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Quando la gola non è peccato: “Le ricette del convento” con tre monaci siciliani

Su Food Network da oggi ogni sabato pomeriggio il programma con i tre benedettini dell’abbazia di San Martino delle Scale di Monreale

Di Ombretta Grasso |

Come Johnny Dorelli in un famoso musical, don Riccardo, lunga tonaca nera, barbetta rossiccia e aria rubiconda, entra in cucina cantando “Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più…”. «Dal chiostro si sentiva un profumo divino…», dice ironico mentre armato di forchetta assaggia i bucatini alla contadina, il peccato di gola preparato dai suoi due confratelli. Sembra quasi una commedia, di quelle garbate e sorridenti di altri tempi, il programma “Le ricette del convento”  – su Food Network da sabato alle ore 18.15 –  con protagonisti tre monaci benedettini siciliani che preparano manicaretti nella cucina del monastero di San Martino delle Scale a Monreale. 

Ai fornelli ci sono don Salvatore Pellegrino, 35 anni, originario di Belpasso, studi all’istituto Alberghiero, in convento a Nicolosi dal 2016, adesso a Monreale per seguire Teologia a Palermo, e don Anselmo Lipari, il decano, originario di Alcamo, docente di Teologia, che aiuta nella preparazione e racconta aneddoti e curiosità storiche o religiose sui piatti. Don Riccardo Tumminello, di Monreale, il più giovane, compare invece al termine di ogni puntata intonando canti gregoriani e inni sacri prima di assaggiare le pietanze.

Ma come è arrivata in tv la sobria cucina dell’abbazia, con gli albarelli sulle mensole e la statua del santo a vegliare sui tre deliziosi protagonisti? «Tutto è nato per caso – racconta don Salvatore – siamo stati contattati e abbiamo pensato che potesse essere utile per far conoscere questo antico convento, per la comunità. Un mondo che non viene mostrato comunemente. Molte persone sono venute a trovarci soprattutto per scoprire la realtà monastica, che cosa si fa in monastero, com’è la vita dei monaci. Poi, una volta arrivati qui, si resta colpiti dalla bellezza del luogo. Tanti palermitani non sapevano neanche della sua esistenza». Stare davanti alle telecamere  all’inizio non è stato facile. «E’ stata avventura. Io mi sentivo in imbarazzo, c’era la paura di sbagliare, ci sono i tempi, le riprese da ripetere. Ma tante persone sono venute in monastero perché ci hanno visti e questa è una bella cosa».

Dentro ogni piatto della cucina siciliana c’è un convento. Cibi semplici e tradizionali, dal biancomangiare alla “finellina in brodo di pesce”, dalla frittata Agostina, in onore del santo, ai “cutumè”, un dolce antico dal profumo di cannella, preparati tra qualche aneddoto e canti sacri,  in un clima conviviale e sorridente. Don Salvatore si è documentato «su  una raccolta di antiche ricette monastiche  non solo dei benedettini ma pure di francescani, agostiniani, carmelitani conservata nella biblioteca dell'abbazia, per preparare i piatti nel rispetto della tradizione. Ricette che spesso fanno parte della cucina siciliana. Pietanze povere, come il pane cotto, altre molto  sostanziose, perché i monaci si alzavano prestissimo e svolgevano lavori manuali». 

Nel grandioso monastero fondato nel 1347, con tre chiostri e due cortili, la basilica con un antico organo, vivono 16 monaci che producono anche due birre Hora Benedicta, una scura e l’altra bionda (e in lavorazione c’è la rossa), con cui hanno pure vinto dei premi. Don Anselmo si occupa del refettorio, don Salvatore dell’orto, don Riccardo dell’accoglienza degli ospiti. «L’abbazia ha una foresteria – spiega ancora don Salvatore – c’è chi vuole restare qualche giorno con noi, chi vuole trovare conforto nella preghiera, chi vuole fare un ritiro spirituale. Vengono gruppi in visita, gli scout, i parrocchiani. Gli ospiti in monastero non mancano mai.  Chi viene ci ringrazia: “C’è una pace qui, si respira un’aria così serena”, dicono. In tanti sentono la necessità di fermarsi e spesso di ritornare per  l’ordine, la quiete, la preghiera, il silenzio che qui si può trovare».  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA