L'evento
Siracusa: Odissea all’aeroporto, successo per l’Ulisse pop e classico di Peparini
Per la prima volta l'Inda presenta al Teatro greco uno spettacolo che unisce musica, danza e recitazione
Giuliano Peparini creò lo spettacolo perfetto. Quando il pubblico giunge al Teatro greco di Siracusa in abiti eleganti per assistere al quarto spettacolo della stagione dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico “Ulisse. L’ultima Odissea”, con la regia di Giuliano Peparini, Giuseppe Sartori alias Ulisse è già in scena. Sdraiato riposa. Dorme. Un grande aeroporto, un luogo non-luogo dal quale si parte ma nel quale a volte si resta bloccati. Il visionario Peparini immagina così le sue scene, curate da Lucia D’Angelo e Cristina Querzola, e porta sul palcoscenico 100 persone, tra performer, danzatori, attori ed equilibristi a parlarci delle avventure di Odisseo e che in movimenti sincroni regalano stupore. Lo spettacolo inizia con 20 minuti di ritardo ma si respira un’aria così gioiosa che il tempo passa velocemente. Colpisce subito la pista di atterraggio ma anche il grande videoled di fondo dove viene proiettato ora il tabellone dei voli, poi immagini che evocano gli incontri più significativi del poema di Omero. C’è una tempesta. Il caos. I viaggiatori sono in tilt. Sul tabellone accanto a “departures” compare in rosso la scritta “cancelled”.
Odisseo si ritrova in una sala di attesa affollata. È inquieto, smarrito e supplica Zeus di farlo arrivare a casa. In scena per tutto lo spettacolo anche Massimo Cimaglia, clochard dei nostri tempi, aedo nel mondo classico ma che diventa anche un indimenticabile Polifemo che da gigante furibondo si placa e si rivolge a Poseidone in una sorta di supplica da cui emerge tutta la sua fragilità.Le avventure raccontate vengono presentate come dei quadri. Al centro una fontana, a lato un pianoforte ma tutte strutture sceniche che contribuiscono al movimento: sedie, carri che combinati diventano banco check -in, zattera, tavolo. Il mare diventa tempesta attraverso un telo di seta che si muove e volteggia su tutto il palco; c’è una grande sfera sotto l’ala di un aereo che poi diventa l’occhio di Polifemo; c’è un container a forma di parallelepipedo posto in alto che è pensiero, ricordo, nostalgia, approdo. Classico e contemporaneo camminano fianco a fianco. La tradizione viene proposta in chiave pop attraverso l’innovazione e l’esperimento riesce alla perfezione. Esperimento che porta il pubblico più di una volta ad interrompere con lunghi applausi lo spettacolo.
Giuseppe Sartori, svestitosi dai panni di “Edipo re”, tragedia fortunata diretta lo scorso anno da Robert Carsen, affronta e supera anche questa sfida ricevendo applausi e consensi. Una prova anche fisica che lo vede spesso muoversi e danzare insieme ai compagni. E in questo succedersi di eventi c’è Massimo Cimaglia che lo aiuta a ricordare insieme al suo inseparabile Argo (Gabriele Beddoni), che veste e spoglia la scena portando con sé un carrello di maschere e oggetti. Mise en scène pulita, accurata dove niente è lasciato al caso, anche i saluti finali diventano coreografia. Le sonorità a volte potenti, a volte dark, a volte sensuali delle musiche composte da Reuben and the Dark arrivano e restano nell’anima. Concitati divengono i versi nella poetica traduzione di Francesco Morosi quando Odisseo ricorda la guerra o il voler spingersi oltre nell’isola dei Ciclopi.
Una menzione a parte il quadro delle sirene, impersonate da uomini e donne, in una gonna a coda rossa di un taffetà lucente, realizzate dalla costumista Valentina Davoli. Resiste al dolce canto delle sirene ma anche dell’equilibrista canadese Theo Legros-Lefeuvre e diventa spettacolo nello spettacolo. Indimenticabile Giovanna Di Rauso di rosso vestita che è Circe, una fetish girl dei nostri giorni, una dominatrice che gestisce gli uomini trasformati in lupi. Nostalgico e struggente risuona quel “Madre mia” nell’incontro con Anticlea (una convincente Giulia Fiume che è anche Calipso) nel regno dei morti. Odisseo, “l’uomo dai molti sentieri” come lo traduce Morosi, non fa ritorno a Itaca. E tra i versi di Omero, uno: “Se voi non foste non sarebbe il canto” , omaggio al poeta Giovanni Giudici. Alcune soluzioni potrebbero sembrare un po’ “ruffiane” ma se può servire a far conoscere i classici, ben vengano.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA