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Fedez attacca la destra, Angelo Duro resta in mutande

Fagnani e le carceri minorili, Pegah e i diritti negati in Iran 

Di Angela Majoli |

Dopo un debutto da 10,8 milioni di spettatori con il 62.4%, lo share più alto dal 1995, il festival democratico e transgenerazionale di Amadeus celebra nella seconda serata un pezzo di storia della musica, riunendo insieme per la prima volta Gianni Morandi, Massimo Ranieri e Al Bano. Sul palco trovano cittadinanza i diritti negati in Iran, con la testimonianza dell’attivista Pegah Moshir Pour, e nelle carceri minorili, con il monologo di Francesca Fagnani, che critica – senza citarlo – il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri. Ma a dare la scossa è Fedez, con un freestyle dal palco della Costa Smeralda in cui attacca tra l’altro il viceministro ai Trasporti Bignami e la ministra per la Famiglia Roccella. «Il testo non era stato annunciato allo staff Rai, me ne assumo tutta le responsabilità», precisa il rapper. 

 Nel pezzo, scritto da Salmo, Fedez parte dal caso Rosa Chemical, «forse è meglio il viceministro vestito da Hitler», dice strappando la foto di Galeazzo Bignami. «Purtroppo l’aborto è un diritto sì, ma non l’ho detto io l’ha detto un ministro», affonda contro Roccella. «A volte anche io sparo cazzate ai quattro venti, ma non lo faccio a spese dei contribuenti, perché a pestarne di merde sono un esperto. Ciao Codacons, guardo come mi diverto». C'è anche un riferimento alla sua malattia e alla morte di Gianluca Vialli: «Ho avuto il cancro e come un vero duro sono andato in tele e ho pianto, se penso a chi mi ha dato la forza guardo in alto il ricordo di Gianluca che porto su questo palco». 

 La serata si apre con Morandi, Al Bano e Ranieri, i tre tenori della canzone, in un medley dei loro successi senza tempo che trascinano l’Ariston. Andavo a cento all’ora, Se bruciasse la città, Mattino, Rose rosse, Scende la pioggia, Felicità, è una sfida tra hit, acuti e cori del pubblico. A Perdere l’amore, cantata con Ranieri da tutto il teatro, fa eco Morandi che emoziona con Uno su mille. Al Bano intona E’ la mia vita, poi teatro in delirio per il trio che canta Il nostro concerto, omaggio a Umberto Bindi. Per il leone di Cellino San Marco, che a maggio compirà 80 anni, arrivano quattro torte con le candeline da vent'anni. «A questo palco devo tutto», dice Al Bano prima di lanciarsi in una sessione di flessioni. 

 Ma l’emozione ha anche il volto intenso e la voce profonda di Pegah, consulente e attivista italiana di origini iraniane, "nata con i racconti del Libro dei Re, cresciuta con i versi della Divina Commedia». La sua testimonianza è dedicata ai diritti negati nel paese del medioriente: «In Iran non avrei potuto presentarmi così vestita e truccata, né parlare di diritti umani sul palco, sarei stata arrestata o forse addirittura uccisa, è per questo che, come molti altri ragazze e ragazzi, ho deciso che la paura non ci fa più paura e di dare voce a una generazione crescita sotto un regime di terrore e repressione, in un paese bellissimo, uno scrigno di patrimoni dell’umanità». A sostegno delle proteste, scoppiate a settembre dopo la morte di Mahsa Amini uccisa dalla polizia morale, Pegah intona, accompagnata da Drusilla Foer, le parole di una canzone diventata l’inno della rivoluzione e appena premiata ai Grammy, Baraye, scritta da Shervin Hajipour musicando i tweet dei ragazzi sulle libertà negate. Il commovente brano-preghiera si chiude con le parole chiave della mobilitazione, «donna, vita, libertà». 

 Di forte impatto anche il tema scelto dalla co-conduttrice Francesca Fagnani per il suo monologo: le carceri minorili e la scuola come opportunità di riscatto. «In Italia la prigione serve a punire il colpevole, non a educare né a reinserire nella società. Un autorevole magistrato che ha condotto inchieste importantissime – sottolinea la giornalista alludendo a Gratteri, senza citarlo – ha detto 'sono contrario allo schiaffo in carcere, nelle caserme, un detenuto non deve essere toccato nemmeno con un dito perché non deve passare per vittimà. Ma la ragione per cui non va picchiato non è questa, ma perché lo Stato non può applicare le leggi della sopraffazione e della violenza». 

 Tocca a Fiorello stemperare, a modo suo, il clima: «Ci ha pensato Fedez a toglierti le castagne dal fuoco», ironizza in collegamento con l’amico Amadeus, 'lo swiffer delle polemiche'. E torna sul caso Mattarella: «Io pure se devo andare in bagno chiamo il cda, voi invece fate le cose di nascosto, ma bazzecole, come portare il presidente della Repubblica a Sanremo». 

Si chiude con il comico palermitano Angelo Duro e il monologo duro e spiazzante in cui ha parlato di crisi della coppia, tradimento e prostituzione. Elenca le sue trasgressioni, come essere astemio e senza tatuaggi. "Io trasgredisco, non ho tatuaggi e dico ca…te da sobrio perché sono astemio. E le sparo comunque". E per questo si spoglia e fa vedere di non averne restando in mutande. Una stand up comedy irriverente e scomoda, urticante che gela la platea.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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