delle persone hanno voluto dirlo a tutti", ha detto per poi leggere alcune frasi di odio ricevute sui social: "Non se lo merita", "l'hanno chiamata lì perché è nera", "è arrivata l'extracomunitaria", "forse l’hanno chiamata per lavare le scale e innaffiare i fiori", ha elencato mentre dalla platea qualcuno ha gridato "sei bellissima". E una signora ha aggiunto: "Sei italiana!"
La commozione è aumentata sul finale del monologo dell’attrice, quando spiegando di aver cercato una risposta alle azioni degli hater, ha letto un dialogo del celebre "Il razzismo spiegato a mia figlia" di Tahar Ben Jelloun.
Standing ovation all’Ariston per Iva Zanicchi: a 82 anni appena compiuti, unica donna con tre vittorie al festival, nel 1967, nel 1969 e nel 1974, è tornata in gara con Voglio amarti. «Il mio festival – dice commossa – può finire qua, altro che papalina!».
La classifica
1 Elisa "O forse sei tu"
2 Emma
3 Ditonellapiaga e Rettore
4 Irama
5 Fabrizio Moro
6 Giovanni Truppi
7 Sangiovanni
8 Matteo Romano
9 Highsnob & Hu
10 Iva Zanicchi
11 Aka 7even,
12 Le Vibrazioni
13 Tananai