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L’essenza di Goliarda Sapienza in uno spettacolo onirico

Di Maria Lombardo |

Sono cinque brevi capitoli, chiuso ciascuno da una canzone: “Goliarda music-hall” si ispira a “Il filo di mezzogiorno” e ci trascina nel labirinto interiore drammatico, ironico e poetico della scrittrice che rievoca i fantasmi del suo passato e le storie del presente. La vita di Goliarda è stata come un romanzo: è il suo romanzo capolavoro “L’arte della gioia”.

La scena si apre su un lenzuolo rosso appeso alle spalle di un letto vuoto. Alla maniera delle ombre cinesi dietro il lenzuolo una sagoma che si riconosce subito come Maria Giudice, la madre della scrittrice, donna da cui Goliarda ha preso molto sul piano ideologico ma che le è mancata molto come vicinanza fisica durante l’infanzia. I fantasmi si moltiplicano e diventano i problemi che avrebbero portato la scrittrice in manicomio. Tutto il resto è seduta psicanalitica popolata di storie che coinvolgono i genitori di Goliarda, fratelli e sorelle, Modesta, Nica, Enzo, Tuzzu e gli altri, le cui ombre non hanno mai abbandonato la vita della scrittrice. La Pace si ispira anche a “L’Arte della gioia”, “Ancestrale” ed “Elogio del bar”.

Goliarda ha una relazione con lo psicanalista, scrive furiosamente poesie. E’ come in trance, le parole fluiscono come da un flusso interiore. Le canzoni eseguite segnano degli stacchi fra un momento e l’altro che altrimenti sembrerebbero slegati. C’è un ritmo e una fluidità al tempo stesso. Gli interventi dei due bravi cantanti- chitarristi conferiscono allo spettacolo l’air du temps, alla narrazione scenica un andamento da leggenda. Forte ed emozionante soprattutto l’interpretazione della Pace.

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