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Nonna Rosaria, “a signuruzza scausa”

Il Covid lascia a casa anche l’ottuagenaria nativa di Piazza Armerina devota della Patrona

Di Sonia Distefano |

Tra le presenze immancabili alla festa di S. Agata merita di essere menzionata nonna Rosaria Minnella, 82 anni, devota di Sant’Agata da quando aveva 21 anni, rimasta anche lei a distanza in questi due anni di pandemia.  Nonna Rosaria, o “a signuruzza” a piedi nudi, come è ormai conosciuta tra il folto popolo dei devoti di Sant’Agata, vive a Piazza Armerina, sua città d’origine. Da quel giorno in cui fu in fin di vita, per una malattia rimasta ignota ai medici, per quattro o cinque giorni all’anno, in occasione della festa della patrona del capoluogo etneo, nonna Rosaria si trasferisce a Catania, con la famiglia, per portare a compimento il suo dovere: mantenere la promessa che fece a Sant’Agata che le era apparsa in sogno.  A raccontarci la storia di nonna Rosaria è la nipote Carolina, 43 anni, che vive anche lei a Piazza Armerina. «Quando la nonna si ammalò era sposata e aveva già due figli, tra cui mia madre. Dopo tre giorni in cui la nonna fu in fin di vita, non mangiava e non beveva, e avevano anche chiamato il prete per l’estrema unzione, si risvegliò, si alzo e per tre volte ripetè “viva Maria”, e viva “Sant’Agata”. La nonna non conosceva nulla di Sant’Agata. Noi nipoti conosciamo quanto avvenuto perché questa storia ci è stata sempre raccontata. La nonna disse subito che Sant’Agata le era apparsa in sogno chiedendole un cero di fiori bianchi che le mostrò come realizzare».  La giovane donna allora cominciò ad industriarsi nella realizzazione di rose e gigli rigorosamente bianchi realizzati dapprima con la carta che aveva in casa, poi con la carta velina.  «Da allora la nonna ha sempre comprato due ceri gialli che ha rivestito interamente con i suoi fiori bianchi». Il primo anno partì per Catania con tutta la famiglia, il marito, le due figlie, e i suoi genitori.  «Da quando noi nipoti siamo nati abbiamo sempre accompagnato la nonna tutti insieme a Catania. Partiamo con un pulmino, perché in auto i ceri si spezzerebbero, e insieme compiamo il viaggio di devozione e ringraziamento che segue sempre lo stesso rituale. Ci mettiamo in strada solitamente il 2 o il 3 febbraio per poi ripartire il 6. Tutti indossiamo il sacco bianco, mentre la nonna mette sempre la veste azzurra con il colletto bianco, come quella che indossava la Santa, che ha fatto cucire apposta sin dal primo viaggio a Catania».  Nonna Rosaria così la mattina del 5 va a piedi nudi fino al Santo Carcere lasciando lì un mazzo di fiori. Poi, nel pomeriggio, sempre a piedi nudi, si mette in processione per il giro interno. Al rientro della Santa in cattedrale lascia il suo dono davanti al sacello della Santa. Anche l’anno scorso e quest’anno nonna Rosaria non ha mancato di preparare i due ceri con i suoi fiori bianchi, anche se non è stato possibile venire a trovare la Vergine e Martire catanese nella sua città.  «Dall’anno scorso siamo rimasti a casa – afferma Carolina non riuscendo a celare il dispiacere – la nonna segue sempre con commozione tutte le dirette tv delle celebrazioni, ma speriamo di poter venire a Catania per la festa di agosto. La nonna da quando aveva 21 anni non è mai mancata a Catania in occasione della festa, ad eccezione dell’anno in cui è morto suo papà. Infatti in questi due anni si sente in difetto nei confronti di Agata perché non può rimanere fedele al suo voto. Ricordo che un anno, addirittura, per un’infezione ai tendini, fece il viaggio anche se era in sedia a rotelle».  Nonna Rosaria a Catania è diventata ormai un esempio di fedeltà, costanza, affetto e devozione nei confronti della Santa. «Ormai la conoscono tutti i devoti e la rispettano. Con Sant’Agata la nonna ha un rapporto molto forte che le ha permesso di affrontare e superare le tante difficoltà che la vita le ha messo sempre davanti. Ricordo che quando morì mia madre, la nonna ebbe un momento di crisi, non voleva saperne più di nulla. Anche quella volta Sant’Agata le corse in sogno mostrandole la mia mamma. Così la nonna, aggrappandosi ancora una volta con fiducia a Sant’Agata, è riuscita ad affrontare e superare la perdita della figlia, insegnando a noi nipoti la strada per andare avanti, e offrendo sempre voti a Sant’Agata». 

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