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Enrico Lo Verso, Uno Nessuno Centomila al tempo dei social

Di Luigi Roberto Mula |

Con “Michelangelo infinito”, solo per oggi e domani 20 novembre, a gran richiesta, di nuovo al cinema, ha offerto una magistrale prova d’attore.

Ha lavorato con i più grandi maestri del cinema italiano, come Ettore Scola, Gianni Amelio, Pasquale Squitieri e Giuseppe Tornatore, solo per citarne alcuni.

Stiamo parlando di Enrico Lo Verso che torna in Sicilia con lo spettacolo “Uno Nessuno Centomila”, per la regia di Alessandra Pizzi.

Il noto attore darà, così, corpo e voce a personaggi di non semplice interpretazione, attraverso la storia di un uomo che sceglie di mettere in discussione il propria vita, a partire da un dettaglio. Maschere pirandelliane, di complessa quotidianità, che lasciano il posto alla ricerca del sé autentico e vero.

In quest’intervista esclusiva l’attore palermitano si racconta, parla del suo rapporto con il teatro e ci svela tutto il suo amore per la Sicilia.

-Cosa si prova a recitare Pirandello a “casa” di Pirandello?

“Fino a qualche anno fa non avevo mai fatto classici in teatro. Il mio primo classico è stato “Tram che si chiama desiderio (Un)”, per la regia di Lorenzo Salvati. Così, dopo 12 anni di assenza dalle scene, ho accolto la sfida che Pizzi mi ha lanciato. Con “Uno nessuno Centomila” andiamo in scena non con un testo teatrale ma con un romanzo riadattato. Ritengo, infatti, che il ruolo dell’attore sia quello di dare la giusta intensità cromatica al quadro che l’autore ha in testa. L’attore diventa, così, il pennello, il colore: come il marmo per Michelangelo.”

-Gli spettatori hanno apprezzato questa rivisitazione?

“Al pubblico bisogna restituire non le parole ma il senso del pensiero dell’autore. “Uno Nessuno Centomila”, infatti, è la restituzione del pensiero pirandelliano tout court. In teatro lo spettatore vuole stupirsi e vedere un testo ripulito e rifiltrato, dai vizi e dai vezzi dell’autore, secondo il tempo in cui si vive. Compito dell’attore è ripagare il pubblico che è uscito da casa e, forse, ha anche rischiato di prendere una multa (sorride).”

– Quanto la tua sicilianità ti ha aiutato nella crescita?

Tantissimo! Il siciliano ha sempre la sensazione di essere spiato, guardato, ascoltato. Vive imparando ad usare la gestualità e le parole come se ci fosse sempre qualcuno nascosto dietro una persiana che scruta i suoi movimenti ed ascolta la sua voce. C’è, poi, l’abitudine sciasciana al ragionamento, all’articolazione filosofica che, probabilmente, abbiamo ereditato anche dai Greci. Il siciliano immagina ciò che vede con una prospettiva diversa, semplicemente perché la sta pensando con una prospettiva diversa. In questo modo, nel caso di Pirandello, si arriva più direttamente e giocosamente alla comprensione del pensiero.”

-Come reagirebbe oggi Vitangelo Mostarda al tempo dei social?

“In occasione delle tante matinée con le scuole ho detto proprio questo agli studenti: Era solo il 1925, ma Pirandello in realtà scrisse un istant book su Facebook. Quella che racconta è, infatti, l’angoscia dell’apparire, di un uomo che invia un’immagine in modo che gli altri lo possano vedere. Ma si rende conto che viene percepito diversamente. Mettere in discussione la propria vita sui social è un processo che ormai fa parte di un quotidiano collettivo, da qui la grande attualità di questa produzione teatrale, ben compresa dagli studenti che non fanno fatica ad indossare i panni del protagonista. C’è tanta gente che sui social vuol farsi vedere col naso dritto (sorride).”

– Il senso di Enrico per la Sicilia

“Gratitudine! (Si ferma e riflette): gratitudine e tristezza! Ritengo che tutto quello che ho venga dalle mie radici siciliane fatte di storia, arte e cultura. Noi siamo la terra di Tomasi di Lampedusa, Sciascia, Camilleri, Bufalino. Il siciliano ha bisogno d’ incontrasi nell’agora e di ragionare. Gratitudine, quindi, perché la Sicilia è una terra che offre tantissimo. Tristezza, perchè l’Isola è immobile e continua ad essere terra di conquista; permettiamo che pochi mettano il piede su molti: “Siamo vecchi Chevalley. Vecchissimi”.

Enrico Lo Verso (Uno) mi saluta con le parole del Principe di Salina, ed io (Nessuno) vengo assalito da “Centomila” pensieri. Pirandello docet.

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