Nessuna poesia, lettura o pezzo recitato, «chiacchiere con il pubblico e chitarra in mano – spiega ancora – i brani di De André sono accostati a testi di Pasolini in uno spettacolo di teatro-canzone Quello che non ho che riprenderò in tour da febbraio ad aprile». Marcorè ha cantato in scena con Luca Barbarossa, con la Banda Osiris in Beatles Submarine, in un omaggio a Gaber, Un certo signor G e pure in tv nella serie Tutti pazzi per amore. Da cantante cambia il rapporto con il pubblico? «All’inizio c’era un po’ di sorpresa perché non tutti sanno che canto e suono e si stupivano di trovare sul palco un musicista che non lo fa per professione. Mi piace “sbaragliare” le carte, seminare in tanti campi. Etichette e compartimenti stagni mi fanno venire il prurito. L’attore è un arcobaleno che in certi passaggi può avere più rosso o più indaco».
Come una specie di sorriso nasce dalla sua passione per la musica che ha segnato il debutto in palcoscenico, «a 12 anni cantavo i Bee Gees in alcuni spettacoli di piazza. Se fosse andata diversamente magari avrei studiato uno strumento, mi piace suonare con gli amici». Nell’88 partecipa alla Corrida, e nel 90 è a Stasera mi butto con le prime parodie: Minà, Agnelli, Zoff. «Ero tra i finalisti, ci scritturarono per un programma della Carrà, una grande chance, ma un modo un po’ atipico di cominciare: la gavetta l’ho fatta “durante” la tv. Dopo un paio di anni ho pensato a costruire le fondamenta, studiando doppiaggio, recitazione».
Come una specie di sorriso forse parla pure di noi, di una generazione che ha guardato il mondo attraverso le canzoni di De André, guardando gli ultimi, credendo nell’impegno. «La politica oggi ha perso fascino, è tutto più banale, più uguale. Forse è anche l’età, ma da un decennio ci sono le stesse dinamiche. Disinnamorato? No, la politica è una cosa seria, nobile non ci si può disinnamorare del nostro destino, ma in questo momento ridere della politica credo sia meno interessante. Come se questa crisi oltre ai borsellini avesse “raschiato” anche lo spirito, non c’è voglia di ridere delle nostre disgrazie, c’è la voglia di uscire da una situazione plumbea. Una nuova stagione è iniziata ma i risultati non sono così evidenti, sembra un grande cantiere, magari tolti i teloni di copertura si vedranno».
In tv sarà Camilleri in uno dei 10 cortometraggi tratti da Donne, «una grande fortuna interpretare i suoi personaggi, l’episodio si intitola Ingrid e racconta anche in questo caso con una certa ironia un’esperienza in Svezia a contatto con usi e atteggiamenti sessuali ben diversi da quelli di un siciliano», poi in Mia moglie, mia figlia, due bebè, film tv di Eugenio Cappuccio in autunno su Rai1, mentre della serie da record d’ascolti con Anna Valle Questo nostro amore «girerò da settembre la terza serie ambientata negli anni 80». E al cinema? «Tutto quello che ho fatto sul grande schermo è arrivato dopo l’exploit del film di Avati, un grande regalo – racconta – In questa stagione sarò in Smetto quando voglio 2 e 3, anzi, Reloaded e Revolution in cui sei ricercatori sono costretti a fare mestieri impensabili. Per ridere con un sapore amaro della difficoltà del lavoro».