È una tragedia senza catarsi, un sanguinoso finale di partita che oppone Dioniso, capriccioso dio della natura e della vita, a Penteo, rigida incarnazione del potere terreno e della ragione umana. Ultima e misteriosa opera di Euripide, “Baccanti” ispira l’omonimo spettacolo scritto e adattato da Laura Sicignano in coppia con Alessandra Vannucci che, dopo il debutto nei giorni scorsi a Messina, sarà a Catania nella sala del Verga del Teatro Stabile, da martedì 12 al 23 gennaio, poi a Palermo dall’1 al 6 febbraio, e in tournée nazionale fino al 31 marzo. Più volte annunciato e bloccato sin dall’ottobre del 2020 dall’emergenza sanitaria, “Baccanti” va in scena allo scadere del mandato della Sicignano come direttore artistico del TSC e ne ribadisce temi e visione: lettura in chiave contemporanea dei classici, coralità della messa in scena, centralità del femminile. “Riscrivere le tragedie, perché no?”, replica, “Gli stessi greci facevano così: prendevano miti e storie e li rileggevano con molta disinvoltura alla luce del proprio tempo. Il nostro è stato un viaggio sulla forza rivoluzionaria delle donne, sul concetto di capro espiatorio e sul mistero della divinità, che da Euripide ritroviamo nella ricca eredità culturale e letteraria del Novecento”.
Da “Antigone” a “Baccanti” sino a “Donne in guerra”, il tandem Sicignano/Vannucci scandaglia l’universo femminile. “L’indagine sulla tragedia greca è avvenuta attraverso protagoniste dalla forte valenza eversiva. Antigone è tragedia politica, Baccanti è tragedia del mistero, dell’irrazionale che irrompe nella rigidità del pensiero. L’approccio alla traduzione è stato diverso. Baccanti ci è pervenuto frammentario come a frammenti viene ridotto il corpo di Penteo, smembrato dalla madre baccante. Abbiamo potuto perciò lavorare con maggiore libertà nella traduzione e nell’adattamento, attente però a preservare l’immediata comprensione di una trama complessa e usando un linguaggio che speriamo risulti alto e poetico, nel quale riverberano citazioni di ogni tempo”. Secondo la regista meneghina, al pubblico viene affidata la libertà di ritrovare emozioni e suggestioni poetiche nella complessa trama polifonica dello spettacolo. “Orgogliosa di un cast che punta all’organicità del linguaggio scenico, attraverso la parola, la corporeità, la voce, la musica dal vivo, la visione. Linguaggi molteplici concorrono alla omogeneità della sintesi espressiva”.
Itinerario sui grandi temi dell’esistenza, “Baccanti” pone la questione del rapporto con la divinità, la tendenza dell’uomo a negarla in una hybris che prima o poi viene punita. Sulla scena, uno spazio atemporale e astratto in cui domina il nero, qua e là acceso da violente macchie di colore: è il luogo arcano dell’apparizione della divinità che diventa poi un palazzo dall’architettura lineare aggredito da muffe e infiltrazioni, simbolo di una natura che invade e si appropria delle costruzioni umane. Dioniso/Bacco è un dio bambino capriccioso e spietato, un androgino misterioso che, affiancato dalle donne, riconduce all’istinto, al rito arcaico della distruzione e della rinascita.
“Ne abbiamo restituito la metamorfosi, il continuo trasmigrare da bambino a donna, da uomo a divinità straniera della Zoé, della vita. Dioniso è divinità amorale, è la forza della natura che per leggi sue, non per punirci, ancora nel nostro tempo ci travolge malgrado il progresso scientifico e tecnologico”. Chi sono oggi le baccanti? “Sono donne che attingono alla loro forza interiore, sanno parlare all’universo, agli elementi naturali. Nella società contemporanea questa forza arcaica si va perdendo a beneficio della razionalità, o della civiltà che è ordine, regola, convivenza. La ricerca dell’equilibrio tra le due forze è compito difficile dell’uomo. Penteo è uomo di potere che non ascolta, non accetta il confronto e viene spezzato. Confluito nel tema junghiano delle ombre, il grande monito che la tragedia offre al nostro tempo è la necessità di non reprimere la natura profonda dell’essere umano, di cui le donne sanno sempre essere più autentiche testimoni”.