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«In via Caetani c’è l’ultimo messaggio»: Ucciso Moro, un uomo morto

Dall’archivio.L’inviato Tony Zermo descrive minuziosamente il ritrovamento del cadavere

Di Tony Zermo |

Hanno ucciso un uomo  morto, politicamente distrutto  e fisicamente stremato. Un delitto infame.  Hanno assassinato Aldo  Moro barbaramente, con  una raffica di mitra sparata  da distanza ravvicinata.  Undici colpi, 4  al petto, 3 all'addome,  gli altri alle gambe. Sul  volto no, sul viso c'era una  lunga barba di una decina  di giorni, tutta bianca, ma  nessuna traccia di sangue. Il cadavere era lì, rannicchiato  nel vano posteriore  di una «R4» amaranto  targata Roma N. 57686.  L'auto era parcheggiata in  sosta vietata sul lato sinistro  di via Michelangelo  Caetani, una stradina che  sbocca da un lato in via  delle Botteghe Oscure e  dall'altro in piazza Lovatelli.  E’ il centro ”politico” di Roma, a cento metri  ci sono la sede del PCI  e quella della DC in piazza  del Gesù. Più in là l'Altare  della Patria.  Il corpo di Moro era  rannicchiato di traverso  nel vano posteriore della  «R4», tra il sedile di dietro e il portello di coda. Le gambe erano alzate, la  testa reclinata sulla sinistra. Il cadavere poggiava  su un plaid color ruggine  ed era coperto da un cappotto  blu spigato per evitare  che dai finestrini si  potesse vedere qualcosa;  indossava lo stesso abito  blu di 55 giorni fa, del  giorno del rapimento in  via Fani. Cravatta blu, camicia  bianca a righine con  i gemelli d'oro regalati  dalla moglie, calze blu,  scarpe nere molto pulite.  La telefonata dei brigatisti  era arrivata alle 12,58  al segretario particolare di  Moro, prof Rana. Una voce  d'uomo ha detto. «Qui  le Brigate rosse, in via  Caetani su un'auto rossa  c'è l'ultimo messaggio. Andate  a prenderlo». Il Viminale  era avvisato subito  dopo, e la segnalazione  veniva passata alla «Digos». Si perdeva del tempo,  veniva data scarsa credibilità  alla telefonata. Poi  alle 13,55 veniva scoperto  il cadavere. Un gesuita  della vicina chiesa del Gesù,  don Damiani, dava la  benedizione alla salma. Polizia  e carabinieri bloccavano  gli accessi alla strada  caricando giornalisti e  curiosi. Arrivavano i vigili  del fuoco con una grande  ambulanza rossa. Prendevano  delle tronchesi,  forzavano il cofano tagliando i circuiti elettrici per evitare l'esplosione di  eventuali ordigni, poi rompevano  il portellone posteriore.  Non c'erano dubbi, il  corpo era proprio quello  di Moro, riconoscibile nonostante  la grande barba  bianca e i lineamenti del  viso alterati. Dentro l'auto  venivano ritrovati in un  sacchetto nero per la spazzatura  gli oggetti appartenuti  a Moro: l'orologio, un  bracciale d'oro, il portafogli  e il portatessera. Dentro  l'auto i terroristi hanno  gettato cinque bossoli,  due si trovavano sotto  la schiena di Moro. Uno  «sfregio». Nel bagagliaio c’erano anche delle catene  da neve dentro uno scatolone.  Il corpo è stato tirato  lentamente fuori dalla «R 4» e adagiato su una barella.  Sul petto di Moro accanto  ai fori c'erano quattro  fazzoletti di carta per  evitare che uscisse sangue.  I pompieri hanno steso  sul cadavere una coperta  grigia. Poi è stato messo  nell'ambulanza rossa  dei vigili del fuoco ed è  stato portato via alle 15,15  all'istituto di medicina legale  dell'università.  Sull'auto, impigliati nella  chiusura del portello  posteriore, sono rimasti alcuni  ciuffi dei capelli di  Moro, come se durante il  tragitto dalla «prigione  del popolo» a via Caetani  la vettura avesse sobbalzato  numerose volte facendo  sbattere la testa di Moro  contro la portiera.  Mentre i vigili del fuoco,  gli uomini della «Digos», gli artificieri, i carabinieri  erano impegnati  ad estrarre la salma dallo stretto abitacolo, arrivavano  in via Caetani il  procuratore generale Pascalino,  il procuratore capo  De Matteo, il ministro  Bonifacio, Emilio Colombo,  Evangelisti, Morlino,  11 segretario di Moro, Rana;  da via delle Botteghe  Oscure i comunisti Pajetta  e Pecchioli.  C'era una soffocante atmosfera  di tensione che  prendeva alla gola. I volti  erano tesi, molti avevano  gli occhi lucidi. La gente  arrivava a ondate successive  e premeva contro i  cordoni delle forze dell'ordine. Migliaia di persone  erano affacciate alle finestre.  C'era uno strano  silenzio, innaturale. Si faceva  a spintoni per vedere  il cadavere di Moro anche  da lontano, ma nessuno  gridava, come se la  gente volesse solo vedere  e ricordare. Ricordare come  ammazzano le BR.  Quando l'ambulanza dei  vigili del fuoco ha portato  via il cadavere di Moro  e la «R4» è stata condotta  nel cortile della questura,  la polizia ha fatto entrare  tutti in via Caetani. Sul  luogo dov'era parcheggiata  la macchina sono stati  deposti fiori e cartelli. Un  rito simile a quello di via  Fani. Poi abbiamo parlato  con gli abitanti di via Caetani.  Una tabaccaia ci ha  detto: «La Renault è stata  certamente parcheggiata  lì stamattina alle 8. E' proprio  a quell'ora che io lascio  la tabaccheria per andare  a prendere il caffè al  bar vicino. Dopo non posso  perché arrivano gli impiegati  degli uffici vicini.  Ho visto scendere dall'auto  amaranto una bionda  magra e alta, più alta del  giovane che si trovava con  lei. La ragazza ha chiuso lo  sportello di guida. Poi  i due se ne sono andati a  piedi tranquillamente verso  piazza Lovatelli. Avevano  tutti e due dei jeans  blu. La ragazza bionda indossava  anche una giacca  a vento di quelle che  sembrano fatte di carta e  hanno delle scritte pubblicitarie.  Dovevano conoscere  bene questa strada perché  il parcheggio si può  trovare soltanto la mattina  molto presto, altrimenti  qui è sempre pieno di  macchine, nonostante ci  sia la sosta vietata». In  base alle descrizioni della  tabaccala la polizia sta cercando  di ricostruire un identikit  dei due terroristi  che hanno avuto il compito  di consegnare l'«ultimo  messaggio», il cadavere  di Moro.  La Renault amaranto ha  una targa che corrisponde  ad una delle «128» usate  dai brigatisti in via Fani.  E' rubata, ma in regola  con la tassa di assicurazione  e il bollo di circolazione.  La scritta della targa  e del modello dell'auto sul  contrassegno dell'assicurazione  è stata fatta con la  stessa macchina per scrivere  «IBM» usata dalle  BR per i loro volantini.  La targa è risultata appartenente  ad una Alfa Romeo  Giulietta di proprietà  dell'Alitalia di Roma e poi  di quella di Napoli.  La polizia ha subito esaminato  gli abiti di Moro.  Quelli della «scientifica»  hanno trovato nei risvolti  dei pantaloni blu un considerevole  quantitativo di  sabbia, come se Moro avesse  camminato su una  spiaggia. Ma le scarpe del  tutto pulite fanno ritenere  che la sabbia sia stata messa  lì dai brigatisti per depistare  le indagini. Anche  le catene da neve possono  essere un altro trucco,  in una tasca della giacca  di Moro è stato trovato un  pacchetto di fazzolettini di  carta.  La famiglia Moro è stata  subito avvertita del ritrovamento. In casa c'erano  tutti, anche la figlia  Maria Fida appena uscita  da una clinica dopo essersi  sottoposta a un'operazione  di ernia del disco.  La signora Moro e i 4  figli si sono recati all'obitorio dell'istituto di medicina  legale alle 17. Per  prima è entrata da sola  Eleonora Moro vestita di  nero. Si è inginocchiata  accanto al cadavere e ha  pianto sommessamente carezzando  il lenzuolo bianco  che copriva il corpo.  Poi l'hanno raggiunta i figli,  il fratello e la sorella  di Aldo Moro, i più stretti  collaboratori della famiglia,  Rana, Freato, Guerzoni.    Anche Anna Moro, la  secondogenita del presidente  della DC in attesa  di un bambino, ha pianto.  Gli altri sono rimasti in  piedi in un atteggiamento  di «grande dignità», ha  detto uno degli inservienti  dell'obitorio. I periti che  hanno compiuto una prima  ispezione cadaverica  hanno detto che la morte  risale all'alba. L'autopsia  verrà effettuata domattina.  In serata la famiglia Moro  ha diffuso il seguente  comunicato: “La famiglia  desidera che sia pienamente  rispettata dalle autorità  dello Stato e di partito la  precisa volontà di Aldo  Moro. Ciò vuol dire: nessuna  manifestazione pubblica,  o cerimonia, o discorso;  nessun lutto nazionale,  né funerali di Stato  o medaglia alla memoria.  La famiglia si chiude  nel silenzio e chiede silenzio.  Sulla vita e sulla morte  di Aldo Moro giudicherà  la storia”.  Il dolore si trasforma in  dura critica al partito. Un  dolore umanamente comprensibile,  ma che non tiene  conto dei principi dello  Stato.  Stasera tutti gli edifici  pubblici di Roma hanno le  bandiere a mezz'asta. C'è  indignazione, commozione,  panico per il tragico epilogo.  Si vede gente piangere  per le strade, animati capannelli,  tutti i giornali  della capitale sono usciti  in edizione straordinaria,  anche «L'Osservatore romano», le edicole sono prese  d'assalto.  Lasciando via Caetani,  passiamo da piazza del Gesù. Ci sono un migliaio di  persone davanti alla sede  della DC. Qui gridano tutti,  un gruppo fa circolo intorno  al pallidissimo Emilio  Colombo e urla a pugni  alzati: “Curcio morte!”,  “Curcio morte!”.  Da un altro lato della  piazza si leva un coro:  «Moro è qui con tutta la  DC». Una ventata di furore  sembra scuotere i muri  del palazzo democristiano. Alcuni onorevoli sono  affacciati al balcone, immobili. Sembra un momento  di follia collettiva in cui  può accadere di tutto. Gli  agenti del servizio d'ordine  rafforzano i cordoni davanti  al portone semichiuso. E' una sera orribile.

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