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Il disco

Lucio Corsi, straordinario talento cantautoriale

"Volevo essere un duro" il nuovo disco dell'artista che ha stregato il pubblico di Sanremo

Di Alberto Sparacino |

Aspettando che la Lucio Corsi mania (da cui nessun pubblico, dai seguaci più fervidi agli spettatori più algidi, sembra rimanere davvero slegato), travolga la Villa Bellini con il suo tour estivo 2025 previsto il 6 agosto, l’elfo maremmano, lo scorso venerdì ha voluto premiare i suoi fans rilasciando il quarto album: “Volevo essere un duro”. Un assunto, questo, oramai divenuto manifesto sul palco del festival di Sanremo che ha visto tutta l’Italia accapigliarsi in una sfrenata disamina tra chi dice: (“c’è chi lo ascoltava da prima”) e chi ne rimase folgorato assistendo alle sensazionali esibizioni da casa, e che attendono il fenomeno Corsi esibirsi all’Eurovision al posto di Olly che abdica per seguire progetti più urgenti. L’artista toscano è nella sua pura essenza il più straordinario talento cantautoriale che il nostro Paese abbia mai avuto negli ultimi venticinque anni, sia per l’inedita circostanza dei processi di approssimazione che l’hanno sviluppato che per i risultati che essa ha prodotto.

L’autore ci sorprende e ci trasporta in un viaggio iniziatico di pura, libera e genuina immersione panica nella natura della sua terra con il primo brano di apertura dell’album “Tu sei il mattino”. “Non me ne fregava niente/ di Pitagora e di Euclide. Gli occhi fuggivano via dalle finestre/nei prati di margherite”. E nella sua; totalizzata dall’Amore sin dall’incipit: “Sono nato a mezzogiorno/ tra le braccia di mia madre”. Una strenua resistenza nella difesa del supremo sentimento, ammantato da tappeti di pianoforti e archi Glam (come nelle ballate dei Shudder to Think in Velvetgoldmine), che denotano la complessità musicale del Nostro, rilevata fino al lunghissimo plot narrativo della ballata folk che conclude il viaggio: Nel cuore della notte, dove passa in rassegna storie e personaggi che riflettono e rimandano i suoi tumulti interiori pacificandosi in una sapiente risolutezza. Così come la sorniona, ammiccante e a tratti dissacrante “Sigarette”, canzone che trasuda l’esperienza di un flaneur cinico e disilluso mentre il fumo disegna patiboli alla noia. “Per stare insieme ad una donna/quanto tempo serve? Io sono geloso del mio tempo perso/ E dell’amara leggerezza/nel dolcissimo far niente. Noncuranza disattesa invece in “Situazione Complicata”, ballata in cui si canta della voglia di amare una più che perfetta archetipica Giulia, ma “L’unico difetto che ha è suo marito” per poi sfumare tra le note di coda in compagnia dell’amico Francis Delacroix accorso a ricordarci che “Questa vita ci schiaccia/ma non ha alcun peso” chiosa del brano Bubblegum pop orchestrale successivo.

Lucio Corsi è un alieno italico, figlio di Camerini e di Bowie con un vibrato elettrico e modulazioni suadenti che evocano il mito di Marc Bolan e dei Beatles. Il lirismo della sua dimensione poetica è votata alla descrizione di storie e personaggi, delineando un pantheon ora grottesco ora assurdo di situazioni e campionari umani caotici e coloratissimi, con una strepitosa aderenza al qui e ora. Brani come Francis Delacroix, Il Re del Rave e Let There Be Rocko sono un fulgido esempio del miracolo stilistico contenuto nella scrittura dell’autore che si compie tra paradossi arditi, analogie gloriose e congegni narrativi che detonano con le chitarre di Tommaso Ottomano e le punte della mitologica chitarra Wandrè Rock Oval.Vivere la vita è un gioco da ragazzi: da oggi Lucio Corsi c’è e c’è per tutti coloro che non vogliono una quotidiana rinuncia all’essenzialità dei buoni sentimenti e delle tradizioni.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA