Esce il nuovo disco di Franco Battiato, ma sarà anche l’ultimo: è come un “testamento musicale”

Di Leonardo Lodato / 16 Ottobre 2019

«La poesia è distacco, lontananza, assenza, separatezza, malattia, delirio, suono, e soprattutto, urgenza, vita, sofferenza. È l’abisso che scinde orale e scritto». Aveva ragione Carmelo Bene, sì, proprio lui che, Franco Battiato, avrebbe voluto buttare “giù dalla torre” con Nostra Signora dei Turchi. Aveva ragione Carmelo Bene quando sosteneva che la vera presenza, quella più pesante, sta proprio nell’assenza.

Oggi a Milano, la presentazione di “Torneremo ancora” (Sony Music), il nuovo cd di Franco Battiato & Royal Philharmonica Cooncert Orchestra, alla presenza di Francesco Cattini, Francesco Messina e del sound engineering Pino “Pinaxa” Pischetola, Assente giustificato: Franco Battiato.

Pino Pischetola, parafrasando lo stesso Battiato, possiamo dire che “il peggio è passato”?

«Secondo me, sì».

Ci racconta la genesi del disco?

«L’unicità sta nel fatto che, per la prima volta Franco, nel 2017, è andato in tour con la Royal Philharmonic Concert Orchestra. Fin da subito, abbiamo deciso di registrare tutto, dalle prove ai concerti, perché un’occasione così non sarebbe capitata molte altre volte. Allora abbiamo deciso di usare anche un tipo di microfonatura quasi da studio, proprio per avere il massimo della qualità, e ci siamo ritrovati, ascoltando le registrazioni, a dire: cavoli, ma questo è materiale veramente notevole! E in più rappresenta un lato di Franco molto importante, cominciato con “Fleurs”, di rivedere in maniera classica alcuni brani famosi degli anni Sessanta così come brani che lui ha composto negli anni, partendo da un’orchestrazione quasi sinfonica. Poi, quasi per combinazione, Franco si è ritrovato per le mani un inedito, “Torneremo ancora”, scritto per Andrea Bocelli. E quando ha saputo che, per vari motivi, il cantante non lo avrebbe registrato, era contentissimo e ha detto: “Bene, bene, allora lo tengo per me”. Perché Franco è uno che non ha mai scritto un brano in più di quel che gli serviva. A livello di contenuto, tra l’altro, rappresenta un po’ quello che è il suo pensiero di questi ultimi anni, uno studio sul passaggio, sulla spiritualità, concentrandosi nell’unire degli studi spirituali più tradizionali a teorie di fisica quantistica. Ed essendo stato scritto per voce e orchestra si è deciso di farlo eseguire alla RPCO, così come il resto del disco».

Qual è l’approccio di Franco ai suoi collaboratori?

«Dal punto di vista umano è una persona di una generosità unica, e dal punto di vista professionale stiamo parlando, ovviamente, di un livello artistico elevato. Ha una grandissima conoscenza musicale ed è molto puntiglioso sull’esecuzione sia vocale che strumentale. Va sempre alla ricerca della perfezione».

Che senso ha, oggi, un disco del genere?

«La cosa che mi ha colpito è la quantità di musica sempre diversa e sempre originale che è presente in questo disco, pieno di canzoni che sono quasi dei classici della musica italiana, non ce n’è una che somigli a un’altra e quindi, senza nulla togliere alla velocità della musica attuale che è figlia dei nostri tempi e, quindi, non va denigrata, qui abbiamo a che fare con tanta musica».

E poi, c’è “Povera patria”, guarda caso, sempre attuale…

«La cosa pazzesca è che si tratta del brano più attuale degli ultimi vent’anni. Qui, come dice spesso Franco, il problema non è il brano ma tutto il resto che non si riesce a raddrizzare».

Gattopardianamente, cambia tutto per non cambiare niente.

«E’ vero, però non è un brano negativo, c’è la speranza. Sarebbe bello un mondo dove “Povera patria” risulti un brano del passato».

Torniamo al presente. Avete lavorato a Milo, un posto magico.

Franco è stato uno dei primi artisti a credere nel valore dell’home studio, e quindi, tutti i suoi album, sono nati a Milo o a Catania. Quel posto lo trovo veramente familiare. E nonostante tutto quello si è detto in questi ultimi mesi, non è nelle sue intenzioni vendere quella casa che è un posto magico».

C’è troppa speculazione sulla malattia di Franco Battiato. Nessun briciolo di pudore…

«Non voglio aggiungere altri elementi alla speculazione, ma da amico di Franco, quale mi posso ritenere, ho sofferto davvero tanto leggendo certe cose che mi hanno fatto stare veramente male. Certa gente, purtroppo, non so per quale motivo, forse per morbosità, ama specularci. Hanno pubblicato un fotogramma del video in cui siamo insieme a Milo, realizzato a fine agosto, con certi commenti in cui si diceva che questa immagine è vecchia. Io posso dire soltanto, a queste persone, che ogni volta che vedo Franco passiamo dei momenti bellissimi, e l’emozione che ha avuto ascoltando il disco finito, è un’immagine che annulla, dentro di me, qualsiasi amarezza per tutte le cattiverie fin qui sentite o lette».

E sempre in conferenza stampa, a Milano, Francesco Cattini, manager del Maestro siciliano, ha specificato, che il maestro “non sta male, ma non sta nemmeno sufficiente bene per essere presente a parlare di questo nuovo progetto. Sono tutte illazioni quelle fatte da un presunto amico e ci auguriamo che il maestro si riprenda presto». Parlando di “Torneremo ancora” ha detto invece che “questo di Franco sarà il suo ultimo brano, non abbiamo più suo materiale». 

Ecco perché suona, quantomeno, come un testamento musicale e spirituale, quel che Battiato dice nel brano: “La vita non finisce, è come il sonno, la nascita è come il risveglio finché non saremo liberi torneremo ancora e ancora e ancora…”.

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Pubblicato da:
Redazione
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