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L'intervista

Monica Guerritore, la “guerrillera” del palco mattatrice e narratrice per “Amore e Psiche” stasera al Mythos Troina Festival

L'attrice: «Non avevo ceduto a filmetti alla Pierino, ma il cinema degli anni ’80 considerava i film in cui si trattava di sessualità al femminile come di serie B. Un’altra prova fu rimanere senza Gabriele…».

Di Carmelita Celi |

Si fa presto a dire “C’era una volta”. Nossignore, con lei va detto e ridetto purché sia coniugato al presente. C’era e c’è.Un presente infinito e un infinito presente per Monica Guerritore, principessa guerrillera d’arte e spettacolo nella favola “vera” che è la sua vita, oggi celebra niente di meno che le nozze d’oro con il mestiere d’attrice giacché era il ’74 dell’altro secolo quando dava volto, voce, intensità, bellezza ad Anja nel “Giardino dei ciliegi” di Cechov secondo Giorgio Strehler al “Piccolo” di Milano.E giustappunto di una vera favola, “Amore e Psiche” di Apuleio, Monica sarà “narrattrice” oggi alle 20, all’Anfiteatro della Radura, per il “Mythos Troina Festival”, creatura dell’attore Luigi Tabita.Qual era il “c’era una volta” che amava di più da bambina, Monica?«Sicuramente “La bella addormentata nel bosco” il cui finale sembra curiosamente coincidere con quello di “Amore e Psiche”: lei crolla in un sonno profondo che solo la “puntura” del bacio di lui interromperà».C’è una favola in cui crede ancora, in termini etici, politici, sociali?«Le favole ovviamente non danno speranza, piuttosto impongono prove su prove attraverso cui si può arrivare ad un risultato. Da bambini, “E vissero tutti felici e contenti” è sempre rappresentato dall’incontro con l’amore, è lui a darti completezza. Non c’è una favola in cui credo anche perché la mia vita è stata una favola. Aveva un mago, Strehler. “Il sogno che realizzerai è diventare una brava attrice”, me lo disse che avevo 15 anni e al teatro non pensavo davvero. Gli feci una promessa, gliela dovevo perché un grande m’aveva dato tanto credito vedendo l’invisibile. Da allora, tra lui e me la favola avrebbe frapposto non poche prove come le distrazioni degli anni ’80 a cui ho resistito rimettendomi in carreggiata».Distrazioni?«Il mio desiderio (in cui ancora credo!) di andare al di là del racconto teatrale ed entrare nel mondo del cinema con film che potessero parlare anche della sessualità femminile. Ma fu travisato. Benché non avessi ceduto a filmetti alla Pierino, il cinema degli anni ’80 distingueva i film “importanti” da quelli in cui si trattava di sessualità al femminile come fossero prodotti di serie B. Ciò mi allontanò dalla grande considerazione di cui godevo in teatro, faticai molto per tenere la barra dritta continuando ad andare in scena ogni anno e puntando sul pubblico che mi ha sempre seguito. Un’altra prova fu rimanere senza Gabriele…».Per licenziare però una splendida “Emma Bovary” con Sepe.«Sì ma fu osteggiata dai direttori dei teatri. “Dov’è Lavia?”, insistevano. Tuttavia l’anno dopo, Franco Martini vendette lo spettacolo al triplo. Poi la malattia: “Giovanna d’Arco” con il tumore».Amore ed Anima. È stata la seconda a dettar legge sul primo?«No. L’intelletto e il cuore sono sempre andati insieme. Non mi sono mai abbandonata in misura assoluta senza “guardare”. Io non smetto di osservare particolari che sfuggono all’inizio ma alla lunga possono essere lesivi. È l’“insieme” dell’amore che mi ha tenuta viva, nei miei grandi rapporti affettivi, con Gabriele e con Roberto (Zaccaria, ex presidente della Rai ed ex parlamentare dem, ndr). Personalità talmente piene per passione, intelletto, forza! Correttezza, specialmente. Per me l’etica è fondamentale, non potrei mai convivere con chi non condivide la mia visione del mondo e, insisto, non sono come Psiche che vuol conoscere ma lo fa solo mentre lui dorme, lo fa quasi da spia».Come se la conoscenza fosse una trasgressione.«Già, la sua ricerca non si predica di Eros ma di Pan che è disordine».

Dopo la favola di Apuleio per Mythos, c’è “La sera della prima” alla Versiliana, a settembre un film commedia in cui è protagonista di uno dei 3 episodi ma la cui uscita, come il suo film su Anna Magnani, è sottoposta allo sblocco del tax credit, non ancora decreto attuativo e destinato ad operazioni sostenute dal Ministero. Poi “Inganno” su Netflix e la quarta ripresa con Carlo Verdone.Se la vita è ciò che ti succede mentre sei impegnato in altri progetti, diceva John Lennon, come respira in questo ossigeno infestato da “veline” e “velinari”?«Mi espongo da sempre, ho raccolto l’appello della Segre e dei 180 Costituzionalisti a piazza dei Santi Apostoli e ho chiuso le manifestazioni parlandone anche su Instagram. Io sono “citoyen”! Cerco di comunicare ciò che è importante sapere senza dare orientamenti né di voto né d’altro. Detesto la propaganda, anzi, metto in allarme sfuggendo ai suoi predatori, alla cattura della propaganda. La quale, giusto per fare un esempio aderente ai fatti qui ed ora, aveva messo una cappa nera su tutta l’Europa. E totalmente a torto! È stato infatti chiesto ai francesi che hanno prontamente risposto: NO, non è la maggioranza di noi a votare per l’ultradestra. È importante tenere sempre attiva e lucida la realtà delle cose. Lo faccio anche nel mio spettacolo, “La sera della prima”, dicendo che non c’è manipolazione che regga. Quando si parla ci si assume la responsabilità delle cose che si dicono. E soprattutto c’è un esercito clandestino che è il pubblico: riempie i teatri, ascolta cose particolari da Leopardi a Calvino e, perché no, persino le esperienze di un’attrice sulle fatiche del mondo. Poi, ecco l’ultima frontiera: una favola che, in modo semplice e diretto, può dirti tanto di tutto».C’era una volta, c’è ancora.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA