la sicilia 77
«In via Caetani c’è l’ultimo messaggio»: Ucciso Moro, un uomo morto
Dall’archivio.L’inviato Tony Zermo descrive minuziosamente il ritrovamento del cadavere
Hanno ucciso un uomo morto, politicamente distrutto e fisicamente stremato. Un delitto infame. Hanno assassinato Aldo Moro barbaramente, con una raffica di mitra sparata da distanza ravvicinata. Undici colpi, 4 al petto, 3 all'addome, gli altri alle gambe. Sul volto no, sul viso c'era una lunga barba di una decina di giorni, tutta bianca, ma nessuna traccia di sangue. Il cadavere era lì, rannicchiato nel vano posteriore di una «R4» amaranto targata Roma N. 57686. L'auto era parcheggiata in sosta vietata sul lato sinistro di via Michelangelo Caetani, una stradina che sbocca da un lato in via delle Botteghe Oscure e dall'altro in piazza Lovatelli. E’ il centro ”politico” di Roma, a cento metri ci sono la sede del PCI e quella della DC in piazza del Gesù. Più in là l'Altare della Patria. Il corpo di Moro era rannicchiato di traverso nel vano posteriore della «R4», tra il sedile di dietro e il portello di coda. Le gambe erano alzate, la testa reclinata sulla sinistra. Il cadavere poggiava su un plaid color ruggine ed era coperto da un cappotto blu spigato per evitare che dai finestrini si potesse vedere qualcosa; indossava lo stesso abito blu di 55 giorni fa, del giorno del rapimento in via Fani. Cravatta blu, camicia bianca a righine con i gemelli d'oro regalati dalla moglie, calze blu, scarpe nere molto pulite. La telefonata dei brigatisti era arrivata alle 12,58 al segretario particolare di Moro, prof Rana. Una voce d'uomo ha detto. «Qui le Brigate rosse, in via Caetani su un'auto rossa c'è l'ultimo messaggio. Andate a prenderlo». Il Viminale era avvisato subito dopo, e la segnalazione veniva passata alla «Digos». Si perdeva del tempo, veniva data scarsa credibilità alla telefonata. Poi alle 13,55 veniva scoperto il cadavere. Un gesuita della vicina chiesa del Gesù, don Damiani, dava la benedizione alla salma. Polizia e carabinieri bloccavano gli accessi alla strada caricando giornalisti e curiosi. Arrivavano i vigili del fuoco con una grande ambulanza rossa. Prendevano delle tronchesi, forzavano il cofano tagliando i circuiti elettrici per evitare l'esplosione di eventuali ordigni, poi rompevano il portellone posteriore. Non c'erano dubbi, il corpo era proprio quello di Moro, riconoscibile nonostante la grande barba bianca e i lineamenti del viso alterati. Dentro l'auto venivano ritrovati in un sacchetto nero per la spazzatura gli oggetti appartenuti a Moro: l'orologio, un bracciale d'oro, il portafogli e il portatessera. Dentro l'auto i terroristi hanno gettato cinque bossoli, due si trovavano sotto la schiena di Moro. Uno «sfregio». Nel bagagliaio c’erano anche delle catene da neve dentro uno scatolone. Il corpo è stato tirato lentamente fuori dalla «R 4» e adagiato su una barella. Sul petto di Moro accanto ai fori c'erano quattro fazzoletti di carta per evitare che uscisse sangue. I pompieri hanno steso sul cadavere una coperta grigia. Poi è stato messo nell'ambulanza rossa dei vigili del fuoco ed è stato portato via alle 15,15 all'istituto di medicina legale dell'università. Sull'auto, impigliati nella chiusura del portello posteriore, sono rimasti alcuni ciuffi dei capelli di Moro, come se durante il tragitto dalla «prigione del popolo» a via Caetani la vettura avesse sobbalzato numerose volte facendo sbattere la testa di Moro contro la portiera. Mentre i vigili del fuoco, gli uomini della «Digos», gli artificieri, i carabinieri erano impegnati ad estrarre la salma dallo stretto abitacolo, arrivavano in via Caetani il procuratore generale Pascalino, il procuratore capo De Matteo, il ministro Bonifacio, Emilio Colombo, Evangelisti, Morlino, 11 segretario di Moro, Rana; da via delle Botteghe Oscure i comunisti Pajetta e Pecchioli. C'era una soffocante atmosfera di tensione che prendeva alla gola. I volti erano tesi, molti avevano gli occhi lucidi. La gente arrivava a ondate successive e premeva contro i cordoni delle forze dell'ordine. Migliaia di persone erano affacciate alle finestre. C'era uno strano silenzio, innaturale. Si faceva a spintoni per vedere il cadavere di Moro anche da lontano, ma nessuno gridava, come se la gente volesse solo vedere e ricordare. Ricordare come ammazzano le BR. Quando l'ambulanza dei vigili del fuoco ha portato via il cadavere di Moro e la «R4» è stata condotta nel cortile della questura, la polizia ha fatto entrare tutti in via Caetani. Sul luogo dov'era parcheggiata la macchina sono stati deposti fiori e cartelli. Un rito simile a quello di via Fani. Poi abbiamo parlato con gli abitanti di via Caetani. Una tabaccaia ci ha detto: «La Renault è stata certamente parcheggiata lì stamattina alle 8. E' proprio a quell'ora che io lascio la tabaccheria per andare a prendere il caffè al bar vicino. Dopo non posso perché arrivano gli impiegati degli uffici vicini. Ho visto scendere dall'auto amaranto una bionda magra e alta, più alta del giovane che si trovava con lei. La ragazza ha chiuso lo sportello di guida. Poi i due se ne sono andati a piedi tranquillamente verso piazza Lovatelli. Avevano tutti e due dei jeans blu. La ragazza bionda indossava anche una giacca a vento di quelle che sembrano fatte di carta e hanno delle scritte pubblicitarie. Dovevano conoscere bene questa strada perché il parcheggio si può trovare soltanto la mattina molto presto, altrimenti qui è sempre pieno di macchine, nonostante ci sia la sosta vietata». In base alle descrizioni della tabaccala la polizia sta cercando di ricostruire un identikit dei due terroristi che hanno avuto il compito di consegnare l'«ultimo messaggio», il cadavere di Moro. La Renault amaranto ha una targa che corrisponde ad una delle «128» usate dai brigatisti in via Fani. E' rubata, ma in regola con la tassa di assicurazione e il bollo di circolazione. La scritta della targa e del modello dell'auto sul contrassegno dell'assicurazione è stata fatta con la stessa macchina per scrivere «IBM» usata dalle BR per i loro volantini. La targa è risultata appartenente ad una Alfa Romeo Giulietta di proprietà dell'Alitalia di Roma e poi di quella di Napoli. La polizia ha subito esaminato gli abiti di Moro. Quelli della «scientifica» hanno trovato nei risvolti dei pantaloni blu un considerevole quantitativo di sabbia, come se Moro avesse camminato su una spiaggia. Ma le scarpe del tutto pulite fanno ritenere che la sabbia sia stata messa lì dai brigatisti per depistare le indagini. Anche le catene da neve possono essere un altro trucco, in una tasca della giacca di Moro è stato trovato un pacchetto di fazzolettini di carta. La famiglia Moro è stata subito avvertita del ritrovamento. In casa c'erano tutti, anche la figlia Maria Fida appena uscita da una clinica dopo essersi sottoposta a un'operazione di ernia del disco. La signora Moro e i 4 figli si sono recati all'obitorio dell'istituto di medicina legale alle 17. Per prima è entrata da sola Eleonora Moro vestita di nero. Si è inginocchiata accanto al cadavere e ha pianto sommessamente carezzando il lenzuolo bianco che copriva il corpo. Poi l'hanno raggiunta i figli, il fratello e la sorella di Aldo Moro, i più stretti collaboratori della famiglia, Rana, Freato, Guerzoni. Anche Anna Moro, la secondogenita del presidente della DC in attesa di un bambino, ha pianto. Gli altri sono rimasti in piedi in un atteggiamento di «grande dignità», ha detto uno degli inservienti dell'obitorio. I periti che hanno compiuto una prima ispezione cadaverica hanno detto che la morte risale all'alba. L'autopsia verrà effettuata domattina. In serata la famiglia Moro ha diffuso il seguente comunicato: “La famiglia desidera che sia pienamente rispettata dalle autorità dello Stato e di partito la precisa volontà di Aldo Moro. Ciò vuol dire: nessuna manifestazione pubblica, o cerimonia, o discorso; nessun lutto nazionale, né funerali di Stato o medaglia alla memoria. La famiglia si chiude nel silenzio e chiede silenzio. Sulla vita e sulla morte di Aldo Moro giudicherà la storia”. Il dolore si trasforma in dura critica al partito. Un dolore umanamente comprensibile, ma che non tiene conto dei principi dello Stato. Stasera tutti gli edifici pubblici di Roma hanno le bandiere a mezz'asta. C'è indignazione, commozione, panico per il tragico epilogo. Si vede gente piangere per le strade, animati capannelli, tutti i giornali della capitale sono usciti in edizione straordinaria, anche «L'Osservatore romano», le edicole sono prese d'assalto. Lasciando via Caetani, passiamo da piazza del Gesù. Ci sono un migliaio di persone davanti alla sede della DC. Qui gridano tutti, un gruppo fa circolo intorno al pallidissimo Emilio Colombo e urla a pugni alzati: “Curcio morte!”, “Curcio morte!”. Da un altro lato della piazza si leva un coro: «Moro è qui con tutta la DC». Una ventata di furore sembra scuotere i muri del palazzo democristiano. Alcuni onorevoli sono affacciati al balcone, immobili. Sembra un momento di follia collettiva in cui può accadere di tutto. Gli agenti del servizio d'ordine rafforzano i cordoni davanti al portone semichiuso. E' una sera orribile.