Spettacoli
Samuel torna con i Subsonica: «Il mio viaggio in solitaria è alla fine»
Che spettacolo sarà e, più in generale, come ti sei trovato in questo tour?
«Sarà un concerto molto completo. Si ascolta tutto l’album, con alcune canzoni trasformate in chiave più “fisica”, da ballare. Mi sono trovato molto bene perché ho avuto la possibilità di sperimentare. Il palco è un posto che amo molto e ho costruito il mio mondo in totale libertà. Dietro di me ci sarà un grosso schermo di 70 mq che mi aiuterà a raccontare l’immaginario del disco. Ogni brano con un video diverso, una specie di film del concerto. È stato un lavoro duro ma sono contento di aver realizzato questo spettacolo».
Proporrai anche un inedito che si intitola “Il rischio”. È quello che hai corso affrancandoti dai Subsonica?
«Sì, anche se è stato un rischio relativo. Sapevo cosa volevo fare e sapevo di poter contare su un gruppo che mi avrebbe aspettato. Il rischio è stato quello di tirar fuori la mia vena creativa da una zona molto protetta, che in qualche modo mi limitava. Quando esci da una realtà così consolidata e importante spesso si creano dei paragoni. Vedendola così, sì è stato un rischio. Ma mi sono divertito molto. Volevo fare un disco pop e vivere quell’esperienza da classifica, da singoli nelle radio… Tutte cose che all’interno di un gruppo come i Subsonica non puoi permetterti di fare. Sono contento di come è andata, ho avuto un bel riscontro».
Hai scritto i brani del disco tra Torino, Roma e Palermo. Che ci facevi in Sicilia?
«Amo la Sicilia e ormai da anni, quasi tutte le estati le passo nell’Isola. Frequento gli amici e cerco di ritrovare le mie radici, che sono siciliane. Una parte della mia famiglia arriva da Palermo e da Marsala».
Cinque canzoni del disco sono firmate con Jovanotti. Cosa ti ha lasciato questo incontro?
«Nel momento in cui vai a misurarti nel mare tumultuoso del pop italiano, Lorenzo è uno dei migliori navigatori che esistano. Ho imparato da lui a fare i nodi e a spiegare le vele (ride, nda). Ho preso tante informazioni che mi hanno aiutato a crescere e, soprattutto, ho capito cosa significa essere un cantante solista».
Qualche foto postata sui social e due parole – back home, ritorno a casa – hanno scatenato l’entusiasmo del fan dei Subsonica.
«Abbiamo fatto la prima riunione e dall’anno nuovo inizieremo a lavorare al nuovo album. È una cosa che più o meno sapevamo sarebbe accaduta ma dopo quest’ultimo periodo di viaggi in solitaria è stato molto toccante rivederci. Abbiamo sempre rassicurato il nostro pubblico: i nostri progetti solisti sono stati un espediente per crescere. Ognuno porterà nuova vitalità creativa».
In una foto con Boosta hai mostrato un vecchio floppy disk…
«Lì dentro ci sono i suoni del campionatore Akai che utilizzavamo per fare i dischi all’inizio della nostra avventura. I suoni di pezzi come Discolabirinto, Aurora sogna e altri».
Un tuffo in un periodo forse irripetibile per la musica indie in Italia. Com’è cambiata la scena?
«Ci sono stati alti e bassi. Adesso si sta vivendo un’ottima stagione. Si sta tornando alla concezione che non è importante avere un singolo nelle radio per portare tanta gente ai concerti. Questa cosa qui ricorda molto gli anni Novanta».
Che sensazione ti ha dato rifare Sanremo 17 anni dopo la partecipazione con i Subsonica?
«Avevo proprio il piacere di fare il cantante stile anni Sessanta e volevo vedere cosa succede nel mondo della musica italiana. È un mondo molto particolare visto dagli occhi di uno che arriva da un circuito molto diverso. La prima volta con i Subsonica ero abbastanza incosciente. Stavolta volevo proprio capire cosa succede dentro quel mondo. Ho raccolto molte immagini e sto lavorando perché diventino un documentario».
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