Il pianista etneo Gianfranco Pappalardo Fiumara: «Che emozione suonare al Bellini di Catania con il Conservatorio di Palermo»

Di Redazione / 26 Settembre 2024

Un incontro con il pianista catanese Gianfranco Pappalardo Fiumara, artista a tutto tondo, pianista e professore al Conservatorio di Palermo che sarà interprete in un concerto beethoveniano eseguendo il terzo concerto del compositore di Bonn composto dal grande genio nel 1801. Pappalardo Fiumara si esibirà il 29 settembre 2024 al Teatro Bellini di Catania con professionisti, docenti, allievi ed ex allievi dello storico Conservatorio di Palermo, sotto la direzione del Maestro Giuseppe Crapisi, quest’ultimo specializzatosi nella classe di direzione d’orchestra con il direttore Carmelo Caruso ed oggi anch’egli stimato docente del Conservatorio. Altro importante protagonista il Maestro Riccardo Obiso, ex allievo del Conservatorio ed oggi esponente dell’Accademia Santa Cecilia di Roma.

Un gruppo quello del Conservatorio di Palermo che, pur partendo da lontano, è oggi un gruppo giovane avendo una guida altrettanto giovanissima, capace e che ama valorizzare il patrimonio materiale e immateriale del Conservatorio il Maestro Mauro Visconti, da poco eletto alla guida dello storico ente e che ha deciso di affidare il recupero del copioso patrimonio monumentale del Conservatorio all’esperto del settore dott. Nicolò Fiorenza, Ispettore regionale dei Beni Culturali, che presenterà storicamente la serata al Teatro Bellini.

Il prof. Mauro Visconti

Partiamo da qui per chiedere al Maestro Pappalardo Fiumara: come si sente nell’esibirsi a casa sua con il mondo accademico palermitano con il quale collabora ormai da molti anni?

«È una emozione unica e voglio ringraziare il direttore Prof. Visconti con il quale sono cresciuto insieme, eravamo giovanissimi colleghi appena all’inizio della nostra docenza e oggi sono circa 20 anni da allora. Quello di Palermo è un grande gruppo di lavoro che porta avanti con amore il Conservatorio di Palermo che educa quasi 1300 studenti provenienti da tutta Europa. Mauro Visconti è stato capace in poco più di un anno accademico di modernizzare il conservatorio partendo dalla sua storia, dalle esperienze importanti acquisite che partono da una solida gestione come quella di Carmelo Caruso e quella davvero riformista e progressista di Daniele Ficola. Tutte personalità che hanno distinto il Conservatorio portandolo a diventare una vera eccellenza formativa europea. Oggi, Mauro Visconti ha fatto qualcosa in più. Ha ripreso le radici secolari della storica istituzione insieme ad una equipe solida coordinata da Nicolò Fiorenza, esperto del settore e con l’aiuto magistrale del Prof. Giuseppe La Rosa, vicedirettore del Conservatorio. Tante scoperte e tanti ritrovamenti hanno dato luce alla storia del passato dei Florio, del Barone Pisani, protettore del Conservatorio, del viceré di Sicilia, tutti protagonisti della storica istituzione rendendo la stessa, oggi, un luogo monumentale da visitare. Ed io, inutile dirlo, sono onorato di potermi esibire da collega con i colleghi e gli studenti con i quali abbiamo un rapporto costruttivo ed osmotico giorno dopo giorno. Loro, vivono come noi una vocazione per l’arte costantemente, sacrificando molte ore al giorno per lo studio dell’arte».

Maestro, dalla nota stampa pervenuta leggiamo che è in partenza per la Lituania dove, quale visiting professor, sarà impegnato in una serie di concerti ed una lunga tournée con diverse tappe negli Stati Uniti, in Belgio e per un progetto di internazionalizzazione a Lagos.

«Si. Subito dopo il concerto al Teatro Bellini partirò per la mia attività concertistica in Belgio, poi New York alla Carnegie Hall e parteciperò assieme ai colleghi dell’Ufficio Erasmus del Conservatorio di Palermo ad un progetto di internazionalizzazione sulla musica del mediterraneo a Lagos. Sono molto onorato di ritornare alla Carnegie Hall di New York per la sesta volta con un programma dedicato al grande Beethoven. Per me è una emozione indescrivibile perché è il regno della musica mondiale. Ma anche in Belgio a Liegi, sono ospite degli italiani all’estero presso il Teatro nazionale e ringrazio per questo Angelo Mantione organizzatore impeccabile a Liegi».

E questo concerto al Bellini cosa rappresenta per lei?

«Per me è un ritorno, ho suonato più volte al Bellini con recital monografici, ospite del grande Piero Rattalino e di Stefano Ranzani alcuni anni fa. Ringrazio ovviamente il sovrintendente Giovanni Cultrera per aver accolto la nostra proposta che vede la partecipazione artistica di professori e studenti del Conservatorio di Palermo oltre che professionalità esterne in un programma dedicato all’amore e alla pace per una amata alla quale Beethoven per tutta la Sua vita ha volto il proprio pensiero».

Insomma, sembrerebbe che attraverso la musica si parli di Amore e quindi anche di Pace. Pace ed amore quali elementi indissolubili del vivere in armonia. Lei pensa che davvero che con la musica si possa perseguire un mondo più intriso di pace e amore soprattutto in questo momento?

«Lo dico sempre e da anni ed ora più che mai lo grido ed anche ai miei studenti, E’ noto che forse abbiamo parlato di pace legando questo termine troppo simbolicamente al nulla senza prospettive strategiche legate al benessere comune dei popoli. Io penso che fra le prospettive legate al nostro benessere possa esserci il valore della pace come diritto acquisito anche attraverso l’elemento naturale della musica quale linguaggio universale che accomuna tutti i popoli, concedendo ad ognuno di noi quel germe della non violenza che appartiene nella sostanza e nella pratica all’armonia ed alla melodia. Se parlassimo più comunemente fra i popoli , di musica attraverso le contaminazioni musicali ed i geni che hanno scritto musica come Bach, Mozart, Beethoven ed ancora se parlassimo di più di compositori afromediterranei come Kevin Volans, o le scuole orientali, accadrebbe qualcosa di magico, si organizzerebbero ad esempio più festival dove la parola contaminazione la farebbe da protagonista su tutto e contaminazione significa armonia, confronto e pace, si organizzerebbero più festival dove parteciperebbe gente appartenente a tutte le etnie senza differenza alcuna, con tutti i popoli del mondo ci soffermeremmo a parlare il nostro linguaggio comune ovvero la musica quale arte universale che ha i più grandi rimandi semantici legati alla bellezza. Quella della musica è la vera arma della non violenza contro le guerre. Spenderemmo più soldi per la pace attraverso la musica e ne toglieremmo tanti per le guerre attraverso le armi. Bisogna solo crederci».

Pubblicato da:
Alfredo Zermo