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Le candelore, omaggio alla Patrona

Una festa antichissima che simboleggia la fiamma di luce che squarcia le tenebre

Di Redazione |

La festa in onore di Sant’Agata è talmente grande, che è stata catalogata come la terza più importante al mondo (dopo la Settimana Santa di Siviglia e la Festa del Corpus Domini di Guzco in Perù, per il numero di persone che coinvolge e attira). Il dono dei devoti sono le candelore, cerei di legno di diversa altezza e dimensione che vengono portati in giro durante le celebrazioni. Le strutture barocche o rococò vengono sorrette da un numero variabile di portantini e ognuno racconta la storia della corporazione che vi sta dietro.  Prima di “diventare” candelore, in realtà erano ceri semplici. Solo col tempo sono diventati sempre più grandi e complessi, barocchi nella struttura e scolpiti e ornati con immagini sacre e fiori: a costruirli erano nobiluomini o una intera corporazione, che omaggiava la Patrona con un dono prezioso. La candelora più piccolina, che oggi è custodita nella chiesa di San Placido, fu probabilmente voluta da mons. Ventimiglia dopo l’eruzione del 1776 che rischiò di invadere Nicolosi e Pedara. Tale candelora venne distrutta dai bombardamenti della secondo guerra mondiale e poi ricostruita.  Oggi risulta la meno imponente, ma anche quella che apre la parata e – proprio per le particolari dimensioni – tra le più apprezzate. Dopo il 1943 venne ricostruita dal geometra Giacomo Tropea e oggi sfila nei suoi 250 kg di suggestione.  Le candelore hanno sempre avuto un numero variabile: erano 22 nel 1514, passate poi a 28 nel 1674 e infine a tredici a inizio 900. Attualmente sono 13 (l’ultima in ordine di arrivo è quella dei Mastri Artigiani dell’Associazione Madonna Assunta). Dallo scorso anno è arrivata una nuova candelora, quella dei Devoti, realizzata dallo scultore Giovanni Sessa e ospitata alla chiesa di San Francesco di Paola alla Civita. La candelora, con elementi quali foglie d’acanto e fiori, contiene anche dodici putti che hanno in mano festoni o strumenti del martire e sulla sommità, la corona di Sant’Agata. I festeggiamenti agatini sono un caos di gente. Ma in realtà le candelore seguono un preciso ordine in processione. In successione, dopo la candelora più piccola, troviamo la candelora dei Rinoti, quella degli Ortifloricoltori, cui seguono quelle di pescivendoli, fruttivendoli e macellai. Poi arrivano quella dei pastai, quella dei pizzicagnoli, quella dei bettolieri. Infine, chiudono la processione quella di fornai e panettieri e quella del circolo cittadino di Sant’Agata e del Villaggio Sant’Agata. Le candelore un tempo avevano la funzione di illuminare il cammino dei devoti, dato che mancava la luce elettrica. E ognuna di loro ha un “nomignolo” particolare, scelto per le particolari fattezze della stessa.  Basti pensare, ad esempio, che il Cereo dei Fruttivendoli viene detto la “signorina” per il suo movimento e le sue forme eleganti, scandite alla base da 4 artistici cigni. Oppure il Cereo degli Ortofloricoltori (ossia giardinieri e fiorai), la più originale, viene definito ”la regina” per lo stile gotico e la corona che lo sovrasta. Oggi le candelore sono tredici, pesano dai 400 ai 900 chili e, a seconda della pesantezza, vengono portate a spalla da un numero di uomini variabile da quattro a dodici.  La candelora più grande o cereo dei Fornai e dei Panettieri è anche la più pesante e viene detta “la Mamma”: a portare questa candelora di 5 ordini in stile liberty sono ben 12 portantini e la stessa viene custodita nella chiesa di San Francesco all’Immacolata.  Pare che la festa sia stata istituita nel 492 da Papa Gelasio I oppure, secondo altri studiosi, dal Papa palermitano Sergio I nel 687. La festa delle candelore, che pare abbia sostituito un antico rito pagano, simboleggia idealmente la fiamma di luce che squarcia il buio delle tenebre.

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